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L’incredibile vicenda di alcuni cuochi indiani che sarebbero reclusi all’interno di una base militare Usa a Fallujah, Iraq.
Il governo di New Delhi dice non saperne nulla. Le ambasciate indiane di Baghdad e del Kuwait, in piena ristrutturazione dopo le elezioni, fanno fatica a capire la situazione e non sono d’aiuto ai famigliari dei ragazzi che ne chiedono l’immediato ritorno a casa.
Dalle pagine del Telegraph India i famigliari di una ventina di cuochi provenienti dall’India denunciano una situazione stranissima che si sta verificando all’interno delle basi statunitensi di Fallujah, in Iraq. Infatti sembra che alcuni ragazzi indiani siano obbligati a restare all’interno delle basi in cui lavorano (o forse sarebbe meglio dire lavoravano) per conto della Daoud & Partners un’azienda che si occupa di approvvigionamenti alimentari per i soldati statunitensi delle basi Usa.
"Sono obbligati a restare in Iraq. Non li lasciano venir via. Abbiamo paura per le loro vite. Vogliamo che tornino in India subito" fa sapere dalle pagine di Newstoday.com la sorella di uno dei ragazzi indiani. La storia inizia l’anno scorso, precisamente a marzo, quando un’azienda con sede in Giordania, ma avente un referente in India, aveva assunto questi ragazzi con la qualifica di cuochi e la
promessa di andare a lavorare in Kuwait. Ma l’aereo sul quale viaggiavano non è mai arrivato in Kuwait, bensì in Iraq.
Il governo di New Delhi ha proibito ai suoi cittadini di andare in quella zona di guerra per qualsiasi motivo. Purtroppo però la prospettiva di alti guadagni ha fatto in modo che, di nascosto, molti cittadini indiani vi si recassero per lavorare. I parenti dei lavoratori si appellano al governo indiano affinché faccia in modo che i loro figli possano tornare al più presto a casa.
"Mio fratello è stato chiamato per essere assunto per un lavoro in Giordania. Alla fine si è ritrovato a Fallujah a fare da cuoco per i soldati statunitensi" fa sapere Princy Fernando sorella di uno ragazzi indiani. E continua: "Mio fratello è stato assunto dalla Daoud & Partners dal 29 marzo al 23 aprile poi si è dimesso. Ma non lo lasciano venire a casa." Poi continua la sua testimonianza: "Ci sono altri 18 ragazzi insieme a lui. Alcuni hanno lasciato il lavoro da mesi ma non è loro permesso di andarsene. Li stanno trattenendo nelle basi Usa senza lavoro e senza stipendio."
Secondo Mohammed Thambi fratello di un altro ragazzo indiano, in un’intervista all’agenzia Newindpress, "altre sessanta persone sarebbero state reclutate e assunte dalla stessa azienda, ma conosciamo soltanto il destino di diciotto di loro. Il resto è incerto". Sono sfiniti psicologicamente. A loro non viene permesso di dormire se non per due ore al giorno. Sono stati costretti, benché musulmani, a cucinare maiale."
Secondo i famigliari alcuni lavoratori indiani sono stati usati anche come scudi umani davanti agli attacchi della guerriglia irachena. Interpellati, i responsabili del ministero degli esteri in India hanno negato di sapere che alcuni loro concittadini fossero presenti in territorio iracheno. Princy Fernando, molto attiva nella questione fa sapere: "Tutti questi ragazzi sono trattenuti nelle basi contro la loro volontà. Stanno subendo delle vere e proprie torture psicologiche. Adesso basta è ora che tornino a casa."
Le notizie su quello che stava accadendo sono arrivate via mail ai famigliari. Uno dei ragazzi obbligati a restare nella base, Rupesh Salgaonkar, è riuscito ad inviare svariate lettere di richiesta di aiuto anche alle ambasciate indiane a Baghdad e in Kuwait. Purtroppo però il ribaltone elettorale dell’ultimo periodo ha fatto sì che queste non ottenessero risposta.
Al.Gra