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Genova, quei giorni maledetti

Publie le martedì 20 aprile 2004 par Open-Publishing

TEATRO.

«Da faro a faro» di Alessio Di Modica in Puglia per l’Arci
Genova, quei giorni maledetti

Il viaggio di un gruppo di ragazzi siciliani per il G8
DA FARO A FARO con Alessio Di Modica e Luca Recupero. Regia di Marcello
Cappelli. Bari, cineteatro Splendor.

Un viaggio nella memoria recente di un’esperienza sociale e politica (la
Genova del G8 nel luglio 2001) con la sua dimensione drammaticamente
collettiva, ma soprattutto il viaggio nella coscienza personale e segreta
di un giovane, protagonista e referente di quella vicenda. Da faro a faro
è percorso narrativo e drammaturgico piuttosto «leggero» quanto a
strumenti teatrali messi in campo (siamo nell’ambito di quel «recitar
narrando» in solitaria, che da alcuni anni ha espresso parecchie
operazioni di tipo etico-politico), ma riesce nell’onestà, quasi
innocenza, dei protagonisti in scena, l’attore Alessio Di Modica e lo
strumentista Luca Recupero, ad toccare momenti di buona resa
ritmico-evocativa, con emozioni sonore, musicali e visive che riescono a
superare anche la ingombrante retorica dei buoni sentimenti e la «mozione
degli affetti» prevedibilmente politicamente coretti.

Il viaggio di un gruppo di giovani da Augusta fino a Genova, è scandito
(oltre che dall’accompagnamento di musiche, suoni che la marranzana e i
tamburi di Luca Recupero magistralmente esprimono) da un Di Modica attore,
oltre che autore del testo, che con la sua sagoma smilza e mobile, con la
voce avvolta in echi siciliani, riesce a schizzare un ritratto piuttosto
originale e «vero» nella disponibile attenzione ad una realtà (quella
della manifestazione, quella dei drammi epocali che vi sono sottesi,
quella della condizione giovanile dentro la condizione del mondo)
assorbita e resa con freschezza e originalità di percezione.

Ecco in Da faro a faro, una strana alba a Quarto (curiosa questa
«spedizione» dei Mille al contrario, dalla Sicilia a Quarto!), con il
tamburo che si fa sole rotondo e luminoso, ecco la drammaticità delle
cariche, della polizia e dei Black-Block, vissute-narrate con semplicità
giovanili fino all’ironia, come con una presa di distanza a volte epica
(vedi l’evocazione iconografica del Quarto Stato, il quadro di Pelizza da
Volpedo), a volte partecipe rispetto alla materia evocata o ricordata.
Compresa la morte di Carlo Giuliani, sacrificale vittima forse di rituali
collettivi, riandando con la memoria commossa alla strage di Portella
della Ginestra (il testo di Ignazio Buttitta), che trova nell’ esecuzione
e nel gesto con l’utilizzo del bastone gli antichi ritmi del cunto
epico-cavalleresco e popolare. Ancora il tamburo con la sua rotondità
oscillante si fa mondo, globo leggero con cui giocare come Chaplin ne Il
grande dittatore.

Ironie, citazioni. La dolcezza della personalità giovanile trova infine
nelle parole poetiche di De André, nella violenza dolce di una rosa
sfogliata e percossa sul corpo, come un viatico o un varco possibile fra
le esigenze dell’impegno e della politicità, comunque sempre assoluta, dei
comportamenti umani e il mondo delle speranze, dei sogni giovanili nella
globalizzazione che ci è data.

La serie degli appuntamenti del Da faro a faro, oltre che a Bari allo
Splendor, il lavoro è stato presentato in Puglia a Grottaglie e a Lecce
all’Università, è stato curata dalle sezioni pugliesi dell’Arci. Anche a
Bari, dopo lo spettacolo e dopo i calorosi applausi finali ad Alessio Di
Modica e Luca Recupero, c’è stato spazio per un dibattito di riflessione,
con la partecipazione di Giuliano Giuliani, padre di Carlo.