Home > Giustizieri e riformisti
di Raniero La Valle
Ieri era a Roma Naela Zwaiter, docente di lingua e letteratura all’Università di Nablus, sorella di Wael Zwaiter, il primo palestinese ucciso nel 1972 a Roma dai Servizi israeliani. Sono passati trent’anni, e i palestinesi non hanno ottenuto giustizia, cioè una terra libera e una vita normale, né dall’Onu, né dagli Stati Uniti, né dall’Europa, né da Rabin, né da Shimon Peres, né dalla prima Intifada delle pietre, né dalla seconda Intifada degli attentati e dei suicidi, né dalla "guerra contro il male" di Bush. Alla domanda: «In che cosa possono sperare oggi i palestinesi?» non c’è stata risposta, possono resistere ma non sperare, almeno non di una speranza terrena e politica. È perché questa speranza non venisse estinta, che ci sono stati in Italia e in Occidente uomini e donne come Tom Benetollo. Ma mai come oggi la speranza è stata una virtù difficile, e il suo oggetto improbabile. E quando, come in Palestina, ma oggi anche in Iraq, e in Cecenia, e in tutti i luoghi che nello stesso modo entreranno nelle cronache di domani, la vita viene resa peggiore della morte, allora essa non vale più nulla, e per questo viene tolta a se stessi ed agli altri.
Guerra e terrorismo sono i grandi esecutori di questa sentenza. Ma ci sono altri giustizieri, le medicine brevettate, il debito, la fame, la sete, i genocidi religiosi e tribali, che sono all’opera indisturbati, basta toglierli alla vista, come si fa con l’Africa, che abbiamo messo tutta intera in un nuovo gigantesco apartheid.
I giustizieri hanno dunque molti nomi, ma le sentenze extragiudiziali che eseguono sono scritte altrove, alle pompe di benzina, nei consigli di amministrazione delle I (una delle "I" di Berlusconi), nelle Banche mondiali, nelle Sale ovali o quadrate dei Comandanti in capo, nelle moschee, nelle sinagoghe e nelle telepredicazioni delle sette cristiane. I pacifisti, quelli che volevano togliere le truppe di occupazione dall’Iraq, sono stati tacciati di estremismo. D’accordo, un mondo in pace, senza invasioni, una vita normale, morire di malattie incurabili e tuttavia curate, sono ormai progetti politici estremi. Ma il riformismo, quello per cui "le elezioni si vincono al centro", è un rimedio sufficiente?
Il riformismo sarebbe la guerra ma senza torture, l’invasione portata a termine dagli stessi nativi, la Nato ma solo per addestrare gli ascari, i palestinesi a Gaza tenuti a bada dagli egiziani, gli indesiderabili confinati al di là del muro, l’occupazione senza resistenza, la resistenza senza terrorismo, i brevetti che chiudono un occhio sui farmaci clonati per i poveracci. Tutte sicure sconfitte.
È vero, i moderati non sono come i neoconservatori, che vogliono dominare con la disperazione, si propongono piuttosto di governare la disperazione, rendendola innocua. Sbagliano tutti e due, perché non conoscono l’animo umano; la sola politica possibile è di togliere la disperazione, ridando forma alla speranza.