Home > I corpi del ricatto
Due minuti e 15 secondi girati con mano incerta che manda fuori fuoco le
carte d’identità dei quattro italiani rapiti. Il film «amatoriale» ha un
impatto ancor più drammatico incorniciato dalle scritte arabe di al Jazeera
nei suoi zoom incerti sulle facce tese dei prigionieri. Agenti di sicurezza,
vigilantes, componenti del più grande esercito attivo in Iraq dopo quello
americano, body-guard a protezione delle agenzie straniere impegnate nella
«ricostruzione» del paese. Il business corre parallelo alla guerra, anticipa
i tempi, cerca di mimetizzarsi nelle vesti del civile estraneo al conflitto.
Sono loro, le guardie del corpo delle imprese, a rivelare il paradosso
estremo della «missione di pace» in pieno conflitto. Ed ecco la «pace»
riflessa negli occhi terrorizzati degli ostaggi, circondati dai
mitragliatori degli incappucciati che mettono in scena la strategia dei
sequestri secondo forme della comunicazione occidentale. Un reality-show con
i tempi della suspence, il coltello serrato alla gola del giapponese, le
lacrime, la camera che allarga il campo e poi stringe ad effetto sui volti
delle vittime. Lo spettacolo si ripete e dice di questa seconda guerra fatta
di mercenari protetti dal fuoco degli eserciti in una inversione di ruoli.
Chi protegge chi? È questa la missione storica infiammata di ideologia di
Blair? La crociata occidentale, democrazia contro integralismo islamico?
L’esercito senza divisa sequestrato in massa produce adesso una reazione di
fuga, sotto l’ondata emotiva dei telespettatori mondiali. Esodo da un paese
infernale, da cui la Francia scappa a gambe levate e con lei Portogallo,
Russia, Polonia, Bulgaria (militari compresi) e tutti quelli che credevano
di combinare affari accanto ai cadaveri di civili ai quali promettevano di
ridare una vita normale. E suona surreale la presa di posizione del governo
italiano che «non tratta con i terroristi» come se fossimo a casa nostra
negli anni di piombo. Mentre davanti agli occhi di tutti si svela la realtà
negata, l’Iraq brucia, e si allontana la data del 30 giugno, il ministro
degli esteri riferisce le parole del presidente del consiglio: «La missione
di pace dei soldati italiani, in linea con gli impegni internazionali
assunti, non è assolutamente in discussione». Dovrebbe essere in discussione
eccome la presenza dei «nostri ragazzi» al comando dell’esercito americano,
costretti a sparare sulla folla mentre altri «nostri» connazionali agiscono
sotto copertura dei marines alle dipendenze di un altro esercito di
faccendieri.
È stridente questa doppia immagine del fronte iracheno. Lo scontro, le
stragi, i morti e la visione dei vigilantes sequestrati, ingombranti corpi
di ricatto, che come dice disperatamente il segretario dell’Onu «ostacolano
gravemente» il ritorno delle Nazioni Unite e la soluzione del conflitto. La
dichiarazione piace a Berlusconi rammaricato per l’incidente di quegli
italiani per caso, «bloccati» dai facinorosi. Ma se non rimane che la fuga
alle nazioni che hanno preso atto della tragedia, l’Italia balbetta, «farà
di tutto per liberare gli ostaggi» e resta a fare da palo alla «pace». I
quattro italiani saranno liberati se - dicono i mujahidin - il governo
italiano fisserà il ritiro dei militari e chiederà «scuse ufficiali e
pubbliche» che saranno diffuse dalle catene arabe «per le sue esagerazioni e
per l’oltraggio verso i musulmani e l’Islam» (ricordate la gaffe
berlusconiana?). Tirare fuori il portafoglio questa volta non basterà al
miliardario di Arcore, davanti a sé è apparsa l’inquadratura della realtà, e
quei trofei umani che dicono l’indicibile, la guerra.
Messaggi
1. > I corpi del ricatto, 26 aprile 2004, 17:23
Mi trovo assolutamente d’accordo ed in linea con l’articolo al quale sto rispondendo, non discutiamo dei motivi per cui gli stati uniti ed alleati si trovano in Iraq. Sono solo i danari che li hanno portati lì tutti. messe già dette.
Leggevo poc’anzi della notizia del video diffuso dalle TV arabe in cui si vedono i tre ostaggi rimasti con la richiesta da parte dei sequestratori rivolta al popolo Italiano (non al governo) di manifestare e ribellarsi alle decisioni del governo.
Ora mi chiedo due cose:
– Quanto ancora possiamo imputare ad azioni rocinducibili alla "resistenza" irachena e non a gruppi
terroristici che vogliono dalle macerie ciò che cercano gli americani: petrolio e soldi.
– Assumendo che riconosciamo le azioni terroristiche come compiute da mercenari senza divisa
che colpiscono eserciti occupanti e popolazione, senza entrare nel merito di quanto essi stessi
occupino, è giusto cedere a ricatti che di fatto pilotano la politica interna dei paesi della
coalizione?
Mi piacerebbe avere una Sua opinione in merito,
grazie,
Stefano Assereto.