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ILVA,LA MORTE INFINITA [prima parte]

par Lucio Galluzzi

Publie le mercoledì 22 agosto 2012 par Lucio Galluzzi - Open-Publishing








GIA’ NEL 2001 I CRIMINALI CONTRO L’UMANITA’ FURONO POSTI SOTTO SEQUESTRO, A LORO INSAPUTA E DEL GOVERNO, GLI UNICI A SAPERLO ERANO I MORTI DI TARANTO




Il gruppo industriale guidato da Emilio Riva acquista le acciaierie “Ilva”, sino ad allora in mano pubblica, nel maggio del 1995. 

Tra le priorità stabilite nell’atto di acquisizione v’erano gli interventi da eseguirsi sulle batterie del reparto cokeria, già all’epoca piuttosto obsolete ed usurate 

Nell’agosto del 1996, in una sua relazione tecnica predisposta nella sua qualità di funzionario del “Dipartimento di prevenzione” della A.s.l. TA/1, il dott. Giua evidenziava la rilevante presenza, all’interno del reparto cokeria, di idrocarburi policiclici aromatici [ “i.p.a.”], sostanze cancerogene derivanti dai processi di distillazione del carbon fossile, alla cui azione erano particolarmente esposti coloro che lì prestavano la loro attività lavorativa, 629 persone, tra dipendenti dell’”Ilva” e delle società appaltatrici. 

Pur dando atto di alcuni miglioramenti introdotti nel tempo dall’azienda, il dott. Giua faceva osservare l’obsolescenza di tali impianti ed il carattere ancora manuale di molte operazioni previste dal ciclo operativo. 

Annotava, infine, come, nonostante l’espressa previsione in tal senso contenuta nel D.P.R. n° 203 del 1991, le batterie di forni a coke fossero per lo più sprovviste di dispositivi di aspirazione dei fumi all’origine [presenti, più precisamente, solo su quelle nn. 7, 8 e 11]. 

Il 30 giugno 1997 interveniva il primo atto di intesa tra l’azienda [all’epoca “ILVA LAMINATI PIANI s.p.a], rappresentata da Emilio Riva, imputato poi e processato nel 2009 per responsabilità su danni ambientali/salute pubblica, allora presidente ed amministratore delegato della società, e la Regione Puglia. 

In quell’atto, si concordava anzitutto:

“circa l’urgente necessità e l’indispensabilità di procedere in tempi congrui alla riduzione delle emissioni in atmosfera derivanti dal centro siderurgico di Taranto, tramite l’utilizzazione di tecnologie che consentano di contenere le stesse, nel medio periodo, a valori significativamente inferiori a quelli previsti dalla attuale normativa”. 

Si dava atto, quindi, del fatto che l’”Ilva” avesse individuato, tra i “campi di intervento in via prioritaria”, quello della “riduzione delle emissioni diffuse della cokeria”; e si conveniva, pertanto, che l’azienda dovesse intervenire “con l’utilizzo delle migliori tecnologie per la riduzione delle emissioni in atmosfera”, mediante, tra gli altri, dei “sistemi per la limitazione delle emissioni derivanti dal processo di distillazione del carbon fossile in cokeria” [carteggio tra il “P.m.p.” della A.s.l. e l’”Ilva”, prodotto dal P.M. all’udienza del 16.10.2006]. 

Nella convenzione Ilva/Regione Puglia, si dava atto dell’indagine in corso da parte dell’”E.n.e.a.”, su commissione del Ministero dell’Ambiente. 

Gli esiti di quella indagine verranno poi recepiti e usati, costituendone l’impalcatura tecnico-scientifica, nel D.P.R. del 23 aprile 1998, con il quale, richiamando le delibere del Consiglio dei Ministri del 30 novembre 1990 e dell’11 luglio 1997, che avevano dichiarato e confermato il territorio della provincia di Taranto quale “area ad elevato rischio ambientale”, veniva approvato il “Piano di disinquinamento per il risanamento del territorio della provincia di Taranto”. Anche in tale D.P.R., tra i molti interventi previsti a carico degli enti pubblici e dei vari soggetti economici operanti nell’area, una parte non secondaria riguardava quelli relativi alla cokeria “Ilva”.

Le ricadute ambientali di tali impianti, però, non registrarono alcun miglioramento; e, tra continui botta e risposta tra “P.m.p.” della A.s.l. e dirigenza “Ilva” [carteggio tra il “P.m.p.” della A.s.l. e l’”Ilva”, prodotto dal P.M. all’udienza del 16.10.2006], si arriva al 18 novembre 2000.

Proprio in questa data con nota n° 753/00, il dirigente coordinatore del “P.m.p.”, dott. Nicola Virtù, scriveva al competente Assessore regionale ed al Sindaco di Taranto, informandoli che:

“frequenti e ricorrenti sono le segnalazioni, da parte di questo Servizio nei confronti della ILVA s.p.a., in merito ad emissioni diffuse e/o convogliate visibilmente eccedentarie dall’impianto produzione coke [cokeria], relativamente… in particolare alla fase di distillazione del fossile ed alle fasi di sfornamento e spegnimento del coke”. 

Il dott. Virtù proseguiva: 

“… non può non evidenziarsi la non transitorietà di tali situazioni, che incidono significativamente sul carico inquinante emesso dall’area cokeria, con ovvi riflessi sulla sostenibilità ambientale dell’area cittadina circostante. Non può sottacersi il permanere di situazioni operative deficitarie, da ricollegarsi sostanzialmente a carenze strutturali legate alla vetustà dei forni delle batterie 3/6 nonché alla mancanza di un impianto di aspirazione e depolverazione delle emissioni diffuse nella fase di sfornamento coke.”

Il dott. Virtù informava anche Regione e Sindaco di come il più basso regime di funzionamento delle batterie nn. 3-6 fosse compensato con un’elevazione di quello delle restanti batterie, con l’effetto di determinare:

“emissioni eccedentarie dai relativi camini per presenza di incombusti”,[...]: " non può prescindersi o da una riduzione della produzione di coke con il fermo delle batterie 3/6 o, in alternativa, dalla sostituzione delle stesse con nuove batterie, con un conseguente riequilibrio dei ritmi di cokefazione,… e dalla installazione dell’annesso sistema di depolverazione allo sfornamento…”. [...] “… le emissioni di che trattasi attengono ad inquinanti, oltre i primari convenzionali, con notevole valenza igienico-sanitaria tipo idrocarburi policiclici aromatici, benzene, particolato PM10, PM2,5.” 

Inizia una serie di richiami ufficiali e delibere da parte dell’allora sindaco di Taranto, dott.ssa di Bello, nei confronti dell’Ilva SpA, con i quali, per mesi viene ordinato ai dirigenti delle acciaierie di porre immediato rimedio all’obsolescenza dei forni cokeria non a norma, si richiedeva all’Ilva stessa di provvedere ad informare gli uffici regionali e del sindaco di quanto concretamente avesse intenzione di porre in essere.

La dirigenza Ilva rispondeva, è vero, anche tempestivamente, ma solo con giustificazioni e dilazionando i tempi.

Alla luce della palese immobilità della dirigenza Ilva, il sindaco costituisce un "Comitato Tecnico Misto" [dott. Virtù facente parte].

Il Comitato rilevò non solo "alcun miglioramento dei dodici parametri tecnico-impiantistici individuati come riferimento", ma: "un netto peggioramento complessivo degli stessi, già in partenza ritenuti tutti al di sotto dell’indice di performance di semplice accettabilità"; per queste ragioni chiese: 

"ulteriori misure per contenere e ridurre le emissioni di fumi e/o gas densi generati durante sia le fasi di carica e sfornamento, sia dall’area bariletti”; la necessità di adottare “parametri di marcia meno spinti”, che “possono contenere in modo significativo le emissioni diffuse”; l’inottemperanza all’obbligo di “rigoroso rispetto delle pratiche operative di manutenzione e pulizia”, cui l’”Ilva” si era impegnata; la vaghezza del programma di ricostruzione delle batterie in questione, presentato dall’azienda nell’aprile precedente.

L’Ilva a questo punto ricevette diffida dal Sindaco in data 23 aprile 2001, i dirigenti fecero finta di non vederla.

Il 23 maggio 2001, con ordinanza n. 244, la dott.ssa Di Bello, ingiunge al direttore tecnico dello stabilimento: 


 



la “immediata sospensione dell’esercizio delle batterie 3-6 della cokeria”. 

Tale ordine era poi ribadito, stante l’inerzia dell’”Ilva”, con un’ulteriore ordinanza, la n° 291 dell’11 giugno seguente. Entrambe le ordinanze, peraltro, venivano impugnate dalla società dinanzi al T.A.R. della Puglia – sez. di Lecce.

Sia la Procura della Repubblica, con suoi esperti inviati in ispezioni ai reparti Ilva non a norma, che il "Comitato Tecnico Misto", rilevarono la dolosità della dirigenza dello Stabilimento nel non aver compiuto, ancora, alcuna azione atta a migliorare le emissioni letali.

Ispettori del Tribunale e Comitato, chiedevano alle competenti autorità giudiziarie un intervento ungente per la salvaguardia della salute pubblica e dei lavoratori all’interno degli impianti.

Il 10 settembre 2001, su richiesta Procura della Repubblica del 20 luglio, il GIP del Tribunale, dispone il sequestro preventivo delle batterie di forni nn. 3-6, in relazione ai reati che poi porteranno a processo Emilio Riva e la sua dirigenza.




[continua...]








Lucio Galluzzi

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