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ISRAELE E IL MURO: COMMENTO DI AMNESTY INTERNATIONAL SULL’OPINIONE DELLA CORTE INTERNAZIONALE...

Publie le mercoledì 14 luglio 2004 par Open-Publishing
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ISRAELE E IL MURO: COMMENTO DI AMNESTY INTERNATIONAL SULL’OPINIONE DELLA CORTE INTERNAZIONALE DI GIUSTIZIA

Alla luce dell’Opinione emessa dalla Corte internazionale di giustizia (Icj), Amnesty International ritiene che Israele debba sospendere immediatamente la costruzione del muro o recinzione all’interno della Cisgiordania occupata, smantellare la sezione gia’ costruita in quel territorio e accordare un risarcimento per i danni apportati.

Nella sua Opinione, la Corte ha concluso che la costruzione del muro o recinzione da parte dell’esercito israeliano all’interno della Cisgiordania, comprese parti di territorio di e intorno a Gerusalemme Est, viola il diritto internazionale dei diritti umani e il diritto umanitario e che ’Israele ha anche il dovere di porre fine alla violazione dei propri obblighi internazionali causata dalla costruzione del muro nei Territori palestinesi occupati’. La Corte ha concluso che Israele ha l’obbligo di risarcire i danni sinora causati, secondo il principio che ’il risarcimento deve, per quanto possibile, eliminare tutte le conseguenze dell’atto illegale’.

’L’Opinione dell’Icj sottolinea che il diritto / dovere di Israele, basato sulle leggi internazionali, di prendere misure per impedire a potenziali attentatori di entrare in Israele non giustifica la costruzione del muro o recinzione all’interno della Cisgiordania. La costruzione ha distrutto le terre agricole e la produzione di decine di migliaia di palestinesi a vantaggio degli insediamenti illegali israeliani. Le misure di sicurezza che Israele assume devono rispettare il diritto internazionale dei diritti umani e il diritto umanitario, compresi soprattutto i diritti della popolazione palestinese’ ? ha dichiarato Amnesty International.

Nelle zone in cui il muro o recinzione e’ stato costruito, la popolazione palestinese vive praticamente sotto assedio in citta’ e villaggi circondati da reticolati, barriere, filo spinato, varchi e posti di blocco. I contadini sono separati dai propri terreni e dalle riserve d’acqua e i centri abitati divisi tra di loro nonche’ dalle scuole, dai servizi sanitari e da altri servizi essenziali.

Come fa notare l’Icj, ’ogni Stato’ che e’ Parte contraente delle Convenzioni di Ginevra ’ha l’obbligo di assicurare che le previsioni dell’accordo in questione siano rispettate’; inoltre, ’le Nazioni Unite, e specialmente l’Assemblea Generale e il Consiglio di Sicurezza, dovrebbero considerare quali ulteriori azioni siano necessarie per porre fine alla situazione illegale derivante dalla costruzione del muro’.

In coerenza con l’Opinione dell’Icj, Amnesty International rinnova la propria richiesta alla comunita’ internazionale affinche’ siano intraprese iniziative per assicurare il rispetto del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto umanitario in Israele e nei Territori Occupati.

Amnesty International ricorda inoltre la sentenza emessa il 30 giugno dalla Corte suprema israeliana, secondo la quale i danni inflitti alla popolazione locale palestinese da una sezione del muro o recinzione che circonda i villaggi della Cisgiordania a nord di Gerusalemme non trovano giustificazione nelle necessita’ di sicurezza di Israele; pertanto, la Corte ha annullato le ordinanze di sequestro dei terreni palestinesi a scopo di costruzione del muro o recinzione.

Si tratta, secondo l’organizzazione per i diritti umani, di uno sviluppo positivo ma che tuttavia riguarda solo una porzione assai piccola ? 40 chilometri su 600 ? del percorso complessivo del muro o recinzione.

Inoltre, a differenza dell’Icj, la Corte suprema israeliana non si e’

espressa sulla questione, predominante, dell’illegalita’ della costruzione del muro israeliano all’interno dei Territori Occupati.

ISRAELE/TERRITORI OCCUPATI: FAMIGLIE SEPARATE DA POLITICHE DISCRIMINATORIE

’Dopo 14 anni di matrimonio, mio marito nonche’ padre dei miei figli non ha alcun diritto di dormire nella nostra casa, alcun diritto di dare il bacio della buonanotte alle sue figlie, alcun diritto di vegliare su di loro se si sentono male nottetempo? Che logica c’e’ nel costringere una famiglia a vivere questo inferno ogni giorno, anno dopo anno?’

(Terry Bullata, 38 anni, preside in una scuola di Gerusalemme)

A migliaia di palestinesi e’ negato il diritto fondamentale di vivere in un nucleo familiare, grazie a una legislazione israeliana il cui riesame e’ previsto per la fine di questo mese. Si tratta della Legge sulla cittadinanza e l’ingresso in Israele, che impedisce agli israeliani sposati con palestinesi dei Territori Occupati di vivere in Israele con il loro consorte.

In un rapporto pubblicato oggi, ’Separati: famiglie divise da politiche discriminatorie’, Amnesty International chiede a Israele di ritirare la legge sulle unioni familiari, che e’ fonte di discriminazione nei confronti dei palestinesi di Cisgiordania e Gaza nonche’ dei palestinesi con cittadinanza israeliana o residenti a Gerusalemme che li sposano.

’La legge istituzionalizza la discriminazione razziale contravvenendo alle disposizioni del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto umanitario. Senza il diritto all’unione familiare, migliaia di palestinesi con cittadinanza israeliana o residenti a Gerusalemme si trovano nella condizione di avere accanto il proprio coniuge in condizione di illegalita’ e a rischio quotidiano di espulsione, oppure di dover lasciare il paese per poter vivere in un nucleo familiare’.

Uno dei casi citati nel rapporto di Amnesty International e’ quello di Salwa Abu Jaber, 29 anni, che lavora in un asilo nido ad Umm al-Ghanam, nel nord di Israele: ’Al ministero dell’Interno mi hanno detto che o divorziavo o andavo a vivere in Cisgiordania. Ma io amo mio marito e lui ama me, non vogliamo divorziare e io non voglio che i miei figli vivano in Cisgordania, in mezzo alla guerra e all’ insicurezza’.

Le procedure per esaminare le richieste di unione familiare dei palestinesi dei Territori Occupati sposati con cittadini o residenti di altri paesi sono state sospese dall’esercito israeliano alla fine del 2000.

Il governo israeliano ha giustificato il divieto di unione familiare con ’motivi di sicurezza’, sostenendo che la legge ha l’obiettivo di ridurre le potenziali minacce di attacchi condotti da palestinesi all’interno di Israele. Tuttavia, ministri e funzionari israeliani hanno ripetutamente affermato che la percentuale di palestinesi con cittadinanza israeliana rappresenta una ’minaccia demografica’ e una minaccia al carattere ebraico dello Stato. Cio’ lascia supporre che la legge faccia parte di una consolidata politica volta a limitare il numero di palestinesi cui viene concesso di vivere in Israele e a Gerusalemme Est.

Amnesty International chiede alle autorita’ israeliane di:

 ritirare la Legge sulla cittadinanza e l’ingresso in Israele;

 riprendere l’esame delle richieste di unione familiare secondo criteri non discriminatori;

 esaminare le migliaia di richieste che si sono accumulate e riesaminare quelle respinte prima della sospensione delle procedure;

 fornire le motivazioni di ogni richiesta respinta per consentire al richiedente di fare ricorso.

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