Home > Il G8 punto di svolta dell’eversione anarcoide

Il G8 punto di svolta dell’eversione anarcoide

Publie le mercoledì 31 marzo 2004 par Open-Publishing

La storia del F.a.i. analizzata dagli esperti del ministero: si tratta di
una struttura volutamente "solidaristica", però priva di centrale
operativa unica
Roma La storia delle due bombe esplose davanti al Commissariato di Sturla,
a saperla leggere, dice molto più di quanto può sembrare ad un esame
superficiale. Per la prima volta la sigla "Brigata 20 luglio"è apparsa a
Roma, il 26 febbraio del 2002, per firmare un attentato contro il muro di
cinta del Ministero dell’Interno: quella volta l’esplosivo fu collocato
all’interno di un vecchio ciclomotore.

Ma l’organizzazione ha già precisi riferimenti con Genova: non a caso la
data del 20 luglio è quella della morte di Carlo Giuliani, il ragazzo
morto durante gli scontri seguiti alla riunione del G8.
E, proprio nel capoluogo ligure, l’organizzazione ha fatto il salto di
qualità, firmando, il 9 dicembre di due anni fa il primo attentato
potenzialmente mortale: due bombe esplosero, a distanza di dieci minuti
una dall’altra, nei giardinetti della Questura di Genova. La tecnica usata
cercava per la prima volta la strage, attirando le prime vittime in un
luogo della seconda esplosione. Da quel giorno, a tutti i funzionari delle
questure, furono date disposizioni di agire con estrema cautela in
occasione di futuri attentati.

La storia della sigla "F.a.i."è ben nota agli inquirenti. L’acronimo sta
per "Federazione anarchica Informale", una perifrasi ironica della sigla
"Federazione Anarchica Italiana", con la quale nulla ha a che spartire.
Di volta in volta faceva seguire alla sigla una dicitura estemporanea:
"Cooperativa artigiana fuochi ed affini", oppure "cellule contro il
capitale", "solidarietà nazionale". Solo l’antivigilia del Natale scorso
"F.a.i/Brigata 20 luglio" apparve sulla scena italiana per firmare, ancora
una volta con la tecnica della doppia esplosione, un attentato nei pressi
dell’abitazione bolognese del presidente della Commissione europea, Romano
Prodi: le vittime designate erano gli uomini della scorta.

Ma la trasformazione di questi gruppi anarcoidi in vere e proprie cellule
eversive ha una data ancora più lontana: giugno 2001. In quel periodo, in
un casolare di Velletri, vicino Roma, si riunirono alcuni esponenti del
movimento "solidarietà internazionale" italiani, greci e spagnoli. Si era
alla vigilia del G8 e gli inquirenti sospettano che proprio in
quell’occasione fu decisa un’offensiva terroristica. A tenere unite le
varie cellule è la rete Internet. Non a caso, a partire da quella data,
atti eversivi firmati da sigle vagamente riferibili all’universo anarchico
in Spagna (per protestare contro il regime carcerario) da dove partirono
anche minacce contro il motociclista italiano Valentino Rossi,
sponsorizzato dal colosso petrolifero "Repsol", ed in Grecia.

Secondo gli esperti del Viminale, però, è a Genova, durante gli scontri
del G8, che le varie sigle, almeno quelle italiane, gettarono le basi per
un’intesa a livello nazionale. La struttura, però, per scelta degli stessi
componenti, resta, come spiegano gli esperti del Viminale, su base
"solidaristica": non esiste, quindi, una centrale operativa unica.
Trent’anni di lotta armata a Genova, costellata da uccisioni, incendi,
attentati e ferimenti a rappresentanti delle istituzioni, di partiti
politici e delle forze dell’ordine sono rappresentati da molte sigle e
movimenti: Brigate Rosse, Nap, Gar, Ncc, Falange armate, Black bloc,
Brigata 20 Luglio, Anarco-insurrezionalisti, autonomi. Secondo il
magistrato Luciano Di Noto, 67 anni, esperto di terrorismo, la radice
comune di tutti questi movimenti eversivi va ritrovata in una frase
divenuta famosa come refrain di una canzone di Gino Paoli: «Eravamo
quattro amici al bar e volevamo cambiare il mondo».

Spiega Di Noto: «Come recita la canzone, c’è in tutti i militanti nella
lotta armata il desiderio di rivendicare spazi di libertà e un nuovo stato
sociale, cercando una strada che li porta a collidere con le istituzioni e
con i loro rappresentanti. Ma dire che quello che succede adesso è legato
ai brigatisti di allora non me la sento. Alcuni sono atti dimostrativi,
altri di estrema lotta. Le BR invece volevano la guerra civile, la lotta
armata, e sono falliti per implosione, mentre i fatti accaduti al G8 del,
le bombe alla questura e a Sturla devono ancora venire approfonditi nei
processi e nelle indagini».

Dal Secolo XIX