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IL CASO Lettera a prefetto e questore per invocare la salvaguardia della
chiesa del Rimedio da scritte e striscioni.
La Digos è già intervenuta
Il parroco contro l’altarino per Giuliani
I genitori di Carlo: «Deve restare dov’è se non autorizzano il cippo
nell’aiuola»
È parroco del Rimedio del 1988, sacerdote
da 62 anni e di anni ne avrà 84 il
prossimo giugno. Don Giovanni Timossi,
canonico, quando gli si chiede cosa pensa
del “murale” con le scritte sul caso Giuliani
risponde con amara ironia: «Lei cerca l’acqua
calda». L’“acqua calda” è una sua lettera,
risalente al 2001: «Ho scritto,
dall’epoca, al Prefetto e al
Questore per chiedere di potere
recuperare la cancellata. Nessuno
mi ha risposto ufficialmente.
Mi hanno solo detto che la zona
è controllata. Adesso hanno appeso
anche un estintore». L’estintore
è uno dei “simboli” della
sequenza degli scontri e dell’assalto
al defender dei
carabinieri seguito dai due colpi
mortali di Mario Placanica.
Quelle scritte, le foto, gli
striscioni sono il ricordo di un
fatto grave.
«È una violenza che continua.
Carlo Giuliani è stato colpito dalla violenza,
ma anche lui in quel momento era un
violento. Non si cambia il mondo con la
violenza. Poi ci sono le scritte sul muro.
In greco, in inglese, volgari, violente. E
qualche striscione o scritta molto, ma molto
violenti sono stati rimossi dalla Digos.
Adesso vorrei potere sistemare quella
zona, i parrocchiani si lamentano».
Ha mai parlato coi genitori di Carlo?
«Ho parlato personalmente con Giuliano
Giuliani, gli ho spiegato la situazione.
Lui mi ha detto che sino a quando non
avranno la possibilità di fare un cippo,
quello deve rimanere così. Ricordo
le devastazioni di quei
giorni e di quel pomeriggio.
Quel ragazzo è diventato un
mito, ma non è giusto. Lo ha ucciso
la violenza “nella violenza”
in cui anche lui era protagonista
».
Lei è contrario alla richiesta
del cippo in piazza Alimonda,
sostenuta dagli amici e dei genitori
di Carlo Giuliani?
«Il mio pensiero l’ho spiegato.
Chiedo di potere tornare ad avere
la disponibilità di tutta la
chiesa, liberata da questa violenza
verbale e scritta. Perché è
giusto, lo chiedono i parrocchiani che mi
hanno già criticato per il persistere di questa
situazione. Il cippo non è un mio problema.
Glielo ricordo: anche io aspetto da
tre anni una risposta. Quello non è un altare,
è una violenza che continua».
Ma. Zin.
l’ INTERVISTA
Don Timossi: «È una violenza
che continua da quel giorno»
Don Timossi
Si danno appuntamento ogni 20 del mese, in pochi
o più numerosi a seconda delle occasioni.
Ma c’è sempre qualcuno con Giuliano e Haidi Giuliani
in piazza Alimonda di fronte alla cancellata della
chiesa di Nostra Signora del Rimedio, diventata un
altarino laico per ricordare la morte di Carlo Giuliani.
Dal luglio del G8 del 2001 è così. Ma anche i muri
della chiesa, a destra di una delle porte di ingresso,
sono diventati un murale del ricordo. Ricordo, ma
anche insulti pesanti per polizia e i carabinieri. Inequivocabili
nella loro internazionalità: sono scritti
in greco, in francese, in spagnolo. «È una violenza
che continua, da quel tragico pomeriggio» ricorda
don Giovanni Timossi, parroco del Rimedio: «Sono
tre anni che attendo una risposta ufficiale dal Prefetto
e dal Questore ai quali avevo chiesto la rimozione
dei cartelli e degli striscioni, delle foto dalla cancellata.
Ci sono anche le scritte: ricordino come e dove
vogliono Carlo Giuliani, ma sarà mai possibile che
la chiesa possa essere rispettata?».
Giuliano Giuliani non è polemico. Ma deciso sì.
Non c’è il rischio che questa cancellata finisca con
il diventare controproducente o si “esaurisca”? «No,
sarà sempre così il ricordo di Carlo — ha spiegato
Giuliano Giuliani, sabato pomeriggio durante l’appuntamento
per il ricordo di Carlo — È vero e so
che il parroco vuole ristrutturare e pulire. Ma io, io
e Haidi, noi, gli amici, aspettiamo a nostra volta una
risposta dal Comune e dalla Circoscrizione: avevamo
chiesto e continuiamo a chiedere la possibilità di
mettere un cippo nell’aiuola della piazza. Con la foto,
il nome, le date della nascita e della morte di Carlo.
Carlo, la violenza di quei giorni, la polizia e i carabinieri
che tornano a sparare in piazza dopo 25 anni,
non possono essere dimenticati, la riflessione e il
confronto devono continuare».
Il caso ora però nasce concretamente. Don Timossi
rivendica il ritorno di tutto l’ambito della chiesa
“alla chiesa”. La Digos ha rimosso, su sollecitazione
del parroco «alcuni striscioni e scritte che erano molto,
ma molto violenti». Ogni domenica — lo testimoniano
le scritte, le sciarpe appese alla cancellata —
si aggiungono anche i tributi di rappresentanti delle
tifoserie delle diverse squadre che scendono a Genova
per incontrare Genoa e Samp.
Chi vive in piazza Alimonda — «per tutti quelli
che vengono a Genova, ormai questa è piazza Carlo
Giuliani» sottolinea Giuliano Giuliani — resta apparentemente
indifferente.
Una soluzione? «Io aspetto, sfiduciato, che qualcuno
risponda alle mie richieste e a quelle di moltissimi
parrocchiani» dice don Timossi. «Che fine ha fatto
la proposta dell’assessore Gabrielli di costruire un
piccolo monumento per Carlo?» si domanda Giuliani.
Gli amici, le varie anime del movimento vogliono
— lo hanno ribadito sabato — che la piazza mantenga
il suo ruolo di testimonianza. Ma sino a quando
e in che modo? Con la cancellata e i muri della chiesa
che devono rimanere “così” oppure con un cippo?
Oppure «tutto deve essere ripulito perché Giuliani
non è un eroe», come avevano sostenuto il depurato
Giorgio Bornacin e il vice presidente della Regione,
Gianni Plinio, entrambi di An, rispondendo alla
proposta-monumento di Gabrielli?
Marcello Zinola Anche un estintore tra gli oggetti sulla cancellata