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Di Ghali Hassan
"C’erano persone che sapevano quello che cercavano. Hanno trascurato la copia in gesso dell’obelisco nero. Questo vuol dire che erano degli specialisti. Non hanno toccato le copie." Dr. Dony George, Direttore del Museo di Baghdad.
L’invasione e l’occupazione americana dell’Iraq è una rapina a mano armata, orchestrata e premeditata. L’ampio saccheggio della nazione irachena, alla caduta del regime Ba’athista, non è un sottoprodotto casuale della conquista militare americana dell’Iraq. Esso è stato ampiamente incoraggiato e foraggiato dall’amministrazione Bush e dal Pentagono per precisi scopi politici ed economici. L’Iraq doveva essere trascinato nell’economia del saccheggio globale.
Il saccheggio dell’eredità culturale irachena.
Le forze d’invasione hanno spinto verso il saccheggio dell’eredità culturale irachena, e verso la contemporanea distruzione di antiche città è servita in modo analogo alla propaganda e agli stereotipi occidentali contro il popolo iracheno. Il corrispondente per il Medio Oriente, Robert Fisk, testimone del saccheggio, ha scritto per l’Independent del 14 aprile 2003 "dopo giorni di fiamme e saccheggio, le truppe americane si sono messe a guardare ed hanno permesso a bande di distruggere e incendiare il Ministero della Programmazione, il Ministero del Commercio, il Ministero dell’Industria, il Ministero degli Esteri, il Ministero della Cultura e quello dell’Informazione. Non hanno fatto niente per impedire ai saccheggiatori di distruggere tesori inestimabili della storia irachena presenti nel Museo Archeologico di Baghdad e in quello di Mosul, o di depredare tre ospedali".
Robert Fisk sottolineò il comportamento degli americani nei confronti del saccheggio, americani che misero truppe e carri a protezione di due soli ministeri, da loro ritenuti importanti: quello degli Interni (per la documentazione dell’intelligence) e quello del Petrolio. "Gli archivi del bene più importante - i campi petroliferi e le riserve di petrolio - sono ben al sicuro, al di fuori delle possibilità dei saccheggiatori, e a disposizione delle compagnie petrolifere americane". Gli americani non si preoccuparono affatto dei saccheggi, obbedendo all’ordine di non intervenire contro le rapine. "La dilagante e sistematica illegalità che accompagna l’occupazione dell’Iraq non è un caso. I neoconservatori a Washington sanno che l’applicazione delle leggi sarebbe un ostacolo all’impiego in piena forza della macchina bellica americana" scrive Roger Norman del Centre for Economic and Social Rights in "New York America’s Criminal Occupation of Iraq".
La Dr.ssa Eleanor Robson della British School of Archaeology ha scritto sul Guardian il 18 giugno 2003 "due mesi fa, ho paragonato la demolizione dei beni culturali iracheni al saccheggio mongolo di Baghdad nel 1258 (secolo delle barbarie) e alla distruzione nel 5° secolo delle biblioteca di Alessandria.
Ripensandoci sopra, non si è trattato di un giudizio sbagliato riguardo l’infrastruttura culturale irachena. Milioni di libri sono stati bruciati, migliaia di manoscritti e manufatti archeologici sono stati distrutti o rubati, antiche città depredate, università devastate…
Fuori dai musei iracheni, il quadro è ugualmente orrendo.
All’Università di Baghdad, le aule, i laboratori e gli uffici sono stati oggetto di atti vandalici, le attrezzature rubate o distrutte. Le biblioteche studentesche sono state svuotate. Nabil al-Tikriti dell’Università di Chicago ha detto a maggio che il Ministero degli Affari Religiosi ha perso 600-700 manoscritti in un incendio doloso e più di 1000 sono stati rubati. La Biblioteca Nazionale è stata incendiata e si presume che la maggior parte dei suoi 12 milioni di libri siano stati inceneriti".
La distruzione e il furto delle opere ha determinato la perdita di centinaia di tavole, un metodo impiegato dai Sumeri di lasciare la propria firma sull’argilla, molte delle quali non ancora tradotte. Questa è una pesante perdita per l’umanità, superata solo dalla perdita delle vite umane e del benessere del popolo iracheno. Questa razzia dei beni culturali iracheni è parte di un commercio illegale in antichità considerato tanto lucrativo quanto il commercio delle droghe. "Non si è più visto un crimine del genere da quando i nazisti depredarono i musei di tutta Europa" scrive Ann Talbot in www.wsws.org.
Questo sciacallaggio completo, compiuto dagli americani, è proibito dalle Convenzioni di Ginevra del 1949 e da quelle dell’Aja del 1907. E’ chiaro che niente di causale è accaduto. Si è trattato piuttosto del risultato di un progetto pianificato a lungo per rapinare i tesori artistici e storici che si trovavano nei musei dell’Iraq. La legge in Iraq considera tutti i reperti archeologici come proprietà dello stato e proibisce la loro esportazione. Permettendo il saccheggio dei beni culturali al Museo Nazionale di Baghdad e in altri luoghi, le autorità americane hanno mostrato una profonda ignoranza e disprezzo per la reale importanze dell’Iraq nella storia umana.
Il saccheggio dell’economia irachena.
Immediatamente dopo l’occupazione dell’Iraq, gli americani si misero al lavoro per revocare le sanzioni genocide, imposte da 13 anni, che avevano portato all’assassinio di più di 2 milioni di iracheni, per un terzo bambini sotto i 5 anni d’età, e distrutto la struttura della società civile irachena. La ragione per questo improvviso ripensamento risiedeva nel controllo americano del programma dell’ONU "Oil-for-food" (petrolio-in-cambio-di-cibo), che traeva giovamento dalla produzione di petrolio.
Nel maggio 2003, la risoluzione ONU N.1483 stabiliva che tutte le entrate derivanti dalla esportazione di petrolio e gas iracheno venissero depositate nel "Fondo per lo Sviluppo dell’Iraq". Il Fondo assorbì anche circa 1 miliardo di dollari dal programma Oil-for-Food e una quantità simile dai fondi congelati degli iracheni. Il controllo del fondo, affidato all’autorità d’occupazione americana "per essere usato in modo trasparente per le necessità umanitarie del popolo iracheno", viene a sua volta supervisionato dall’IAMB (International Advisory and Monitoring Board), istituito a questo scopo dall’ONU.
Secondo varie stime, la quantità raccolta dal fondo ha raggiunto la cifra di 20 miliardi di dollari a partire dal 26 giugno 2004. Per l’IAMB il controllo del fondo è stato un incubo a causa della mancata cooperazione da parte dell’autorità di occupazione, e della segretezza dei contratti stipulati con le multinazionali americane senza gare concorrenziali.
Christian Aid, un’organizzazione di carità del Regno Unito, ha scritto in una sua pubblicazione che l’amministrazione Bush non è riuscita a rendere conto di ciò che era stato fatto con circa 20 miliardi di dollari derivanti dalla vendita di petrolio e che dovevano essere spesi in aiuti e nella ricostruzione. Anthea Lawson di Christian Aid ha detto ad Amy Goodman di DemocracyNow.org il 1 luglio 2004: "il petrolio degli iracheni è stato venduto dagli Stati Uniti senza misurarne la quantità, il che rende estremamente difficile stimare i ricavi ottenuti dalla vendita del petrolio dell’Iraq, dato che la produzione di petrolio non è stata misurata". Questo significa che solo l’amministrazione Bush conosce quanto denaro è stato guadagnato dalla vendita del petrolio iracheno.
Inoltre, Menzies Campbell, il portavoce per gli affari esteri dei liberal-democratici inglesi, ha chiesto l’avvio di un indagine tesa a stabilire come l’amministrazione di Baghdad, guidata dagli Stati Uniti, abbia trattato il denaro ricavato dalla vendita di petrolio, dato che sarebbero scomparsi altri 3,7 miliardi di dollari. Il petrolio dell’Iraq è proprietà del popolo iracheno, e non dovrebbe essere rubato dagli Stati Uniti.
Recentemente, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha approvato una risoluzione che riconosce l’occupazione americana dell’Iraq. Mai nella sua storia l’ONU aveva approvato l’occupazione di una nazione e attaccato la resistenza che ad essa si oppone. Nella sua nuova risoluzione sull’Iraq, l’ONU autorizza le truppe guidate dagli americani a rimanere finché lo vuole l’Iraq, e dà loro libertà d’azione nel prendere "tutte le misure necessarie" per combattere i movimenti che resistono all’occupazione. Ancora una volta, l’ONU si è dimostrata essere l’aiutante dell’imperialismo americano nel mondo.
In ogni caso, il riconoscimento dell’autorità d’occupazione americana e inglese non fornisce alcuna copertura legale. Nel maggio 2003, all’ONU passò una risoluzione che richiedeva alle potenze occupanti di "aderire pienamente agli obblighi richiesti dalla legge internazionale, e in particolare alle Convenzioni di Ginevra del 1949 e alle regole del Trattato dell’Aja del 1907". Inoltre l’esercito americano ha una regolamentazione propria che prende il nome di Law of Land Warfare che tra le altre cose stabilisce che "l’occupante non ha il diritto di vendere o di usare senza titolo di proprietà [non militare]". Infine, gli editti e le "riforme economiche" imposti dagli americani sulla Nazione Irachena contraddicono la costituzione dell’Iraq e violano la legge internazionale.
Secondo le convenzioni dell’Aja e di Ginevra, e il Manifesto Internazionale sui Diritti Umani, l’occupante non ha alcun diritto sulla sovranità e non gli è consentito di manipolare il futuro di una nazione, di sfruttare le sue risorse e di reprimere la sua popolazione.
L’invasione militare americana ha posto le compagnie americane (le corporazioni multinazionali) quali Bechtel e Halliburton nelle posizione di avere la piena proprietà di tutte le industrie e di tutti gli affari in Iraq. La distruzione dell’Iraq è stata apprezzata come una "ricostruzione" da parte dei media e delle elite occidentali. Sono stati spesi "per la ricostruzione" solo 366 milioni di dollari dei 18,6 miliardi stanziati dal Congresso, secondo il Washington Post.
Il General Accounting Office [ente americano per il controllo amministrativo e contabile della pubblica amministrazione] il 28 giugno scriveva: "L’Iraq è in condizioni finanziarie peggiori di quanto non lo fosse all’inizio dello scorso anno". La guerra contro il popolo iracheno è stata una guerra manipolata e non necessaria. La guerra non ha portato né democrazia né libertà. La presenza cripto-fascista anglo-americana sta piantando i semi della guerra civile. Migliaia di iracheni innocenti sono stati macellati a causa di questa violenta guerra "messianica" di Bush e di Blair. Perché?
Gli Stati Uniti sono ancora la potenza occupante in Iraq. Il "trasferimento della sovranità" a poche decine di espatriati iracheni, due terzi dei quali cittadini stranieri, è "naturalmente un’altra bugia e la maggioranza degli iracheni lo sa" dice Tariq Ali.
L’ambasciata americana a Baghdad, la più grande nel mondo e situata nel Palazzo di Saddam contro la volontà del popolo iracheno, è la sede dove si prendono le decisioni fondamentali. L’Ambasciatore John D. Negroponte è il nuovo proconsole in Iraq, appoggiato da oltre 160.000 forze di occupazione. L’intero processo di "trasferimento della sovranità" è solo un’operazione di facciata.
Il nuovo "primo ministro" iracheno, Iyad Allawi, ha la piena responsabilità nella ricerca e nell’assassinio di dissidenti iracheni. Un recente sondaggio condotto in Iraq rivela che il 92% delle persone si oppongono all’occupazione americana del paese e vogliono che finisca. Iyad Allawi ha il sostegno di circa il 5% di iracheni, lievemente sotto al sostegno per il presidente (7%). Stesso somaro, differente sella, come vanno dicendo gli iracheni. Questa nuova sovranità irachena è una falsa sovranità. L’amministrazione americana ha nominato un governo iracheno ad interim, sufficientemente duttile da ratificare leggi illegali e rendere permanente l’occupazione dell’Iraq, in modo che il paese possa servire come il guardiano degli interessi americani.
Il processo di Saddam Hussein è una farsa, "illegale e ingiusta". I veri criminali usano questo teatro per nascondere i loro crimini contro il popolo iracheno. Quelli che vengono scelti dagli americani, "nelle parole di un detto ora comune in Iraq, ’’. Come osservò un iracheno: "Se offrissero a Saddam un giusto processo, finirebbero tutti con lui sul banco degli imputati - Kissinger, Reagan, Thatcher, Blair, i due Bush, [Rumsfeld] and Allawi’", scrive Sami Ramadani su The Guardian di Londra.
Una donna d’affari irachena disse a Robert Fisk: "E’ una commedia per bambini, scritta da bambini per altri bambini. Noi abbiamo dei reali bisogni mentre loro vogliono che andiamo a guardare una commedia". Il processo di Saddam è un circo, che terrà la gente distratta dai reali problemi dell’occupazione. E’ usato dagli americani per intimidire ed impaurire non solo il popolo arabo, ma tutto il mondo in via di sviluppo. E fa apparire il mondo come se fosse guidato da una potente banda di mafiosi.
L’Attacco all’Iraq è un attacco alla storia dell’umanità da parte dei nuovi barbari. Il mondo sarà più sicuro solo se capace di opporsi e isolare questa barbarie. Per gli iracheni, la sola via alla piena sovranità è l’immediata fine della occupazione e colonizzazione americana dell’Iraq, con il ritorno nelle proprie mani delle risorse del paese.
Ghali Hassan lives in Perth, Western Australia. He can be contacted on: G.Hassan@exchange.curtin.edu.au
Traduzione comedonchisciotte.net
Fonte: www.informationclearinghouse.info/article6444.htm
http://www.comedonchisciotte.net/modules.php?name=News&file=article&sid=1898