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Il tintinnar di manette

Publie le lunedì 5 aprile 2004 par Open-Publishing

Sembra essere tornati ai tempi iniziali di mani pulite. Indagini,
perquisizioni, mandati di cattura, avvisi di garanzia,
quotidianamente occupano le prime pagine dei giornali e le cronache
dei Telegiornali. Con un certo imbarazzo, i commentatori snocciolano
i nomi degli indagati, mostrano le immagini delle perquisizioni,
fanno ipotesi su chi saranno i prossimi ad essere coinvolti nelle
inchieste. Certo, nessuno si è meravigliato dei provvedimenti
cautelari nei confronti dei responsabili della Parmalat e nemmeno per
quelli della Cirio, anche se con un paio di annetti di ritardo.
Nemmeno ha destato meraviglia il mandato di cattura per il patron di
Finmatica, dopo la sventurata idea di andare a proporre un bond
quanto meno dubbio proprio nel momento in cui il solo pronunziarne il
nome attirava l’interesse della metà delle Procure d’Italia. E che
diamine, c’è un limite a tutto! Ben altro accoglimento hanno avuto
gli avvisi di garanzia nei confronti di Presidenti ed alti funzionari
di banche e soprattutto quello nei confronti del Governatore della
Banca d’Italia.

E’ chiaro che non è finita così, e che gli avvisi di garanzia sono
solo la premessa di eventi ben più clamorosi.
In lontananza, infatti, si ode distintamente un tintinnar di manette,
e questa volta il campanellino che spalanca le porte delle più
esclusive carceri italiane suona per i signori del potere
finanziario. Già, perché mentre tutti si sforzano di scaricare le
responsabilità dei crack sulle straordinarie capacità truffaldine dei
vari Cagnotti, Tanzi, Tonna e rispettivi parenti ed amici, per
dimostrare e sostenere a spada tratta che il sistema è sano e che
solo diaboliche menti criminali hanno potuto ingannare utilizzando le
loro insuperabili arti malvagie, la magistratura sembra puntare
dritto al cuore del potere, proprio come fece nell’ormai lontano
1992, quando i mandati di cattura per i Chiesa di turno furono
accompagnati dagli avvisi di garanzia per i politici più potenti ed
in vista di allora.
Il potere, però, non risiede più nelle aule del Parlamento né sulle
poltrone del governo, bensì nei palazzi discreti del potere
finanziario. Sapete che è vietato filmare l’edificio della Banca
d’Italia? Provate ad andare a via Nazionale e puntare sul palazzone
una innocua telecamera. Dopo qualche istante un solerte poliziotto in
borghese vi dirà che è vietato. Come sia possibile è un mistero, in
fondo questo è un paese in cui certe libertà almeno formalmente
sembrano ancora riconosciute. Però, sapete, che quando si tratta del
potere vero le cose cambiano radicalmente, e quando si pensa alle
banche ed in particolare alla Banca d’Italia, si tratta davvero del
potere.

Del potere di creare denaro dal nulla attraverso il debito, un
meccanismo che richiede la disponibilità di alcuni soggetti che
abbiano un’aria credibile e presentabile al mercato e che siano
disposti a stare al gioco. Le banche riempiono di debiti le imprese e
poi li scaricano sui risparmiatori vendendogli i bond che esse stesse
collocano sul mercato. Poi le sostengono creando altri debiti e con
essi altro denaro che prima o poi ritornerà in banca attraverso il
reddito che tutti noi facciamo con il nostro lavoro. Insomma, le
banche guadagnano quando le cose vanno bene e non perdono, anzi
guadagnano lo stesso, quando le cose vanno male, visto che le perdite
le scaricano sui risparmiatori. E’ andata così con i bond argentini,
con la Cirio, con la Parmalat, con la Banca 121. Ma questo è solo un
aspetto del potere delle Banche di creare denaro, e in fondo non è
nemmeno il più importante, anche se la gente ci rimette i risparmi.
Infatti, il problema principale è il meccanismo di creazione del
denaro, che comporta l’aumento costante del debito e la necessità di
casi come quelli della Cirio e della Parmalat, ma anche di casi come
quello della Enron e del fondo LTCM che sei anni fa fece tremare la
finanza mondiale e portò nel caos finanziario la Russia di Eltsin.
Perché se la moneta può crescere solo con il debito, è necessario che
le banche trovino sempre nuovi soggetto disposti ad indebitarsi per
poterlo emettere mentre, se non lo emettono, l’economia langue e gli
scambi cadono generando miseria e fallimenti a catena. Ogni nuovo
soggetto che si indebita, sia esso impresa, Stato o privato
cittadino, porta nuova linfa al potere delle banche e delle
istituzioni finanziarie, poiché ogni nuovo debito comporta che una
porzione maggiore di ricchezza finisce nelle banche attraverso gli
interessi ed aumenta l’impoverimento del paese. In altri termini,
siamo arrivati al redde rationem, questa è la crisi dell’economia del
debito. Qualunque cosa faranno le banche, ci attende un futuro di
miseria e di crisi.

La magistratura se n’è accorta e, come sempre accade quando si
sgretola un edificio del potere, si è messa in azione. Per questo il
tintinnar delle manette è arrivato a Via Nazionale e nelle sedi delle
principali banche italiane.
Però, quello che deve essere messo sotto processo non è solo la
corruzione e gli interessi privati nel sistema del credito, come di
potere vuole far credere, ma l’intero sistema del credito e della
creazione del denaro. Perché solo se ci liberiano della grande usura
delle banche possiamo sperare in un mondo migliore.

Da Disinformazione