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In Iraq l’uso dei mercenari dimostra il fallimento dell’«irachizzazione» del conflitto

Publie le mercoledì 14 aprile 2004 par Open-Publishing
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La Dts Security, per la quale lavorano i quattro italiani catturati in
Iraq, ha il proprio quartier generale a Newington in Virginia. Da lì
fornisce «sicurezza» ai propri clienti, soprattutto grosse
multinazionali, dagli Stati uniti all’Oman, dall’Uzbekistan all’Iraq.
Poiché essa garantisce i suoi servizi in qualsiasi situazione, anche di
guerra, il suo personale è composto di specialisti provenienti dalle
forze scelte di vari eserciti. A simbolo della sua efficienza, la Dts
Security, che vanta oltre vent’anni di esperienza, ha messo nel suo
sito, al posto del solito puntatore del mouse, quello di un mirino
telescopico di un fucile di alta precisione. In Iraq, essa fa parte
della quindicina di compagnie fornitrici di «sicurezza», assoldate
direttamente o indirettamente dal Pentagono come «contrattiste militari
private» per sorvegliare installazioni, scortare convogli e addestrare
il «nuovo esercito iracheno». La maggiore è la statunitense Blackwater
che, composta di cinque compagnie specializzate, «ha stabilito una
presenza globale, fornendo addestramento e soluzioni tattiche per il
21mo secolo». Tra i suoi clienti, oltre a società multinazionali, vanta
il Dipartimento della difesa e il Dipartimento di stato degli Stati
uniti d’America.

Un’altra importante compagnia che opera in Iraq per conto del Pentagono
è la Vinnell Corp., affiliata della Northrop Grumman, una delle
principali industrie belliche. Avendo molti compiti da svolgere, ha
subappaltato l’addestramento delle truppe irachene a Kirkush a un’altra
società statunitense, la Mpri di Alexandria (Virginia), che ha già
partecipato alla formazione dei nuovi eserciti di Croazia e Bosnia.
Operano in Iraq anche compagnie britanniche, come la Erinys, il cui
compito è la sorveglianza delle installazioni petrolifere, e la Global
Risk, che fornisce «protezione armata» alla «Autorità provvisoria della
coalizione ».

Nessuno conosce con esattezza il numero dei «moderni mercenari» (come li
definisce The New York Times) che operano in Iraq per conto di queste
compagnie private. Le stime vanno da 15 a 20 mila, ma potrebbero essere
anche di più. Molti sono stati reclutati, soprattutto dalla Blackwater,
in Cile: tra questi vi sono «commandos addestrati, sotto il governo
militare di Augusto Pinochet, in speciali campi a Santiago e in North
Carolina negli Usa» ( The Guardian, 5 marzo). Le loro paghe annue vanno
da 70 a 250mila dollari, ma sicuramente ricevono anche premi extra. Essi
vengono infatti impiegati in vere e proprie azioni di combattimento. Lo
conferma il fatto che, il 4 aprile, «un attacco della milizia irachena
contro il quartier generale del governo Usa a Najaf è stato respinto non
dai militari statunitensi, ma dai commandos della Blackwater» ( The
Washington Post, 6 aprile).

Tale impiego dei commandos delle compagnie private sta crescendo, di
pari passo con la disgregazione del «nuovo esercito iracheno». Alla
cerimonia di fine corso del secondo battaglione iracheno (620 uomini),
il 6 gennaio, il generale Sanchez, comandante statunitense delle forze
terrestri, aveva affermato: «Questi soldati sono molto fieri, molto
impegnati. Ho alte aspettative che contribuiranno a riportare la
sicurezza e la stabilità in Iraq». Ma quando il secondo battaglione ha
ricevuto qualche giorno fa l’ordine di andare a combattere contro gli
insorti di Fallujah, si è rifiutato dichiarando: «Non siamo stati
reclutati per combattere gli iracheni». Secondo The Washington Post (11
aprile), negli ultimi giorni il 20-25% dell’esercito e della polizia
irachena ha disertato o è addirittura passato dalla parte di chi avrebbe
dovuto combattere. Da qui la crescente importanza dei «moderni
mercenari» delle compagnie private, cui vengono affidati compiti che
avrebbero dovuto svolgere gli iracheni reclutati.

Questa «privatizzazione della guerra» rappresenta però il fallimento
della strategia dell’amministrazione Bush: il piano di creare un governo
ossequiente che, con un proprio esercito, avrebbe dovuto «ripristinare
la sicurezza e la stabilità» in un Iraq sotto il controllo politico,
militare ed economico degli Stati uniti, sta crollando come un castello
di carte. E le stesse forze statunitensi sono sempre più in difficoltà.
In questo clima, in cui il morale dei soldati sta visibilmente calando,
molti hanno solo il desiderio di tornare a casa. Altri, sapendo qual è
la busta paga dei commandos delle compagnie private, pensano sicuramente
che, se si deve rischiare, è meglio farlo con un contratto da oltre
200mila dollari di una delle moderne compagnie di ventura.

Il manifesto

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