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Intervista a Riccardo Troisi, della Rete Lilliput, che il 2 giugno colorerà i ponti di Roma...
Publie le lunedì 31 maggio 2004 par Open-PublishingIntervista a Riccardo Troisi, della Rete Lilliput, che il 2 giugno colorerà i ponti di Roma per un’altra festa della Liberazione
«Per crescere dobbiamo scuotere di più la coscienza critica collettiva»
Il 2 giugno coloreranno i ponti di Roma per un’altra festa della Liberazione, il 4 parteciperanno alla piazza tematica delle 19, mentre per il corteo del pomeriggio la decisione finale è rimandata a lunedì. Sono i pacifisti della Rete Lilliput, e Liberazione ha intervistato un loro rappresentante, Riccardo Troisi.
Cosa farete il 2 giugno?
Noi facciamo parte del comitato Roma città aperta alla pace, siamo gli stessi che prima dell’inizio della guerra in Iraq listammo a lutto i ponti di Roma. Adesso i ponti hanno assunto un significato simbolico: per i ponti si combatte e nei ponti si muore, noi invece lo vediamo come luogo di scambio e di dialogo, un mezzo con cui l’uomo ha superato la barriera naturale dei fiumi. Ecco, la guerra è una barriera, e l’uomo può superarla. Per convincere tutti di questa possibilità, martedì lanceremo dei palloncini da 3 ponti di Roma che conterranno messaggi di pace e di consapevolezza: ci saranno scritte a ricordare la lotta contro le spese militari, le guerre dimenticate e tutto ciò che possa contrastare il delirio che sta succedendo nel mondo. Organizzeremo anche simboliche attività teatrali.
Per il 4 giugno invece siete un pò più cauti...
Si, c’è dietro un ragionamento di fondo però: Bush non è l’unico imputato per la guerra che si sta svolgendo; c’è un sistema economico che l’ha richiesta, un sistema che ci vede tutti partecipi e di cui siamo responsabili. Noi vorremmo sensibilizzare maggiormente la coscienza critica collettiva.
E quindi?
Quindi l’idea di contestare Bush con un corteo ci sembra un pò riduttiva. O perlomeno non può essere l’unica nostra modalità di protesta. L’ideale sarebbe coinvolgere tutti i romani, per arrivare a chiudere la città e renderla inospitale al presidente americano. Roma non ha mai voluto questa guerra.
Ma i romani potranno partecipare al corteo, se lo vorranno...
Sì, ma un corteo presuppone sempre una muscolarizzazione: da una parte si parla di zone rosse, dall’altra esce Casarini che promette sfaceli. In questo clima un padre di famiglia magari non viene con i figli a manifestare, e a me non sembra giusto. La preoccupazione è che il movimento, quando si trova davanti un nemico in carne ed ossa, ecceda negli antagonismi che poi non portano a nulla di buono. Anche perché c’è sempre qualcuno dall’altra parte che fa di tutto per innescare la miccia. Purtroppo con alcune minime frange del movimento neanche noi riusciamo ad interloquire.
Ma tutti hanno dichiarato ed assicurato che non ci saranno problemi. Allora come si comporterà la rete Lilliput per quella giornata?
All’inizio eravamo contrari a partecipare, proponevamo un happening di tutte le componenti più che un corteo. Ma se c’è un comitato organizzatore che fa patti precisi e condivisi non avremo problemi ad esserci. Sicuramente parteciperemo alla piazza tematica serale, dove faremo dibattiti su tutte le violazioni di questa guerra: dai diritti dell’uomo al diritto di informazione, poi ci sarà un tribunale civile per i crimini di guerra, infine porteremo testimonianze sui temi della globalizzazione. Inoltre allestiremo una grande gabbia dove riprodurremo le torture di Guantanamo. Il corteo pacifico e queste attività che fanno riflettere, che scuotono le nostre coscienze, non sono assolutamente due presenze che si escludono, anzi. Ma dobbiamo fare tutto il possibile per far maturare il movimento della pace e coinvolgere sempre più persone.