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LE COMPAGNIE PRIVATE MILITARI : I NUOVI MERCENARI

Publie le domenica 18 aprile 2004 par Open-Publishing
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La guerra permanente sta modificando gli apparati dello Stato proprio in quella che è la loro caratteristica specifica, il monopolio dell’uso della forza. L’introduzione del professionismo, a fronte dell’abbandono della coscrizione obbligatoria di massa, ha caratterizzato le forze armate occidentali negli anni ’90, sulla falsariga di quanto avvenne negli USA successivamente alla guerra del Vietnam. Oggi assistiamo ad un’ulteriore affermazione del professionismo, mediante il coinvolgimento sempre più massiccio di aziende private militari nella conduzione di operazioni belliche.

Secondo la rivista statunitense Fortune, le cosiddette Private Military Companies (MPSs) avranno nella guerra in Iraq un ruolo molto più importante che in qualsiasi conflitto precedente, inclusa la guerra del Golfo nel ’91. Secondo una stima, il Pentagono spenderà per le PMCs almeno 30 milioni di dollari, circa l’8% del suo budget. Non a caso le società del settore hanno registrato performance economiche da record, come le statunitensi Cubic, i cui profitti sono cresciuti del 41% e le azioni triplicate, e DynCorp, che nel 2002 ha raggiunto i 2,3 milioni di dollari di entrate con un incremento del 18% e che è stata acquistata da Computer Science Corp., gigante della information technology, per 1 milione di dollari. Nulla al confronto dei 35 milioni pagati nel 2000 da L-3 Communications per Military Professional Resources Incorporated (MPRI), azienda leader del settore.

Le PMCs non rispondono allo stereotipo classico delle bande mercenarie rese famose da film come I mastini della guerra. Si tratta di corporation con tanto di azionisti, consigli d’amministrazione e direttori di funzione provenienti dai ranghi del Dipartimento della Difesa e delle Forze Armate USA. Sono eserciti in miniatura con tanto di uniformi e severa disciplina, e ripongono una marcata attenzione sulla cura della loro immagine e delle pubbliche relazioni. Generalmente figurano come consulenti delle Forze Armate USA, cui forniscono servizi che vanno dalla logistica fino alla partecipazione al combattimento, o come responsabili della sicurezza di importanti multinazionali minerarie e petrolifere presenti in paesi del terzo mondo.

Le origini delle PMCs possono essere fatte risalire alla dissoluzione del colonialismo in Africa. La prima PMC fu la sudafricana Executive Outcomes, poi divenuta Sandline International, che, fondata da Anthony Buckingham, miliardario britannico con forti interessi minerari in Africa, partecipò ai conflitti sanguinosi di Angola e Sierra Leone, ricavandone la compartecipazione nello sfruttamento delle miniere diamantifere. L’intervento delle PMCs nell’Africa Sub Sahariana ha contribuito fortemente alla cronicizzazione dei conflitti, aumentando la fragilità dei neonati stati africani e garantendo gli interessi di multinazionali e governi occidentali. Le PMCs hanno successivamente tratto un potente stimolo dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica e dalla fine della Guerra Fredda, che ha lasciato senza lavoro milioni di militari e che soprattutto - a dispetto delle previsioni sulla fine della storia e della guerra - ha creato una situazione generalizzata di instabilità e di conflitto, che rappresenta il terreno di sviluppo ideale di queste particolari aziende.

Negli anni ’90 le PMCs hanno permesso al governo USA di intervenire all’interno del conflitto jugoslavo in modo indiretto, alimentando surrettiziamente una situazione di guerra e di instabilità. La statunitense MPRI ha addestrato e fornito assistenza alle bande terroriste dell’Esercito di Liberazione Nazionale Albanese che per mesi hanno attaccato polizia ed esercito macedoni, che in precedenza erano stati organizzati paradossalmente proprio dall’MRPI. A parere dell’ex ministro degli esteri croato Tonino Picula, MRPI svolse un lavoro prezioso nella guerra contro i serbi, mettendo in grado l’esercito croato di effettuare una efficace pulizia etnica in Bosnia. Sebbene l’amministrazione Clinton si dichiarasse neutrale, il Dipartimento di Stato in quell’occasione pagò a MRPI ben 400 milioni di dollari.

Le PMCs consentono al governo USA di stabilire legami più stretti con gli stati alleati, esercitando un controllo sulle loro attività militari. L’americana Vinnell Corporation ha firmato un contratto da 170 milioni per l’addestramento della Guardia Nazionale dell’Arabia Saudita. Questa tendenza è marcata in America Latina, specie in Colombia, dove, con la giustificazione della lotta al traffico di narcotici, mezza dozzina di PMCs ricevono 1,2 milioni di dollari ogni anno per sorvolare e controllare il territorio. Inoltre, DynCorp ha vinto in Afghanistan un contratto col Dipartimento di Stato per la protezione del leader Kharzai.

Le corporation militari sono più pericolose dei mercenari tradizionali perché le loro attività sono esercitate in modo più subdolo. Di fatto non esiste trasparenza sulle loro attività e i tentativi ONU di regolamentarle sono falliti, perché alcuni Stati hanno interesse a mantenere libere le mani di queste "imprese", malgrado i rapporti ONU le abbiano indicate come responsabili di violazioni dei diritti umani e della autodeterminazione dei popoli.

L’impiego di aziende come DynCorp avvenne anche in Vietnam, ma quello che oggi cambia è l’estensione e lo scopo del fenomeno. Mentre nel ’91 c’era un mercenario per ogni 50 o 100 soldati, oggi, a fronte di una riduzione del 38% del personale militare USA, se ne ha uno ogni 10. Le PMCs rappresentano un doppio vantaggio: evitano al governo sia di compromettersi in situazioni politiche difficili sia di rispondere ad una opinione pubblica molto sensibile alle perdite umane e, nello stesso tempo, agiscono come una appendice perfettamente integrata dell’apparto militare di cui in effetti sono emanazione. Inoltre, la privatizzazione della guerra porta a perfezione la saldatura, anche operativa, tra il governo, gli apparati dello stato ed il capitale finanziario proprietario di queste "imprese".

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