Home > La Pasqua secondo i rabbini pacifisti
"Abbiamo promesso di non diventare a nostra volta degli oppressori.
Ma allo stesso tempo sappiamo quanto sia facile che i nostri cuori
s’induriscano nei confronti di coloro che hanno pagato (e stanno
tuttora pagando) un prezzo eccessivo per la nostra prosperità e
sicurezza". I Rabbini per i Diritti Umani
http://www.rhr.israel.net/ - organizzazione fondata nel 1988, in
risposta alle gravi violazioni dei diritti umani da parte
dell’Esercito israeliano durante la repressione dell’Intifada -
prendono nuovamente la parola. Lo fanno diffondendo un testo dal
titolo "Chi siederà al nostro tavolo?" per la Pasqua ebraica,
quest’anno caduta nella notte fra il 5 e il 6 aprile.
È la voce rabbinica della coscienza, in Israele, e quindi dovrà
essere ascoltata. Una voce che ricorda come gli abusi di diritti
umani siano incompatibili con i valori dell’antica tradizione
ebraica, con il senso di responsabilità morale o la preoccupazione
biblica dello "straniero fra noi".
Il dito è puntato contro la politica delle demolizioni delle case
palestinesi, voluta dal primo ministro Sharon. Ma si criticano
aspramente anche i tagli ai fondi sociali che consentirebbero di
sfamare i "nuovi poveri" israeliani. Due altri temi bollenti sono
quelli della prostituzione e dello sfruttamento della manodopera
straniera.
Pubblichiamo ampi stralci del loro documento.
CASE DEMOLITE, FAMIGLIE PALESTINESI SUL LASTRICO
La famiglia Maswadeh. Dopo una notte di guardia e di promesse
mancate, i bulldozer hanno demolito la casa dove abitavano Sufian,
sua moglie Sama, i loro cinque bambini, la madre malata, il fratello
di Sufian e la famiglia di lui. Essendo in possesso di una lettera
del Comune di Gerusalemme nella quale si afferma che la casa sorge su
una zona edificabile, la necessità di "suddividere nuovamente" l’area
rendeva in pratica impossibile procurarsi un permesso di costruzione.
Assediata dai debiti contratti per erigerla e pressata dal Comune che
chiedeva di pagare per la demolizione, la famiglia ora è costretta a
vendere il terreno. I bambini soffrono tuttora di stress post-
traumatico.
Stasera celebriamo la pasqua ebraica (seder) nella sicurezza delle
nostre case; crediamo di poter anticipare il giorno in cui avremo
tutti un tetto sopra le nostre teste.
LA FAME IN ISRAELE
Mentre dichiariamo Kol Dikhfeen - ovvero "lasciate che tutti gli
affamati vengano e mangino" - dobbiamo confrontarci con una realtà
nella quale il 20 per cento degli israeliani soffre sistematicamente
la fame. La preoccupazione per il nostro benessere economico, forse
ha indurito i nostri cuori divenuti insensibili alla condizione dei
più deboli sulla scala sociale.
Anziché invitarli alla nostra tavola, abbiamo fatto passare una serie
di tagli ai fondi necessari ad affrontare questi bisogni crescenti.
Innalzando il lekhem oni ("il pane dei poveri"), sappiamo di poter
adempiere l’ordine dell’haggadah (il testo che si legge durante la
Pasqua ebraica, ndr): quello di dividere il pane con i più
miserabili.
Ci auguriamo che il prossimo anno tutti possano essere liberi
dalla "schiavitù degli stomaci vuoti".
LAVORATORI STRANIERI
Portati in Israele con la promessa di condizioni d’occupazione
eccellenti, molti lavoratori stranieri scoprono velocemente che la
realtà è molto diversa. Stipati in case fuori norma, vivono senza i
servizi più fondamentali. Una volta che sono stati loro confiscati i
passaporti, sono in balia dei datori di lavoro. Privi di
un’assicurazione sanitaria, quando s’ammalano o incorrono in
incidenti sul lavoro, restano chiusi nei loro quartieri-ghetto,
oppure vengono caricati a forza sugli aerei e rispediti nei Paesi
d’origine, dove non possono chiedere alcuna forma di compensazione.
Talvolta vengono picchiati da sicari, se osano contrastare i padroni.
Stanotte la loro lotta, diventa la nostra lotta.
SCHIAVE DI OGGI
Negli ultimi dieci anni, circa 10mila donne sono state immesse sul
mercato della prostituzione israeliano. Subito dopo essere entrate
nel Paese, vengono recluse in appartamenti privati o bordelli, dove
subiscono ogni genere di intimidazioni e vengono ripetutamente
stuprate. I loro passaporti sono confiscati e le ragazze vengono
vendute all’asta. Le costringono a prostituirsi senza alcun compenso,
fino a quando non hanno interamente saldato il loro "debito" per il
trasporto.
L’argomento utilizzato per terrorizzarle è questo: sono in Israele
illegalmente, e dunque se si dovessero rivolgere alla polizia,
verrebbero incarcerate a vita. Alcune donne arrivano con l’idea di un
lavoro che le aspetta. Altre hanno subito un lavaggio del cervello,
per cui pensano realmente che alla fine otterranno un’occupazione
regolare come ragazze alla pari o come cameriere. Nessuna s’aspetta
il trattamento duro, in pratica da schiave, che poi viene riservato
loro qui.
La loro speranza è il nostro impegno a liberarle dall’attuale
condizione.
(c) Rabbis For Human Rights