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La fiera dell’indecenza il peggior capo di governo che l’Italia abbia mai avuto dopo il fascismo
Publie le venerdì 9 aprile 2004 par Open-PublishingBERLUSCONI - La fiera dell’indecenza
Il peggior capo di governo che l’Italia abbia mai avuto dopo il fascismo
di Furio Colombo
L’unico premier al mondo che si presenta da solo a fare dibattiti - sia pure con la complicità
attiva di uno che ha, purtroppo, la tessera di giornalista - l’unico ad essersi rifatta la faccia,
dal momento che i litigi della sua banda non gli permettevano di rifare il governo, l’unico che -
da buon imprenditore - ha saputo fare bene i suoi conti ma a cui non è riuscito di trasferire il
«know how» imprenditoriale sulla economia, che ha invece sfasciato, del Paese caduto nelle sue mani,
questo personaggio che dopo il trattamento facciale si è incattivito, (forse perché anche lui è
scontento del risultato) adesso reclama le dimissioni di Prodi.
Coraggiosamente si aggiungono a padron Berlusconi un certo Tajani, che ormai, dopo la sonora
sconfitta di Roma (voleva fare il Sindaco), più nessuno ricorda, un certo Calderoli, che nonostante
ricopra l’alta carica di vice presidente del Senato della Repubblica, continua a illustrare le
vicende del Paese con il colorito linguaggio della sua tribù, un certo Bondi, che ha già annunciato che
per Berlusconi darebbe via i suoi figli, e dunque è un caso umano, un certo Cicchitto che ha avuto
in altri tempi ben altra fama a causa di affiliazioni sfortunate.
Si tratta dunque di una pattuglia che da questa Repubblica ha meritato, se non prestigio, di certo
attenzione a causa del senso dello spettacolo. Loro, proprio loro, insieme al padrone, sollevano
una questione di opportunità e incompatibilità di Romano Prodi. La causa è che la Commissione
europea ha segnalato il disordine e il passivo dei conti italiani. L’operazione, in poche parole è la
seguente: prima porti l’Italia alla bancarotta, poi attribuisci a chi te lo fa notare con tutte le
rigorose e accorte modalità richieste dal trattato di Maastricht, l’accusa di conflitto di
interessi.
Il lato comico della vicenda sarebbe grande (Berlusconi accusa qualcuno di conflitto di
interessi!) se non prevalesse l’aspetto drammatico, che è questo. Il peggior capo di governo che l’Italia
abbia mai avuto dopo il fascismo, sta cercando in tutti i modi di tagliare i ponti con l’Europa, di
isolare il Paese.
Lo fa perché un Paese arretrato e isolato con la televisione asservita, si presta meglio alla sua
immagine piccola, al suo governo di vecchio stampo sudamericano. Berlusconi insulta la Commissione
europea («lumaconi») come per dire che lui sarebbe molto più dinamico. Cerca disperatamente di far
dimenticare la umiliante prova che ha dato di sé come presidente del Consiglio d’Europa. Una volta
uscito dal trattamento di riguardo che continua a riservargli la televisione di Stato, quella di
proprietà e una buona parte della stampa italiana (che lui, tuttavia vuol far passare per
comunista), Berlusconi è apparso in tutta la sua statura: alquanto ridicolo e del tutto irrilevante. E di
questo non si dà pace. La vendetta va esercitata eliminando l’Europa e il dovere della Commissione
europea di dichiarare pubblicamente lo stato di rovina da lui creato in Italia.
Ma la vendetta va soprattutto esercitata contro Romano Prodi, perché i sondaggi sono lì a
dichiarare che un personaggio competente, onesto e con una immagine pulita e apprezzata in Europa è più
presentabile dell’amico di Dell’Utri. Berlusconi, l’uomo più inadeguato nel mondo occidentale
(inadeguato moralmente, legalmente, come immagine politica, come soggetto di vignette, come
organizzatore di «grandi opere» e costruttore di ponti di Messina) dice che sono inadeguati gli uomini della
Commissione europea di Bruxelles. Incurante del ridicolo, va a inaugurare una galleria che era già
stata inaugurata altre tre volte.
Misteriosamente gli si affianca Fini. Difficile spiegare perché, visto che Fini viene umiliato,
spintonato, allontanato malamente almeno una volta al giorno dalla caotica cabina di regia della
Casa delle Libertà, nonostante la sua buona volontà di dare una mano. Eppure anche Fini crede di
avere ragioni per eccepire sulle incompatibilità di Prodi in Europa. Forse è un buon espediente per
non parlare del gigantesco conflitto di interessi del suo principale, per non ricordare che, al
Senato, An sta votando a favore della frantumazione e distruzione leghista dell’Italia unita, e per
non doversi fermare a meditare sul fallimento di una conduzione della economia a cui non lo lasciano
neppure avvicinare.
Più comprensibile è che un tipo come Schifani - uno che non scherza - dica chiaro e tondo: «Prodi?
qualcuno prima o poi lo deve fermare». Linguaggio omicida, dirà sicuramente un giornale
indipendente domani. Meno chiara è la pretesa di Follini di presentarsi con la faccia pulita a meditare sul
possibile doppio volto di Prodi (presidenza d’Europa, lista col suo nome in Italia), lui che ha
regolarmente preso le distanze dalle peggiori leggi di Berlusconi in ogni dichiarazione tv e poi le
ha regolarmente votate e fatte votare tutte, in ogni seduta del Parlamento. Quanto agli altri, è
una questione di ansia e di preveggenza.
Lo spettacolo sconcio che ha umiliato l’Italia e ne ha gravemente danneggiato l’immagine nel
mondo, fino a ridurla a una barzelletta (una delle tristi barzellette del Capo) sta entrando in discesa
nella sua fase finale. Berlusconi vede la conclusione del suo disastroso periodo di governo, tenta
con cifre false e la complicità di giornalisti indecenti di camuffare i fatti, e non ride più.
Adesso il segnale lanciato alla gang è di screditare Romano Prodi contando sul «silenzio stampa»
dei giornalisti italiani, complici o spaventati. Ma il «silenzio stampa» funziona solo in Italia. E
ormai anche in Italia un numero sempre più grande di cittadini ha capito, anche senza televisione
e senza giornali, chi è Berlusconi e chi è Prodi. E questo è un fatto che il portatore del più
grande conflitto di interessi del mondo, i suoi associati, i suoi complici, i suoi dipendenti, non
riescono a tollerare. L’idea generosa è questa: se devono cadere loro, che vada pure in rovina
l’Italia.
L’UNITA’