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La nostra lotta per un altro mondo possibile continua ...
par Claudio Ortale
Publie le venerdì 8 marzo 2013 par Claudio Ortale - Open-PublishingAvevamo accettato di impegnarci, anche se con tempi imposti fin troppo corti e davvero stretti, nel portare avanti l’avventura di Rivoluzione Civile come una possibilità che doveva evitare la ghigliottina della schifosa legge elettorale, riportando almeno un drappello di eletti in Parlamento e uno o due eletti alla Regione Lazio. Abbiamo sbagliato i nostri pur minimi conti: la realtà è andata davvero da un’altra parte, lasciandoci in bocca un profondo senso di amarezza.
Un impegno lungo e costante per ben sei settimane, costellate di presenza nelle strade e quartieri, nei molti contatti avuti e cercati, nei tanti manifesti affissi e materiali dati ai cittadini, nella felice e partecipata iniziativa (forse unica) in piazza a Primavalle, nella raccolta dei fondi per autofinanziarci positivamente la campagna elettorale e nelle periodiche riunioni organizzative… non hanno prodotto che un risultato ancora peggiore di quello già triste dell’allora Sinistra Arcobaleno.
Il risultato elettorale ci conferma che la disaffezione per la delega ai partiti continua a farla da padrona per almeno un cittadino su quattro che decide di non votare. Non ancora con percentuali pessime, tipo ultime elezioni di Obama negli Stati Uniti, ma sempre un buon 25 % di cittadini che non si riconoscono in una delle più importanti istituzioni repubblicane: il voto.
A questo si aggiunge il voto cosiddetto dei “Vaffa” o più semplicemente, per alcuni, di protesta, che porta il M5S e chi lo guida (e pilota) a divenire in un attimo la prima forza politica uscita dal voto del 24-25 febbraio. Anche in questo caso è poco più di un italiano su quattro a dara fiducia ad un movimento che si presenta con in mano l’arma più importante del nuovo millennio: l’uso sistematico e produttivo della rete. Oltre ai frequenti colpi di scena da parte di chi in scena sa perfettamente starci, oltre al presentarsi come unico movimento che davvero vuole mandare a casa la casta e cambiare lo stato di cose presenti, utilizzando anche moltissime parole d’ordine di quella che un tempo era la cosiddetta sinistra radicale (Rifondazione in primis), l’utilizzo innovativo della rete come grande lago, all’interno del quale ognuno può nuotare come vuole e trovare piattaforme sulle quali discutere e decidere (o almeno supporre di decidere) i passi da fare, è diventato un fattore esponenziale e perfettamente funzionale allo sviluppo di questo enorme movimento.
C’è da capire meglio il successo in così pochi anni, posto che lo stesso pur partendo da posizioni che potrebbero ricordare i primi passi e poi l’esplosione della Lega Nord di Bossi, con contesti economici, politici e sociali chiaramente diversi, riesce ad ottenere una performance strabiliante come risultato finale che è sotto agli occhi di tutti.
Un altro italiano su quattro riconsegna, per l’ennesima volta, l’anima al suo “angelo nero”, colui che è riuscito in vent’anni di scena politica di fare quello che voleva, grazie ad una socialdemocrazia supina e spesso collaterale alle sue nefandezze. Quest’uomo è riuscito a fare emergere il lato nascosto e peggiore di una bella e grossa fetta di cittadini italiani, facendo divenire nuovi valori quelli sino ad allora avrebbero provocato il disprezzo o quanto meno la netta presa di distanze da parte di un qualsiasi cittadino della Repubblica. Eppure è ancora a galla e milioni di persone continuano ad inneggiarlo, al di là della batosta presa in senso di perdita di altrettanti milioni di voti.
Il Partito che avrebbe potuto portare gli italiani, già dal novembre del 2011, al voto e così infliggere una sonora e definitiva sconfitta al comico di Arcore, ha pensato invece di seguire volontariamente le indicazioni della Troika e di sostenere un governo tecnico, a guida Mario Monti, che di tecnico non aveva nulla e che svolgeva perfettamente il compito assegnatogli in Italia; così come lo stesso compito veniva svolto prima dai pseudo socialisti del Pasok e quindi da Nuova Democrazia in Grecia, con dei risultati che sono visibili a tutti e che hanno dato un bel contributo, per le posizioni anti europeiste, al successo nel voto italiano di Grillo e &.
Chiaramente la vittoria di Bersani è una vittoria di Pirro e c’è da sperare che si torni a votare al più presto, anche se i segnali non sono affatto incoraggiati. Primo perché non è affatto certo che Grillo si spenda per una legge elettorale democratica (e per noi è democratica una legge proporzionale senza sbarramenti). Secondo perché di certo non saranno i tre dell’Ave Maria, Bersani-Berlusconi-Monti, a garantire una legge elettorale nuovamente democratica che li metterebbe ancora di più nella cacca e non li garantirebbe nella loro autoriproduzione politica. Terzo perché non è affatto certo, altresì, che l’esercito che ha accerchiato e poi è entrato alla Camera e al Senato riesca, totalmente od anche parzialmente, ad essere esente dai richiami e dalle inevitabili pressioni del potere. Già nelle prossime settimane avremo una risposta a queste mie semplici valutazioni. Ma ora credo sia importante interrogarci e discutere di tre cose: 1) perché siamo arrivati a Rivoluzione Civile; 2) perché abbiamo perso in maniera così pesante; 3) come riprenderci e che cosa vogliamo fare da grandi.
La scelta di costituire in fretta è furia Rivoluzione Civile, soprattutto per noi comunisti, è stata la conseguenza della rottura ai primi di novembre di quel che restava della esperienza Federazione della Sinistra. Esperienza che nel bene e nel male aveva accompagnato l’intervento dei compagni/e a Roma e in molte altre città d’Italia dal marzo del 2009. Di quello che restava, posto che prima ancora di Diliberto, già Patta e Salvi avevano cercato disperatamente ospitalità sotto l’ombrello del PD targato Bersani. Bisogna essere franchi: se Diliberto, così come Di Pietro, Bonelli ed altri, avessero trovato e già in autunno una porticina aperta per entrare e trovare uno spazio nella grande casa del PD l’esperienza di Rivoluzione Civile probabilmente non sarebbe mai nata. Siamo quindi arrivati a Rivoluzione Civile come ripiegamento di una bella fetta di forze politiche e dei suoi “capi” che non erano affatto contrarie a stare nel campo del centrosinistra, ma che per una porta sbattuta loro in faccia han dovuto provare a fare fronte comune e tentare di passare per la cruna d’ago dello strettissimo Porcellum, che già nel 2008 aveva fatto carne di porco dell’allora cosiddetta “sinistra radicale”. Una unità che sperava moltissimo nello spunto rigeneratore della così chiamata “società civile”, della neonata esperienza nazionale di Cambiare si Può, dove a fronte delle partecipatissime assemblee, svolte tra ottobre 2012 e gennaio 2013, si sarebbero dovute rodare ed accumulare forze sufficienti per vincere l’impresa. Così non è stato. E lo stesso tirarsi fuori di alcuni che avevano dato vita alla fase costituente del nuovo movimento politico nazionale e non solo a quella ha lasciato sulla piazza soltanto il possibile leader, Ingroia, ma senza un reale esercito disposto a parlare una lingua chiara, efficace e soprattutto omogenea: moltissima legalità, poco lavoro e, in particolare, poco anticapitalismo.
Perché abbiamo perso in maniera così pesante? Basterebbe ricordare il vecchio e sempre attuale detto: “L’uomo è l’unico animale che ripete anche due volte lo stesso errore”. E se gli Stati Generali della Sinistra radicale avevano riempito, nel novembre del 2007, per due giorni la Nuova Fiera di Roma di oltre sei-settemila persone, facendo prendere a tutti un enorme abbaglio a 5 mesi dal voto dell’aprile 2008, cosa ci potevamo onestamente aspettare da una Rivoluzione Civile preparata in fretta e furia a meno di soli due mesi dal voto? Posto che le dissonanze interne ai vari soggetti che la componevano, dei quali ho già accennato, facevano emergere più l’idea, anche stavolta, di un contenitore elettorale finalizzato a sbarcare il lunario, così da eleggere un po’ di parlamentari che, vista la legge vigente, sarebbe stato impossibile portare in Parlamento andando da soli o anche come coalizione di partiti collegati ad Ingroia premier. E la spolveratina di alcuni candidati della “società civile” di certo non potevano risolvere un enorme problema che era già alla base di tutta la costruzione. Mettiamoci, infine, lo strabiliante exploit della coppia Grillo - Casaleggio (più relativo ampio staff che si muove dietro di loro) che di certo ha preso voti a destra come al centro, ma che non ha affatto risparmiato neanche noi ed il gioco è fatto. E tutti noi ora qui ancora a leccarci le profonde ferite. Diceva il grande Velasco, allenatore di punta della migliore e vincente nazionale italiana di pallavolo, che: “una vittoria si scioglie in un minuto, una sconfitta dura decisamente molto molto di più.”
Come riprenderci e cosa vogliamo fare da grandi? E’ chiaro che non possiamo impiccarci da soli all’albero dello sconforto e della solitudine. Non basteranno di certo i tanti e tanti contributi scritti che appaiono sulla rete; le discussioni che tutti hanno avviato nei diversi territori; le dichiarazioni e dimissioni di parecchi dei segretari delle forze politiche che componevano R.C.; la volontà di Ingroia di andare comunque avanti…
Servirà partire da una profonda e non lieve autocritica su come si sia voluto continuare a riprovare ad indossare un vestito nuovo, confezionato in fretta e furia, su un corpo gestito e diretto in maniera profondamente vecchia. Un autocritica che non dovrà portare in nuovi lazzaretti o case di punizione nessuno; siamo già messi con le spalle al muro che di certo non serve avviare una caccia alle streghe per trovare il capro espiatorio al quale ammollare il peso di questa atroce sconfitta . Non serve questo, ma serve che coloro che hanno diretto l’orchestra facciano non uno ma diversi passi indietro: tra presunti generali e semplici soldati, anche nei piccoli eserciti in lotta (e nel caso nostro la lotta dei comunisti è sempre una lotta) per poter continuare ad affermare un pensiero antiliberista ed anticapitalista nel XXI secolo, ognuno ha le sue responsabilità e chi ha condotto anche questa volta la nostra piccola flotta a naufragare nuovamente, dopo soli 5 anni, è giusto che dia spazio ad altri. Se vogliamo ripartire davvero e con nuovo entusiasmo, abbiamo bisogno di rivedere il nostro modo di agire e di analizzare la società, dove siamo stati visti, ormai da diversi anni, come elementi marginali o poco utili per cambiare in maniera significativa le sorti dei cittadini. Apriamo quindi un confronto a 360° gradi e superiamo le ormai superflue differenze già a partire dall’inutilità di avere più partiti o partitini comunisti nel nostro paese. Così come è altrettanto inutile avere più correnti in un Partito, vedi Rifondazione, che bene che va è comunque ben al di sotto ad un possibile 2% del voto espresso appena dieci giorni fa a R.C. . E questo al di là del generosissimo sforzo sostenuto dalle migliaia di militanti anche in questa tornata elettorale e che, di fatto, ha tenuto in piedi buona parte della campagna di R.C. in Italia. Altrimenti continueremo soltanto a sognare una Syriza od un Front de la Gauche per altri vent’anni! Partiamo dalle cose che ci uniscono e su queste apriamo il confronto ma per trovare una sintesi unitaria sulla quale rialzare la testa. Sapendo che la notte è lunga ma anche questa che abbiamo davanti, per quanto nera sia, non sarà eterna. Sta a noi decidere se la nostra lotta per un altro mondo possibile continua.
Hasta Siempre Comandante Ugo Chavez!
Roma, 6 marzo 2013
Claudio Ortale - Circolo Valerio Panzironi - Primavalle ( Roma)
Consigliere Prc Municipio 19°