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La realtà non è mai come sembra
par ilmascalzone
Publie le domenica 1 gennaio 2012 par ilmascalzone - Open-Publishing2 commenti
La realtà non è mai come sembra
E’ assolutamente capziosa e fuorviante quella congettura di origine fascistoide, oggi estremamente diffusa, secondo cui l’attuale crisi economica sarebbe il risultato di occulte trame politico-finanziarie internazionali, per l’esattezza sarebbe il frutto di un complotto “demo-plutocratico” ed “ebreo-massonico” ordito su scala mondiale. E’ questa un’interpretazione di marca nazi-fascista attualmente molto in voga, in quanto è accreditata non solo presso quei settori che fanno tradizionalmente capo alla destra estrema e radicale, ma incontra vasti consensi e adesioni anche presso frange vagamente riconducibili all’area multiforme ed eterogenea dell’antagonismo ideologico politico che abitualmente viene apostrofato in modo dispregiativo come “rosso-bruno”.
Capita di avere frequenti scambi di opinione con presunti o sedicenti compagni, i quali sono realmente convinti che la crisi economica sarebbe stata causata intenzionalmente dai padroni delle grandi banche e dai signori dell’alta finanza, esponenti di comitati d’affari e di potere: per intenderci, si tratta di mostruose società bancarie e finanziarie come la famigerata Goldman Sachs, il turpe Club Bildeberg, l’abominevole Commissione Trilaterale e via discorrendo. Sono deduzioni capaci di suggestionare e convincere una particolare tipologia di utenti del web, un’ampia percentuale dell’opinione pubblica internauta, forse perché quel genere di tesi sembra corrispondere alla realtà delle cose. Sembra, ma la realtà non è mai (o quasi mai) come risulta dalle circostanze apparenti.
Di norma, le insinuazioni dietrologiche attingono a fonti di natura fascista o cripto-fascista, piuttosto che fascio-comunista o “rosso-bruna”, come si usa dire oggi. Infatti, tali argomentazioni sono promosse soprattutto da parte di soggetti e formazioni politiche che si richiamano palesemente all’ideologia fascista e leghista. Tuttavia, nell’attuale fase storica, la confusione ideologica è talmente sovrana che simili illazioni finiscono per riscuotere simpatie persino a sinistra, in ambienti e movimenti politici che dichiarano di ispirarsi alla storia e alla cultura della cosiddetta “sinistra antagonista”.
Probabilmente, la “misteriosa” ragione che consente di spiegare il successo di simili teorie, risiede nell’immediatezza e nella facilità di comprensione che discendono dal loro carattere riduttivo e semplicistico. Non a caso, tali asserzioni si limitano a cogliere e denunciare solo i momenti esterni dei fenomeni, ma non riescono a penetrare in profondità, non vanno a ricercare le cause ultime, per scoprire l’origine dei processi. Al contrario, la visione dialettica, organica e totale, propria del materialismo storico anche in versione volgare, suggerisce di esplorare al di là delle manifestazioni esteriori, oltrepassando la fenomenologia superficiale, cioè i dati e gli aspetti epifenomenici, per desumere le contraddizioni strutturali che si riparano sotto un cumulo di orpelli e artifizi apparenti e che rappresentano le cause reali di un fenomeno storicamente determinato.
Riprendendo il tema iniziale, che concerne la crisi economica in corso, il pensiero di provenienza marxista non pretende affatto di porsi in termini esaustivi o definitivi, ma è in ogni caso superiore, sia intellettualmente che scientificamente, dialetticamente e qualitativamente, rispetto ai comodi stereotipi, alle banali percezioni e persuasioni comuni, alle teorie complottistiche di matrice para-fascista o cripto-fascista, e rispetto altresì alle idee ufficialmente accettate e sponsorizzate dalle élite capitaliste. L’analisi marxista non si accontenta di registrare ed esaminare i fenomeni superficiali, ma investiga a fondo i processi, per estrapolare le radici profonde e sviscerare le effettive dinamiche delle crisi capitalistiche, che costituiscono un elemento storico ricorrente. In tal senso, muovendo da informazioni e indizi rilevati costantemente, l’interpretazione marxista permette ed impone di indagare in profondità i devastanti fenomeni di crisi che sconvolgono periodicamente il sistema capitalista, fornendo una versione estremamente attendibile, rigorosa e razionale, che è senza dubbio più vicina e rispondente alla realtà rispetto alle varie concezioni pseudo-scientifiche, ai numerosi luoghi comuni, alle vulgate nazional-popolari e alle ottuse dietrologie propagandate dalla feccia fascistoide.
Provo a ricostruire, se possibile, in una sintesi sommaria, inevitabilmente semplificata, le linee essenziali dell’analisi marxista (ma sarebbe più corretto dire marxiana) delle crisi capitaliste. A partire dalla tendenza intrinsecamente e peculiarmente capitalistica, cioè la tendenza alla sovrapproduzione e al sottoconsumo, al crollo periodico del saggio di profitto. Si tratta di una poderosa e imponente teoria scientifica esposta nel Capitale di Marx e basata, com’è noto, sul metodo dialettico e sulla filosofia storico-materialista.
L’impianto teorico-scientifico di scuola marxista, più esattamente di impronta marxiana, utile a comprendere e spiegare anche l’odierna crisi capitalistica, procede a rilevare e investigare un complesso di fatti significativi e cicli storici ricorrenti, che possono configurarsi come “leggi”, da intendersi in chiave non meccanicistica, né deterministica, bensì in un’ottica dialettica che comprende la totalità delle contraddizioni immanenti nella realtà storica, tra cui il fenomeno più frequente e rilevante è costituito senza dubbio dalla cosiddetta “caduta tendenziale del saggio di profitto”. Il saggio di profitto è semplicemente il valore medio che si può dedurre dall’insieme degli utili capitalistici individuali. E’ la stessa concorrenza tra i singoli capitalisti che finisce per ottenere un risultato che è opposto alle intenzioni, perciò invece di aumentare, i profitti crollano. Si evince che l’eventualità della crisi è insita nell’anarchia strutturale che caratterizza il modo di produzione capitalistico. Per tale ragione i profitti e, di conseguenza, i salari, tendono a diminuire, quantomeno in termini relativi, ovvero in rapporto con l’inflazione, e non come valore monetario nominale, vale a dire in termini di valore assoluto. Ma la causa ultima delle crisi che investono periodicamente l’economia capitalista, risiede nell’impoverimento progressivo dei lavoratori, i quali formano la massa dei consumatori.
La radice nascosta delle crisi capitalistiche affonda nel problema del sottoconsumo, cioè nella contrazione crescente dei consumi di massa, un elemento che agisce in aperto contrasto con la tendenza del mercato ad estendere il bacino dei consumatori. Pertanto, anche l’attuale crisi è stata generata da fenomeni di sovrapproduzione e sottoconsumo, che si ripetono ciclicamente nella storia del capitalismo moderno. In altri termini, tutto ciò significa che il modo di produzione capitalistico, concepito tout court, al di là dei rivestimenti e delle manifestazioni esteriori, o delle forme organizzative, a prescindere dalla fenomenologia superficiale, racchiude in sé le cause latenti della crisi in corso, come di quelle precedenti. Cause che si annidano in profondità, nelle disfunzioni e nelle incongruenze irrazionali e di ordine strutturale, in quanto connaturate al sistema stesso.
L’unica alternativa per scongiurare eventuali scenari catastrofici, è quella di una fuoriuscita globale e definitiva da un capitalismo destinato al collasso. Ciò significa restituire valore al lavoro collettivo, rilanciando la centralità del lavoro produttivo in un assetto di autogestione dei lavoratori. Non basta appropriarsi dei mezzi produttivi, né rovesciare il quadro dei rapporti di forza vigenti, ma occorre rivoluzionare il modo di organizzare e gestire la produzione stessa. Le aziende capitaliste sono nate per ricavare profitti privati, non per soddisfare le istanze vitali delle persone. E’ la loro natura intrinseca ad essere viziata. Perciò, bisogna riconvertire le imprese alla produzione di beni di prima necessità, cosicché il valore d’uso recuperi il suo antico primato sul valore di scambio, e l’autoconsumo delle unità produttive locali, politicamente autogestite in termini di democrazia diretta, si imponga sulle false esigenze consumistiche indotte dal mercato, evitando di subordinare i bisogni umani alle aride e spietate leggi del profitto.
Lucio Garofalo
Messaggi
1. La realtà non è mai come sembra, 2 gennaio 2012, 11:20
D’accordo sulla critica al "complottismo" esasperato, spesso di origine fascistoide.
Ma è anche vero che oggi, come non mai, certo capitalismo bancario/finanziario ha assunto direttamente il potere politico in una serie di stati, a partire dalla Grecia ma anche, col governo Monti, in Italia.
Basti pensare alla storia ed al ruolo oggi preponderante di personaggi - per tenerci solo agli italiani - come Draghi, Monti e Passera.
E’ vero che certi ambienti fascistodi, molto particolari e storicamente minoritari anche nel "milieu" dell’estrema destra internazionale, certe cose le dicono da sempre .... ma è innegabile che oggi queste cose sembrano molto più vere e credibili che non in passato ...
Ma tutto questo non vale solo per il "complottismo" fascistoide .... ad esempio la tesi BR dello "stato imperialista delle multinazionali", sia pure spostata più sulle multinazionali creditizio/finanziarie che su quelle industriali, appare oggi molto più credibile che non negli anni settanta ed ottanta del secolo scorso ...
Così come quella sugli effetti nefasti della "globalizzazione" appare oggi molto più vera di quanto potesse apparire dieci anni fa in quel di Genova ....
La verità vera è che il capitalismo è sì in crisi irreversibile .... ma è pure profondamente cambiato nelle forme ....
E di questo, a "sinistra", salvo rarissime eccezioni - tra cui il discorso "no debito" di Cremaschi e del suo omonimo comitato ma anche quello di settori degli ex Disobbedienti, come i Draghi Ribelli - ben pochi hanno veramente preso atto ...
A parte i traditori neo-liberal/liberisti ( in primo luogo il PD) ... anche nella sinistra "cosiddetta di classe" , in Italia, è rara l’analisi economico/sociale.
In questo forse scontiamo certa origine risorgimentale e quindi "romantica" della sinistra italiana, piena da sempre di distinzioni "etiche" e non "di classe" ....
Il rischio di tutto questo è appunto quello di delegare ad altri questa analisi economico/sociale, che invece per dei marxisti dovrebbe essere il pane quotidiano ...
Raf
1. La realtà non è mai come sembra, 2 gennaio 2012, 20:01, di Lucio
Caro Raf, sono perfettamente d’accordo con te sul salto di qualità compiuto a livello politico-organizzativo dal capitale finanziario internazionale, che non a caso è salito direttamente al governo di Paesi come Italia e Grecia. Su questo punto non si discute.
Nondimeno, ciò non mi impedisce di aggiungere alcune ulteriori considerazioni e puntualizzazioni per chiarire meglio il mio pensiero a proposito di "complottismo".
Il vero manuale delle teorie complottiste, condotte fino all’esasperazione, è il “Mein Kampf” di Adolf Hitler o anche gli scritti di Alfred Rosemberg. Molte frasi dei loro testi, considerate isolatamente, appaiono addirittura come estremismi di sinistra. Anche dopo l’eliminazione di Einrich Romma (la notte dei lunghi coltelli in cui fu liquidata l’ala populista e “socialisteggiante” del nazismo) Hitler mantenne sempre (in maniera intenzionale) l’equivoco sulla vera natura del suo partito (il Partito Nazional Socialista dei Lavoratori Tedeschi) e conservò come simbolo la bandiera rossa.
Oggi, il fine ultimo di queste interpretazioni dietrologiche è occultare o mistificare la reale natura delle crisi capitalistiche, e di questa crisi in modo particolare, per non scaricare le colpe sul sistema. Il quale, a seguire queste tesi fino in fondo, potrebbe funzionare benissimo se non fosse sabotato dai presunti cospiratori. Siamo ancora agli untori di Manzoni e tali illazioni sono pericolosissime perché distraggono l’attenzione sulle vere e irrisolvibili (almeno nel quadro capitalistico) cause della crisi.
Il capitale finanziario cosmopolita è un’entità anonima e impersonale. E’ pur vero che vi sono personaggi che fanno praticamente parte di quasi tutti i consigli d’amministrazione delle principali banche mondiali, e ciò può appunto ingannare il giudizio, ed è pur vero che le banche riescono in qualche modo ad imporre un indirizzo uniforme alla finanza internazionale, ma questo dato di fatto è molto più un prodotto dei complicati meccanismi che esse gestiscono e che non possono cambiare piuttosto che un risultato ottenuto da una cospirazione planetaria vera e propria.
Come si vede chiaramente, esse per coordinarsi sono costrette a stipulare accordi su accordi, a condurre trattative estenuanti, a risolvere conflitti su conflitti. Molto spesso si coalizzano tra loro, ma ciò riguarda solo alcuni obiettivi ben definiti, non il governo della totalità dei processi. Hanno interessi comuni che magari gestiscono insieme, ma non funzionano come un centro cospirativo: ricordano piuttosto una banda di ladri che sono d’accordo su chi derubare, ma che poi ciascuno tenta di prendersi la parte più cospicua del bottino. Ma nell’odierna crisi del capitalismo finanziario, sono esse stesse trascinate a provocare rimedi che finiscono per peggiorare il male medesimo.
Se è giusto parlare di capitale finanziario internazionale, considerando l’insieme dei fenomeni e le loro concatenazioni, ciò non significa affatto che esista un progetto cospirativo unificato ed organico, un complotto "ebreo-massonico" e "plutocratico", come credeva Hitler. E come sostengono i suoi numerosi epigoni, di ieri e di oggi.
Il punto critico dell’analisi che bisogna elaborare, è la proletarizzazione massiva che porta ad un sottoconsumo sempre più esiguo, cioè alla miseria di massa, ma questa è (per l’appunto) l’irreversibile conseguenza del dominio del capitale finanziario. Lucio