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Meno 37% in tre giorni: Unicredit crolla in Borsa
par InformationGuerrilla
Publie le sabato 7 gennaio 2012 par InformationGuerrilla - Open-Publishing8 commenti

sabato 7 gennaio 2012
Preoccupa la flessione del gruppo bancario, a due giorni dal via della sottoscrizione del maxi-aumento di capitale
Meno 37% in tre giorni. Cifre da far rabbrividire, quelle che riguardano le prestazioni in Borsa di Unicredit, a solo 48 ore dall’inizio della sottoscrizione di un maxi-aumento di capitale da 7,5 miliardi.
Di recente, lo si ricorderà, anche la Fondazione Manodori - attualmente azionista del gruppo per lo 0,79% - ha deliberato di sottoscrivere in modo parziale l’aumento di capitale di Unicredit.
Il crollo del gruppo bancario preoccupa molto investitori, risparmiatori e autorità: il valore attribuito dal mercato al secondo gruppo bancario italiano è precipitato a 8 miliardi di euro (contro i 60 di quattro anni fa), ed è ormai quasi pari all’importo dell’aumento di capitale. La Consob ha aperto un’indagine su presunte anomalie nell’andamento del titolo e possibili violazioni delle restrizioni sulle vendite allo scoperto, ossia vendite effettuate senza possedere i titoli.
Le ipotesi sulle cause della flessione sono delle più svariate: il "Corriere della Sera" parla di una possibile uscita di un socio in possesso di quote relativamente consistenti e costretto a sfilarsi prima dell’avvio dell’aumento di capitale, nonchè di voci secondo le quali un potenziale scalatore starebbe cercando di far abbattere il più possibile il prezzo della banca.
Messaggi
1. Meno 37% in tre giorni: Unicredit crolla in Borsa, 9 gennaio 2012, 08:49
Il crollo degli istituti di credito italiani
Ore le big valgono come la sola BnpParibas
La crisi che si è abbattuta sui mercati ha prodotto un risultato paradossale a Piazza Affari: le principali banche italiane capitalizzano quanto la sola BnpParibas o poco meno del Bbva.
Banco popolare, Bper, Bpm, Intesa Sanpaolo, Ubi e Unicredit, hanno un valore complessivo meno di 35 miliardi, mentre la sola BnpParibas capitalizza circa 34,8 miliardi e il Bbva 37,6 miliardi. Se poi si tiene conto di Hsbc, che vale circa 109 miliardi di euro (89,6 miliardi di sterline), il paragone scotta ancora di più. I principali istituti italiani, tra l’altro, sono reduci da consistenti aumenti di capitale. Nel 2011 il Banco popolare ha lanciato un’operazione da 2 miliardi e oggi vale meno dei soldi raccolti nel gennaio 2011, ovvero solamente 1,5 miliardi. Mps, che a luglio ha incassato dal mercato un assegno da 2,1 miliardi, oggi capitalizza 2,5 miliardi. Nel 2011 ha lasciato sul parterre il 67% circa del proprio valore.
06/01/2012
http://www.iltempo.it/2012/01/06/1314143-valgono_come_sola_bnpparibas.shtml
2. Meno 37% in tre giorni: Unicredit crolla in Borsa, 9 gennaio 2012, 16:07
Il sospetto è che le banche italiane, come la maggior parte degli imprenditori di altri settori, occultino e mettano al sicuro le plusvalenze all’estero in compiacenti paradisi fiscali e facciano invece figurare le perdite nei (falsi) bilanci ufficiali, pretendendo poi a gran voce di essere ricapitalizzate con soldi pubblici !!
Chi conosce il mondo bancario sa benissimo che una banca può fallire solo se il suo management, ne rapina i capitali e li fa sparire attraverso affidamenti senza garanzie ad amici e ad amici degli amici !!
MaxVinella
1. Meno 37% in tre giorni: Unicredit crolla in Borsa, 9 gennaio 2012, 21:29
Potrebbe anche essere, ma nel caso di Unicredit, da addetto del settore, francamente non credo.
Considero già un miracolo che le folli gestioni avute nel tempo da Unicredit, prima Geronzi e poi Profumo, non l’abbiano già portata al fallimento.
Fusioni folli all’origine di questa "superbanca" quando ancora era formalmente pubblica, avventure ancora più folli nei paesi dell’ Est europeo cosiddetti ex "comunisti" ma anche un abbandono totale di quella dimensione territoriale che era all’origine delle banche che avevano formato l’aggregazione ed il buttarsi in spericolatissime operazioni finanziarie al limite ( e spesso oltre il limite) della truffa per gli investitori ...
Che abbiano rubato a man bassa è molto probabile, che abbiano già largamente truffato l’erario ( vedi inchiesta in cui è implicato proprio Profumo) è quasi certo, ma la banca va male veramente, non è una sceneggiata per lucrare aiuti statali ...
Con l’ulteriore mazzata in borsa di oggi, Unicredit vale si e no 8 miliardi di euro, quando sta per varare tra i soci un aumento di capitale quasi per la stessa cifra.
Una situazione simile, nella storia italiana, è paragonabile solo a quella della Banca Romana di inizio secolo scorso ....
E’ l’effetto delle privatizzazioni dissennate - volute soprattutto da quello che è oggi il Pd - degli anni novanta, delle fusioni a freddo tra realtà territoriali e storiche del tutto differenti tra loro e che non si sono mai veramente omogenizzate .... basti pensare che, sulla piazza principale di Anzio, poco più di un paesone del litorale a sud di Roma, solo pochi anni fa gravitavano ben 5 agenzie di Unicredit, ognuno proveniente dalle varie banche precedenti nel tempo fuse ... e che almeno altre 4 ce n’erano nel territorio di quel comune .... roba di pura follia .... nata con Andreotti, rafforzata nel periodo dei governi Amato e Ciampi, divenuta poi banca di riferimento romano anche per i berluscones ....
E pensare che solo un paio di anni fa qualcuno indicava proprio l’ineffabile Profumo come il famoso "papa straniero" da candidare come capo di un futuro governo di centrosinistra ....
K.
2. Meno 37% in tre giorni: Unicredit crolla in Borsa, 9 gennaio 2012, 21:32
Per non parlare poi ( me ne ero dimenticato) della larga partecipazione azionaria libica, arrivata addirittura al 7 % ....
K.
3. Meno 37% in tre giorni: Unicredit crolla in Borsa, 10 gennaio 2012, 10:17
Con le privatizzazioni (dissennate) si è ottenuto solo il risultato che prima rubavano in tanti e c’era una più equa distribuzione del malloppo, ora invece rubano di più e solo in pochi !!!!
4. Meno 37% in tre giorni: Unicredit crolla in Borsa, 11 gennaio 2012, 13:44
Il crollo di Unicredit? Colpa degli speculatori
Ma la Consob vietò le vendite allo scoperto
A guidare le danze nella gigantesca ondata di vendite che nei giorni scorsi ha messo al tappeto il titolo sono stati gli scopertisti, anche se a luglio l’autorità di controllo ha bloccato questo tipo di operazioni
Le tracce lasciate in Borsa sono tanto numerose che ormai è molto più che un sospetto. A guidare le danze nella gigantesca ondata di vendite che nei giorni scorsi ha messo al tappeto il titolo Unicredit sono stati gli scopertisti. Speculatori di professione. Avvoltoi che si gettano sulle prede in difficoltà per guadagnare sui ribassi delle quotazioni. Operatori con queste caratteristiche abbondano su tutti i mercati. Niente di strano, quindi. Se non fosse che la Consob già molti mesi fa, nel pieno della tempesta estiva sul nostro debito pubblico, non avesse vietato le vendite allo scoperto. Ovvero le transazioni concluse da chi non possiede materialmente il titolo (lo prende in prestito) e prevede di riacquistarlo (di coprirsi) a distanza di giorni nella certezza di poterlo fare a un prezzo inferiore grazie al calo della quotazione.
“Basta con le vendite allo scoperto”, tuonava Giuseppe Vegas, l’ex viceministro di Giulio Tremonti chiamato dal governo Berlusconi alla guida dell’authority che vigila sui mercati finanziari. Il divieto, ne sono certi gli operatori di Borsa, è stato più volte violato nei mesi scorsi. L’offensiva degli scopertisti, detti in gergo shortisti (perché vanno corti, short in inglese) è però partita alla grande non appena, una settimane fa, Unicredit ha annunciato i termini dell’aumento di capitale da 7, 5 miliardi che è partito lunedì. E l’azione degli speculatori ha finito per amplificare il movimento al ribasso innescato dalle vendite dei grandi investitori internazionali e dai piccoli risparmiatori. Dopo un lunedì nero, a dir poco, con la quotazione in picchiata del 12 per cento, che si aggiunge al -37 per cento delle tre sedute precedenti, solo ieri Unicredit ha recuperato un po’ di terreno facendo segnare un rialzo del 6 per cento circa.
Nel frattempo la Consob si è mossa nel tentativo di dare un nome agli speculatori che hanno violato le regole. Mission impossible, o quasi, perché i venditori allo scoperto si nascondono dietro il paravento di soggetti con base nei paradisi fiscali e operativi dalla City di Londra. Seguire la tracce di questi soggetti costa fatica e soprattutto molto tempo, mesi e mesi di indagini dall’esito incerto. Ecco perché il divieto della Consob rischia seriamente di restare lettera morta.
In Borsa però dubbi e sospetti abbondano. Di fronte ai giganteschi ribassi dei giorni scorsi molti operatori hanno incominciato a porsi interrogativi sul ruolo di alcuni grandi azionisti di Unicredit. Soci di peso, forti di una partecipazione attorno al 4 per cento, come la Fondazione Cariverona, la torinese Crt, la bolognese Carimonte vicina al 3 per cento e poi, con quote nettamente inferiori, la fondazione trevigiana Cassamarca e quella del Banco di Sicilia. Le ultime due, che hanno meno dell’uno del per cento si sono già chiamate fuori dall’aumento. Verona ha dichiarato che non andrà oltre il 3, 5 per cento e ancora non si sa che cosa faranno i due investitori istituzionali libici con il loro 7, 5 per cento complessivo e il fondo arabo Aabar che possiede quasi il 5 per cento.
Il sospetto di numerosi investitori è che molte delle azioni in libera uscita dei principali azionisti possano essere finite nel gran calderone dei titoli prestati a istituti di credito o banche d’affari che poi le hanno vendute allo scoperto guadagnando di conseguenza. I soci, da parte loro, sarebbero invece riusciti quantomeno a lucrare sugli interessi del prestito. Queste operazioni hanno avuto conseguenze pesanti sulla quotazione di Unicredit, spinta al ribasso dalla pressione degli scopertisti. Solo sospetti, per ora. Indiscrezioni e niente più. Anche perchè le banche scopertiste usano come paravento strutture societarie off shore. Come dire che le prove stanno a Londra o ai Caraibi. Difficile arrivarci.
Vittorio Malagutti
da "Il Fatto Quotidiano" dell’11 gennaio 2012
5. Meno 37% in tre giorni: Unicredit crolla in Borsa, 12 gennaio 2012, 08:34
Basterebbe chiudere le Borse, che ormai servono solo per le scorrerie degli speculatori !!
MaxVinella
3. Meno 37% in tre giorni: Unicredit crolla in Borsa, 13 gennaio 2012, 12:34
Parlavo proprio ieri con gente che lavora in Unicredit ( anche ad alto livello) per commentare i recenti crolli dei titoli( ora sta risalendo ma senza recuperare il perso) ed in realtà sono convinti che se Banca d’Italia volesse la banca con i " mostri" che ha nascosto dal bilancio ufficiale potrebbe chiudere in 24 ore! La realtà è che la banca non ha i soldi per farsi stampare dei comunissimi calendari o delle agendine, che i fornitori di cancelleria hanno dovuto accettare termini lunghissimi per il pagamento che una volta era al massimo a 30 giorni, che non vengono più distribuite chiavette USB che prima venivano regalate con una certa generosità. Sono chiaramente segnali che non c’è un euro in cassa però si danno 42 milioni di euro a Profumo di liquidazione e premio per averla portata al fallimento ed i top manager, che in qualunque paese del mondo sarebbero già stati cacciati per aver fatto perdere alla banca il 97% del valore, si spartiscono 100 milioni di euro di " premio"( non si sa di che)!!!michele