Home > Monti, l’ottimismo e gli applausi
Pubblichiamo il Primopiano del prossimo numero di Famiglia Cristiana.
Il premier "vede" l’uscita dalla crisi. Ma i dati macroeconomici dicono
di no.
21/08/2012
Per molti aspetti vedo avvicinarsi l’uscita dalla crisi». Così il
presidente del Consiglio Mario Monti ha aperto il Meeting di Comunione e
liberazione a Rimini. Un discorso carico di speranza, ricco di
citazioni: da De Gasperi a Schuman. Le parole di Monti sono servite a
dar fiducia a un Paese con il freno a mano tirato. Anche se il cammino
di risanamento è lungo. Un discorso di speranza, con forti contrasti con
la realtà. Il premier, sulla scia di De Gasperi («il politico guarda
alle prossime elezioni, lo statista alle prossime generazioni»), ha
sostenuto che il Governo «sta cercando di orientare le politiche
nell’interesse dei giovani».
Ma quali provvedimenti stanno creando lavoro e contrastando la
disoccupazione giovanile? In fondo, ammette lo stesso presidente:«Mai
abbiamo pensato che le riforme fatte con intensità in questi mesi,
lavoro, pensioni, spending review, liberalizzazioni, facessero partire
immediatamente la crescita».«Quello che, invece, speravamo», ha
aggiunto,«è che l’insieme di queste riforme desse luogo a una riduzione
dei tassi di interesse più rapidamente di come sta avvenendo. Non
abbiamo mai pensato che, nel giro di qualche mese, le riforme potessero
far salire crescita e occupazione. Ci vuole più tempo». Ma quanto tempo?
Il Paese è stremato. Dieci milioni di famiglie tirano la cinghia. La
disoccupazione è al 10,8 per cento. Solo un italiano su tre ha un posto
regolare a tempo indeterminato (meno che in tutti i Paesi europei).
Secondo Eurostat, gli occupati in Italia sono 450 mila in meno che nel
2007. Aumentano i cassaintegrati. Su una popolazione di 60,8 milioni di
residenti, solo il 36,8 per cento (22,3 milioni di persone) lavora.
«L’economia italiana», ha scritto Federico Fubini sul Corriere della
Sera, «somiglia a una piramide rovesciata, la cui base formata da chi
produce si restringe sempre di più. Se si eliminasse l’apporto degli
stranieri, emergerebbe che i cittadini italiani effettivamente al lavoro
sono poco più di uno su tre».
Un’ultima considerazione. Un lungo applauso del popolo dei ciellini ha
accolto il premier. Tutti gli ospiti del Meeting, a ogni edizione, sono
stati sempre accolti così: da Cossiga a Formigoni, da Andreotti a Craxi,
da Forlani a Berlusconi. Qualunque cosa dicessero. Poco importava se il
Paese, intanto, si avviava sull’orlo del baratro. Su cui ancora
continuiamo a danzare. C’è il sospetto che a Rimini si applauda non per
ciò che viene detto. Ma solo perché chi rappresenta il potere è lì, a
rendere omaggio al popolo di Comunione e liberazione. Non ci sembra
garanzia di senso critico, ma di omologazione. Quell’omologazione da cui
dovrebbe rifuggere ogni giovane. E che rischia di trasformare il Meeting
di Rimini in una vetrina: attraente, ma pur sempre autoreferenziale.
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