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PRC : ulteriore conseguenza casi d’erme-vendola
Publie le mercoledì 28 luglio 2004 par Open-Publishing3 commenti
Partito della Rifondazione Comunista
Direzione Nazionale
COMUNICATO STAMPA DI CLAUDIO GRASSI
(SEGRETERIA NAZIONALE P.R.C.)
Rifondazione Comunista ha ormai imboccato la strada dei commissariamenti e degli interventi burocratici e autoritari tesi a colpire le espressioni di dissenso che si sono manifestate in questi anni all’interno della maggioranza del partito.
Dopo aver commissariato, 15 giorni fa, l’intera regione Calabria dove il segretario regionale era espressione dell’Area de l’Ernesto, oggi la Segreteria nazionale, a maggioranza (voto contrario di Claudio Grassi) ha deciso di colpire il Dipartimento Enti Locali guidato, guarda caso, da Gianluigi Pegolo, anch’egli rappresentante di spicco dell’Area de l’Ernesto.
Le motivazioni di questo provvedimento, che consiste nel togliere l’Ufficio Elettorale dal Dipartimento Enti Locali per passarlo all’Organizzazione, sono legate alla mancata elezione di Nichi Vendola al Parlamento Europeo.
Peccato che l’Ufficio Elettorale non abbia alcuna responsabilità di questo! Si è voluto costruire e cercare un capro espiatorio. Infatti mai, da quando esiste Rifondazione Comunista, la scelta di opzione in un collegio o in un altro di Fausto Bertinotti, o di altri dirigenti del partito, è stata effettuata dall’Ufficio Elettorale.
Siamo di fronte, quindi, ad un nuovo provvedimento contro il pluralismo interno, che assume una valenza ancora più grave poiché viene attuata, così come per il commissariamento della Calabria, a Congresso avviato.
Probabilmente si pensa di fermare con queste modalità il processo di crescita e di consenso intorno alle posizioni politiche espresse dall’Area de l’Ernesto. In questi ultimi due anni, infatti, la componente che allo scorso congresso presentò gli emendamenti, si è rafforzata, come ha dimostrato anche lo straordinario successo della Festa nazionale de l’Ernesto conclusasi domenica scorsa a Cantiano.
Con i provvedimenti - come quello preso oggi a maggioranza dalla Segreteria nazionale - la democrazia, la partecipazione, il rispetto del pluralismo interno vengono purtroppo sempre più calpestate da un modo di procedere burocratico e maggioritario.
Claudio Grassi (Segreteria nazionale PRC)
Roma, 27 luglio 2004
Messaggi
1. > PRC : ulteriore conseguenza casi d’erme-vendola, 28 luglio 2004, 20:00
Liberazione 16 luglio 2004
Musacchio indicato capogruppo a Bruxelles
Rifondazione, la direzione nazionale commissaria la federazione calabrese
Nella riunione di ieri mattina a Roma la direzione di Rifondazione comunista ha stabilito il commissariamento della federazione regionale del Prc della Calabria. Questo il comunicato diffuso dal partito ieri sera: «La direzione del Prc, a larga maggioranza, decide per il commissariamento della federazione regionale della Calabria.
Questa decisione viene presa per ripristinare le regole di democrazia interna gravemente compromesse da diffusi elementi di incertezza sul tesseramento, di contestazioni della legittimità di interi gruppi dirigenti e di rissosità.
Tutti fattori che hanno impedito e impediscono al partito di dispiegare per intero la sua potenzialità. Commissario regionale - si legge nella nota diffusa anche alle agenzie - è stato nominato Stefano Zuccherini, presidente del comitato politico nazionale e figura di assoluta garanzia».
La decisione è stata presa con ventuno voti a favore, otto contrari e un astenuto. Hanno votato contro i compagni che fanno riferimento all’area dell’Ernesto, mentre ha votato a favore l’area R. Astenuti i compagni di Progetto comunista.
Nella stessa riunione, sempre a larga maggioranza, è stato anche indicato Roberto Musacchio come capogruppo di Rifondazione comunista al Parlamento europeo. Domani su "Liberazione" la relazione di Francesco Ferrara e tutte le dichiarazioni di voto dei componenti della direzione del Prc
2. > PRC : ulteriore conseguenza casi d’erme-vendola, 28 luglio 2004, 20:06
Liberazione 17 luglio 2004
Direzione Nazionale 15 luglio 2004
Calabria, perché il commissariamento
Francesco Ferrara
La Direzione nazionale del Prc, nella sua riunione di giovedì scorso, 15 luglio, ha approvato a larga maggioranza la proposta di commissariare la struttura regionale del Prc della Calabria. Così il dispositivo presentato: «La direzione nazionale del Prc, acquisito il parere favorevole della Commissione nazionale di garanzia (Cng, voto a maggioranza) propone il commissariamento della struttura regionale del Prc in Calabria nominando Stefano Zuccherini commissario»: su di esso i voti favorevoli sono stati 21, i contrari 8, gli astenuti 1. La discussione è stata introdotta e conclusa dal responsabile organizzativo Francesco Ferrara. Pubblichiamo in questa pagine la sintesi della relazione introduttiva e le dichiarazioni di voto di Milziade Caprili (favorevole), Claudio Grassi (contrario), Franco Turigliatto (favorevole), Franco Grisolia (astenuto)
Sulla situazione del Partito in Calabria, la segreteria nazionale ha svolto una discussione tanto lunga quanto complessa, che ha impegnato più di una riunione. Al termine di questo itinerario, la decisione assunta a maggioranza è quella di commissariare la struttura regionale e di proporre come commissario il compagno Stefano Zuccherini: presidente del Comitato politico nazionale e in quanto tale figura per eccellenza di garanzia, ma anche dirigente politico riconosciuto del Prc, dotato di un profilo di forte autonomia. Una decisione, quella sulla quale la Direzione nazionale dovrà pronunciarsi, certo autoritativa e dolorosa, ma anche necessaria. Per sua natura, del resto, ogni commissariamento è un atto estremo. Perché, dunque, ci siamo persuasi che questo è l’unico tentativo che dobbiamo mettere in atto?
Innanzi tutto, e prima di rispondere a questo legittimo interrogativo, una premessa. Il commissariamento non è, in nessun caso, rivolto contro un’area del Partito, quella che oggi è in maggioranza nella regione e alla quale fa riferimento il segretario Rocco Tassone. So bene che questa è l’interpretazione che una parte del Partito darà di questa decisione: ma davvero essa non è fondata. Se un obiettivo ci sta a cuore, esso è precisamente l’interesse generale del nostro Partito: il nostro giudizio, in effetti, è che in Calabria, tutte le anime del partito sono attraversate da una pratica politica e una cultura politica discutibili. E’ l’insieme del partito che ha bisogno di un rinnovamento radicale di pratiche politiche, di cultura politica profonda, di modalità di relazioni. Si tratta di ristabilire - ed è un compito di straordinaria difficoltà - la certezza di alcune regole basilari ed essenziali, come per esempio quella del tesseramento. Si tratta di sradicare non solo e non tanto una tendenza alla litigiosità interna, diffusa certo in altri luoghi del nostro partito, ma la riduzione dello scontro politico ad esclusione e marginalizzazione reciproche dei gruppi dirigenti e militanti. Quel che è avvenuto e continua ad avvenire in Calabria, insomma, configura una degenerazione che non può più essere tollerata a cuor leggero: per questo sarebbe bene che una scelta così impegnativa come il commissariamento fosse assunta unitariamente dal gruppo dirigente nazionale. Perché l’esito non è garantito - io stesso, l’anno scorso, ho operato a Reggio Calabria come commissario e sono riuscito a risolvere la crisi di quella Federazione soltanto provvisoriamente. Ma se ci provassimo insieme aumenterebbero le probabilità di successo.
Una scelta politica e statutaria
La proposta di commissariare la regione Calabria, dunque, ha una base statutaria, l’articolo 53 del nostro Statuto, secondo il quale è possibile procedere al commissariamento di una struttura per tre ragioni (il mancato rispetto della vita democratica del Partito e delle sue norme, l’inadempienza statutaria, l’esistenza di un «grave pregiudizio dell’immagine esterna del partito»). La verifica di queste condizioni è stata fatta, e infatti la Commissione nazionale di garanzia ha dato, a maggioranza, parere favorevole alla proposta di commissariamento. Non sarebbe giusto, però, nascondere il carattere politico, nel senso che mi sono sforzato di argomentare, della decisione.
Bastino alcuni fatti. Nella federazione di Reggio Calabria, lo scontro interno è arrivato al punto tale che sono state raccolte le firme per un congresso straordinario che hanno coinvolto oltre la metà, cioè la maggioranza assoluta degli iscritti alla Federazione. Il 21 febbraio scorso una riunione si è conclusa con l’intervento della polizia che è entrata nei locali della Federazione per sedare i tumulti. Nella Federazione di Crotone il Comitato politico federale non viene convocato da mesi e la stessa gestione della campagna elettorale amministrativa è stata condotta senza un esplicito mandato del comitato politico federale anche nella decisione che si è assunto sulla responsabilità di una presenza del partito nella giunta provinciale. In più sono stati allontanati con procedure discutibili alcuni compagni dal partito per due anni, sanzione, peraltro, non prevista dallo Statuto. A Cosenza, viene denunciata una modalità di gestione del rapporto tra circoli e federazione del tutto discutibile: e comunque, proprio qualche giorno fa, una riunione del Cpf si è conclusa, anch’essa, con l’intervento della polizia. In tutte le federazioni calabresi, inoltre, il tesseramento è gestito con criteri impropri: in concreto, le tessere vengono distribuite o negate ai circoli a seconda delle appartenenze. Non mi soffermo altrimenti sui fatti accaduti. Vi assicuro che esiste in proposito una documentazione ahimè ricchissima.
Che cosa vuol dire, tutto ciò? Che nel partito calabrese si è affermata una cultura politica personalistica e consociativa, ivi compreso l’uso delle risorse a fini di consenso e rafforzamento del proprio potere: la negazione del carattere collettivo della nostra impresa politica. Che chi è fuori dalla logica di fazione, non ha diritto di cittadinanza. Che l’organizzazione non ha alcun carattere "attrattivo" per tutti quei soggetti, singoli o aggregati, che vorrebbero far politica in termini diversi. Che tutto questo è "trasversale" rispetto alle aree o, se preferite, alle correnti. Che, in definitiva, il problema che ci troviamo di fronte è la natura del partito in Calabria, non chi attualmente la governa.
Altre scelte?
In queste condizioni, come è possibile pensare che si tenga un congresso vero e regolare agli inizi del 2005? Noi, prima di tutto, dobbiamo ripristinare le regole "minime": 1) la possibilità effettiva di accesso al partito; 2) la legittimità degli organismi dirigenti; 3) la nascita di un clima normale, oltre le risse e gli scontri, che consenta a tutti - e a tutte - la partecipazione. Questo è ciò che si può definire il «problema ambientale» del Prc della Calabria.
Proprio sulla base di queste considerazioni, abbiamo ritenuto di intervenire sulla struttura regionale anziché sulle singole federazioni: perché, prima di ogni altra cosa, è essenziale tentar di rimettere in moto un nuovo processo politico. E perché, appunto, i problemi non riguardano i singoli compagni, questo o quel dirigente, questa o quell’altra responsabilità, ma una situazione diffusa di «sospensione della democrazia» in quasi tutte le realtà federali. Il punto, insomma, non è l’attuale segretario regionale, eletto da poco più di due mesi. Il punto è, come dicevamo, la situazione ambientale che, in troppi luoghi, rende oggi oggettivamente impossibile risolvere i contenziosi che vengono posti.
In secondo luogo, non siamo intervenuti sulle singole federazioni proprio perché non volevamo dare adito a un intervento che prefigurasse uno stravolgimento degli equilibri interni visto che saranno i congressi di federazione a stabilire la platea del congresso nazionale.
Per tutte queste ragioni, domando alla Direzione di votare la proposta che vi presentiamo, completa di dispositivo. Essa è difficile, chiede tempi lunghi di realizzazione, ma è, come dicevo, necessaria.
3. > PRC : ulteriore conseguenza casi d’erme-vendola, 28 luglio 2004, 20:09
Liberazione 17 luglio 2004
Direzione Nazionale 15 luglio 2004
Le dichiarazioni di voto
Milziade Caprili
Sono d’accordo con la relazione del compagno Ferrara e con il dispositivo di commissariamento della Calabria. Si tratta certo di un passaggio difficile e delicato. E’ stato detto: estremo. Non c’è dubbio che il commissariamento è sempre un atto estremo, un passaggio ultimo dopo che si sono esperiti tutti i tentativi possibili, si sono percorse tutte le strade percorribili.
Anche per questo è passato tanto tempo (troppo, secondo alcuni compagni) da quando i fenomeni di degrado si sono andati pericolosamente accumulando.
Il commissariamento - sarà bene ripeterlo - non mette in discussione il lavoro buono di molte compagne e molti compagni della Calabria, anzi: vorrebbe cercare di ridare utilità a quel lavoro, di impedire che sia costantemente messo in discussione con pratiche politiche assolutamente negative e, per questa via, ripristinare una immagine del partito capace di attrarre forze nuove.
Si è detto che in realtà altri regionali e federali sarebbero nelle stesse condizioni della Calabria. Il compagno Ferrara ( ed insieme a lui l’esperienza concreta di molti di noi che in questi anni hanno frequentato questa regione) ci ha detto di come per la Calabria si ponga il problema di arginare una sorta di degrado democratico, di come per continuità, per intensità, per atti certi documentabili e documentati, per lo stato dei rapporti, per il grave pregiudizio dell’immagine esterna del partito, di come tutto questo ponga il problema di un intervento che ristabilisca regole condivise. Ad iniziare dal tesseramento che non può essere sottoposto ad arbitri di questa o quella parte dell’organizzazione nazionale.
Diciamoci la verità: sono serviti a poco: una volta terminati sono andati riorganizzandosi quanti hanno del partito un’idea padronale per cui se si "vince" un congresso o un Comitato Federale si tende ad escludere - anche forzosamente - gli altri, con buona pace del partito plurale. La strada che questa volta tentiamo (e non è detto che ci si riesca) è quella di un intervento che trova ragioni, che trova abbondanti ragioni, nella norma dello Statuto che regolano i commissariamenti e che nel contempo cerca di lavorare sul ristabilimento di un clima generale nelle regione Calabria tale da rendere e da far percepire come "corpi estranei" scelte, atteggiamenti, rapporti, concrete pratiche politiche improntate ad una visione del Partito come luogo chiuso di conquista.
Tutto - ed altro ancora di cui ci ha parlato il compagno Ferrara - risulta difficile tanto più partendo dalle difficoltà riscontrate in Calabria. Sarebbe stato di aiuto, avrebbe molto giovato al raggiungimento di un risultato positivo l’adesione costruttiva di tutte le componenti della direzione. Così non è stato e ce ne rammarichiamo. Come non possiamo che rammaricarci del tono e delle argomentazioni che qualche compagno ha ritenuto di usare; tono ed argomentazioni pretestuose perché incapaci di misurarsi con il merito delle cose in discussione. Sarà invece certamente di aiuto il sostegno di compagni che pure hanno svolto interventi anche critici come sarà certamente di aiuto l’aver indicato come compagno chiamato a garantire il commissariamento Stefano Zuccherini. La storia politica di Zuccherini all’interno del partito - prima ancora che il suo essere presidente del Comitato Politica nazionale - dice del suo equilibrio e della sua completa autonomia di giudizio. Equilibrio e autonomia di giudizio, che, ne siamo certi, ritroveremo nel lavoro delicato e difficile che auspichiamo gli venga affidato con un largo voto della Direzione.
Claudio Grassi
Il commissariamento della regione Calabria è un fatto grave. Mai nella storia di Rifondazione Comunista si era proceduto al commissariamento di una intera regione. Questo crea un precedente preoccupante, viene colpita la democrazia interna del partito. Nessuno degli addebiti specifici che sono stati sollevati per proporre il commissariamento riguardano l’operato del segretario regionale che questo commissariamento fa decadere. Sono addebiti che concernono singole federazioni o singoli circoli e in quanto tali andavano affrontati, secondo quando prevede lo statuto del Partito. Tra l’altro, gli elementi specifici che qui sono stati evocati per giustificare il provvedimento (rissosità, problemi di tesseramento, ecc.) sono purtroppo presenti, con identiche modalità, anche in molte altre federazioni di altre regioni, senza che mai - ripeto - si sia pensato di procedere al commissariamento della regione di appartenenza.
La verità è che siamo di fronte a un commissariamento politico che avviene a Congresso nazionale avviato e dopo che, due mesi fa, in quella regione era stato legittimamente eletto dal comitato politico regionale, alla presenza del compagno Francesco Ferrara, un segretario regionale, il compagno Rocco Tassone, che al congresso precedente aveva votato i 4 emendamenti alle Tesi presentate dall’area dell’Ernesto. La verità è questa: in pieno percorso congressuale viene commissariata una regione nella quale i compagni dell’Ernesto sono maggioranza. E’ come se due mesi prima dello svolgimento dello scorso congresso, i Democratici di Sinistra avessero commissariato la Campania dove il Correntone aveva la maggioranza. Come avremmo giudicato noi una scelta simile se non come la dimostrazione del fatto che si voleva penalizzare una minoranza interna?
E’ stato detto che in Calabria il Partito della Rifondazione Comunista non è più un presidio democratico: le parole in questo caso sono pietre.
In questi anni sono stato in Calabria molte volte, ben prima dell’ultimo Congresso, quindi ben prima dell’articolazione politica dell’attuale maggioranza. Il mio legame forte con quei compagni si è prodotto nel 1998, quando contrastammo sul campo una scissione durissima (guidata dai Tripodi, da Brunetti e De Paola) che sembrava dovesse spazzare via il Partito. Non fu così. Il Partito resistette proprio grazie a quei compagni che oggi - a giudizio della maggioranza della maggioranza - non costituirebbero più un presidio democratico. Non nego difficoltà, problemi ed errori. Ho avuto modo di constatarli direttamente andando spesso in Calabria. Ma questi problemi non si risolvono con un atto autoritario e repressivo qual è un commissariamento. Al contrario, un commissariamento li aggrava.
D’altra parte, se vogliamo essere onesti, problemi ci sono anche in altre situazioni e potrei fare un lungo elenco. Ma devo dire, conoscendo bene la situazione calabrese, che, assieme alle difficoltà, ho visto anche un partito che lotta, attivo, impegnato in battaglie assai aspre contro i poteri forti, contro la mafia, contro i neofascisti. In condizioni di grandi difficoltà e con mezzi inadeguati. Diversamente da quanto oggi si sostiene, Rifondazione Comunista in Calabria è un grande presidio democratico.
Infine sulle mie dimissioni dalla Segreteria nazionale.
I compagni e le compagne che all’ultimo congresso hanno determinato le condizioni perché io fossi in quel posto, mi chiedono di rimanere e io lo farò. Li ringrazio per quello che hanno fatto e detto in queste giornate per me difficili. Non "mollare", mi è stato detto. Non "mollerò". Ma vorrei chiarire che le mie dimissioni non sono state un colpo di testa e nemmeno un ricatto. Sono in segreteria nazionale da nove anni e mai ho posto - nemmeno in passaggi difficilissimi - questo problema. L’ho fatto in questa circostanza perché ho vissuto e vivo la scelta della maggioranza della maggioranza come una scelta grave, che colpisce la nostra democrazia interna. Vivo come un sopruso, come un’angheria, come un’ingiustizia. Una di quelle cose che ti spinge - almeno a me capita così - a ribellarti istintivamente.
La scelta che si sta compiendo oggi è un grave errore. Ci sono problemi in Calabria come in altre regioni. Ma gli interventi autoritari non solo non li possono risolvere ma, al contrario, li acuiscono.
Franco Grisolia
Quando nell’ottobre dello scorso anno affrontammo il dibattito che portò all’ingiusto e ingiustificabile commissariamento della federazione di Salerno - "colpevole" di aver avviato con un voto a maggioranza del suo Cpf il processo di rottura con la giunta di centrosinistra del capoluogo - ho indicato che a mio giudizio altre erano le realtà su cui il partito avrebbe dovuto intervenire, di fronte a situazioni di conflittualità inaccettabile, scontri fisici, denunce reciproche di dirigenti del partito alla magistratura, contenziosi su tessere non consegnate o "inesistenti". Citai i casi della Sardegna, della federazione di Reggio Calabria e della Calabria in generale. Ciò tra l’altro nel momento in cui segretario regionale di quest’ultima regione era un compagno di area politica diversa da quella a cui appartiene l’attuale segretario. Non ritengo che gli ultimi mesi abbiano visto un mutamento fondamentale nella situazione della regione e penso, quindi, che, a prescindere dall’azione specifica del nuovo segretario, un intervento nazionale abbia un suo fondamento oggettivo.
Tuttavia le modalità di tale intervento hanno un importanza fondamentale.
In primo luogo dobbiamo dare risposta alla situazione di Reggio Calabria. Qui non solo il 30% richiesto dal nostro statuto, ma addirittura la maggioranza assoluta degli iscritti ha firmato la richiesta di un congresso straordinario della federazione. Lo statuto del partito assurdamente non rende automatica l’assunzione della richiesta, ma la demanda ad una decisione della Direzione Nazionale. Tale decisione è dovuta e ricordo che la raccolta di firme si è conclusa quattro mesi fa. Naturalmente essendo alla vigilia del congresso nazionale del partito è logico che ci sia una unificazione tra i due momenti, dando però garanzie democratiche ai firmatari della richiesta di congresso straordinario.
Per questo avevo presentato un ordine del giorno che proponeva di commissariare la federazione reggina, dando nel contempo garanzie a tutti/e con la proposta di affidare la gestione del congresso non ad un singolo commissario ma ad una commissione di tre compagni/e in rappresentanza paritaria delle tre aree (maggioranza della maggioranza congressuale, emendatari, minoranza congressuale-Progetto Comunista) presenti nella federazione. E’ grave a mio giudizio che, con argomentazioni formali, si sia negato di votare sulla proposta avanzata, venendo meno al rispetto di fatto nei confronti di quella maggioranza assoluta di iscritti della federazione, che, in evidente contrasto con l’attuale gestione locale del partito, avevano, come detto, richiesto il congresso straordinario della federazione.
Tali concetti democratici e di garanzia devono valere anche rispetto al commissariamento della regione Calabria. Questa scelta tardiva può apparire derivata da preoccupazioni congressuali della "maggioranza della maggioranza" del partito. Per realizzare il necessario intervento nella situazione calabrese, dando nel contempo il massimo di garanzie a tutti i settori del partito è anche in questo caso necessario non scegliere, come proposto dalla maggioranza della segreteria, di affidarsi ad un solo commissario, ma costituire una commissione plurale di tre compagni/e, in rappresentanza paritaria delle tre aree politiche del partito presenti significativamente nella regione. In questo senso ho presentato un Ordine del Giorno.
La modalità di voto scelta implica di votare in primo luogo sulla questione del commissariamento in sé e solo successivamente sulle sue modalità. Poiché il giudizio sulla correttezza del commissariamento è per me legato al carattere democratico e plurale della sua realizzazione mi astengo sulla prima questione (commissariamento in sé) e contrappongo la mia proposta di commissione plurale alla proposta di commissario unico della maggioranza della segreteria.
Gigi Malabarba e Franco Turigliatto
Sosteniamo la proposta avanzata di commissariamento della Calabria pur con molte preoccupazioni.
La prima preoccupazione deriva dal fatto, che di fronte alla gravità della situazione, l’efficacia della misura resta incerta; la seconda nasce dalla considerazione che la misura, inedita e straordinaria, se pur necessaria di fronte alla gravità dei fatti riscontrati, produce comunque un precedente che potrebbe essere utilizzato per riproporre soluzioni analoghe anche di fronte a casi di minore gravità che non la giustificherebbero in alcun caso.
Il sostegno alla proposta deriva invece dalla consapevolezza che ci troviamo di fronte a comportamenti altamente negativi e sedimentati nel tempo, qualitativamente diversi da altre situazioni di conflitto prodottesi.
E’ infatti pratica sistematica e consolidata dei gruppi dirigenti "vittoriosi", qualsiasi sia il loro riferimento politico, di utilizzare il tesseramento come forma di discriminazione, negando la tessera a una parte dei richiedenti allo scopo di preservare la loro "egemonia". In questo modo si nega la possibilità e la libertà di adesione al Prc di tutti coloro che vogliono partecipare alla vita e all’attività di Rifondazione; si altera la composizione del partito e quindi la stessa base democratica del nostro dibattito e della stessa discussione congressuale. Occorre garantire la possibilità a tutte e tutti coloro che lo vogliono di contribuire alla costruzione di Rifondazione; per questo oggi è necessario un garante che se ne faccia carico.
E tutte le componenti del partito debbono contribuire a questo obbiettivo.