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Perchè non ci spaventano i forconi

par Infoaut-Palermo

Publie le venerdì 20 gennaio 2012 par Infoaut-Palermo - Open-Publishing
2 commenti

I cinque giorni di blocchi annunciati dal movimento dei forconi sono finiti. Ma la lotta contro la crisi e i ricatti del debito sembra ormai aver raggiunto gli animi di chi abita le terre siciliane e ampie parti del movimento hanno annunciato di voler proseguire ad oltranza.

Oggi un grande corteo di oltre mille studenti ha siglato a Palermo la vicinanza e la complicità del tessuto metropolitano alla lotta e alle rivendicazioni di chi, con i blocchi di tutta la settimana, ha provocato tanti disagi: dalla penuria di benzina a quella degli alimentari a breve conservazione ai disagi alla mobilità. E questo nonostante i tentativi, cresciuti esponenzialmente man mano proseguiva la protesta e la durezza delle pratiche, di criminalizzare il movimento da parte dei media e di molti intellettuali ed opinionisti.

I punti attaccati da questi politicanti sono stati diversi ma riconducibili sotto tre semplicistiche etichettature da appioppare ai manifestanti: mafiosi, fascisti e strumentalizzati (da Lombardo e Miccichè).

A ben vedere tutte critiche provenienti da chi, a soli cinque giorni di mobilitazione, è già tagliato fuori da ogni possibilità di recuperare le forze in campo (Confindustria, il partito di Repubblica & co.), o da chi, più semplicemente, analizza il reale completamente al di fuori da ogni materialismo e si aspetta un tessuto in agitazione pronto per l’uso, pulito e scevro da interferenze esterne.

La protesta popolare che si è diffusa in Sicilia, come tutte le proteste di questo tipo, è complessa, di massa e contraddittoria, ma di sicuro parla il linguaggio della lotta contro la globalizzazione, contro equitalia e lo strozzinaggio legalizzato che mette sotto ricatto larghe fasce della società siciliana, contro la casta politica di destra e di sinistra che sta mettendo in ginocchio i lavoratori e le loro famiglie, contro l’aumento dei prezzi della benzina e il carovita in generale. E a questa analisi che ha individuato i giusti nemici il movimento dei forconi fino ad ora ha affiancato la giusta pratica della lotta. Blocchi stradali, fermo di tutti i tir che entrano ed escono dalla città, e momenti di propaganda contro i governi regionale e nazionale.

Per avere delle risposte chiare alle critiche addotte al movimento circa le strumentalizzazioni da parte di forze politiche reazionarie ci è bastato mescolarci con chi, a Palermo, ha portato avanti i blocchi e le manifestazioni, ci è bastato ascoltare in prima persona le voci dirette o amplificate dai megafoni e leggere le parole urlate sui cartelli e i volantini: può anche darsi che qualcuno abbia (o più plausibilmente abbia avuto) mire su questa mobilitazione, ma chi scende in piazza dimostra quotidianamente di non aver alcuna fiducia in nessun politico o politicante, che sia di destra o di sinistra, dell’Mpa o di Forza del Sud. Ma d’altronde, anche se il tutto fosse partito sotto la spinta di qualche Miccichè di turno, quello che appare è che la sua scintilla ha divampato un incendio che non è più in grado di controllare (e lo dimostrano gli incontri con Lombardo tutti ad esito negativo).

Per quanto riguarda le paure fasciste dentro il movimento nessuna parola ci sembra più adeguata che quelle usate dal comunicato di Anomalia e VikLab: “crediamo sia biologico, nelle origini di questi movimenti, che venga ricercato supporto in chiunque lo conceda; non è forse più significativa la colpa di chi (...) rimanendo distante dalla materialità dei rapporti sociali, lascia spazio di agibilità a costoro che, ovviamente (e dove sta la novità?), cercano di agire questo spazio attraverso il loro sporco populismo? Non è forse il solito esercizio retorico di "sinistre da salotto" in attesa di momenti messianici già pronti e confezionati e mai pronta a "sporcarsi le mani" in dinamiche che vanno irradiate di contenuti, non certo tenute a distanza”.

Per le accusa riguardo le infiltrazioni mafiose ci sembra invece di poter fare un parallelo tra quella che è la criminalizzazione più classica a livello di mobilitazioni nazionali, i black-bloc, e questa che è la più classica per le mobilitazioni da Napoli in giù: impossibile non pensare alle accuse identiche mosse a chi in Campania lottava per non vedere costruito un inceneritore dietro casa (ma di esempi potrebbero farsene tanti altri). La procedura è sempre la stessa: prendi il mostro cattivo (che sia germanofono, nero e col passamontagna, o terrone, basso e con la coppola poco importa), fotografalo tra i manifestanti e dissemina la paura. Non sembra neanche il caso, dunque, di sprecare energie per parlare di questioni del genere.

Quello che sembra centrale è invece che a partire da quella che doveva essere una rivendicazione quasi corporativista di un paio di categorie, stia divampando una protesta realmente estesa e di popolo. Si diceva all’inizio che, come è ovvio che sia a dispetto di quanto si augurano intellettualoidi e politicanti radical-chic, una situazione del genere sia complessa e contraddittoria, ma criminalizzarla sin da principio è un doppio errore.

Intanto perché le contraddizioni in questo modo vengono risolte con la facile assimilazione del movimento da parte di chi offre sponde politiche. In secondo luogo perché non permette di cogliere i reali motivi per cui una massa così numerosa di persone stia scendendo in piazza per urlare la propria rabbia contro un sistema economico ingiusto ed uno politico sordo ai propri bisogni.

Siamo di fronte, senza voler fare facili parallelismi o semplificazioni fuorvianti, a quella stessa eccedenza che da Madrid a New York ha riempito le strade e le piazze per rivendicare un’esistenza più dignitosa e una vita più felice contro il sistema economico-finanziario globale e contro quelli politici-istituzionali che lo innervano, siamo di fronte a quella rabbia che a poche miglia di mare ha provocato la caduta di regimi ventennali...eppure la solidarietà e la simpatia che quegli stessi opinionisti muovevano verso movimenti così ampi ed eterogenei pare perdersi adesso nella paura di doversi confrontare e scontrare con un fascista o un padroncino, o in quella di avere un movimento reale giusto a casa propria.

A noi pare di dover salutare con entusiasmo questo movimento siciliano e di augurargli una lunga vita e una rapida espansione.

Infoaut-Palermo

Messaggi

    • Intervista a Demetra, studentessa di Avola

      by #avolainlotta Sat 21 January 2012 -

      Oggi abbiamo voluto sentire il parere degli studenti. Per l’occasione abbiamo intervistato Demetra-Maira D’Agata, studentessa avolese promotrice – insieme ad altri studenti – della protesta in corso.

      Demetra ci era stata segnalata da più persone, ma in seconda battuta, come candidata ideale per l’intervista che i giornalisti RAI ci avevano richiesto.

      Prestate attenzione alle risposte che la giovane Demetra ha dato alle nostre domande.

      AvolaBlog: Ciao Demetra, intento grazie per aver accettato di rispondere alle nostre domande. Puoi farci una breve descrizione di te?

      Demetra: Grazie a voi per questa proposta. Certo che posso: Sono una ragazza liceale studentessa del socio psicopedagogico di Noto, ho sedici anni e tanti obiettivi da raggiungere, come quella di diventare magistrato.

      Per quanto riguarda la politica, anch’io giustamente ho delle mie idee e delle tendenze che definirei di sinistra, ma non mi identifico tutt’ora con nessun partito politico, o meglio credo nella politica che sta alla base di ogni azione umana ma non ai politici, i quali sino ad adesso hanno sempre e solo fatto i propri interessi.

      Sono una ragazza come tante altre, che non avendo certezze per il futuro, combatte affinché questo possa diventare più roseo. Per quanto riguarda me interiormente, sono molto determinata e decisa, e quando sono convinta e voglio raggiungere qualcosa combatto e sostengo la causa sino alla fine, e faccio di tutto per arrivare al mio fine. Credo d’aver ereditato da mio nonno Faust, vecchio capo popolo degli anni ’50, la voglia di riscatto del popolo siciliano.

      AvolaBlog: Ci è stato riferito che sei la referente del gruppo studenti manifestanti. Cosa ti ha spinto a partecipare a questa manifestazione?

      Demetra: Come tanti altri ragazzi ciò che mi ha spinto a partecipare alla manifestazione ed a sostenere le classi più deboli, è la consapevolezza del fallimento dell’intero popolo italiano, e come in precedenza detto, la voglia di combattere per un futuro migliore, e per avere dei risultati dagli sforzi odierni, che non sia quello di restare disoccupati o inoccupati, o di dover abbandonare la mia terra per cercare lavoro altrove, come già capitato alle generazioni precedenti.

      Quel che più mi turba è il dover assistere alla fuga di menti brillanti siciliane, all’estero, che beneficiano altri paesi e svalutano le nostre potenzialità. Mi sembra presuntuoso comunque, essere definita “referente”, ho semplicemente organizzato la protesta ma non da sola, perchè la mia presenza sarebbe stata ininfluente se non ci fossero stati con me tutti quei giovani.

      AvolaBlog: In tutto ciò, in base alla tua – seppur breve – esperienza, vedi del colore politico?

      Demetra: Se la disperazione abbia un colore, non posso dirlo, vedo semplicemente gente che non riesce ad arrivare a fine mese, o meglio ancora non riesce a mantenere le proprie famiglie, e spesso non riesce neanche ad sostenere dei ragazzi prodigio, i quali potrebbero invece, brillantemente affermarsi, ed esaltare la nostra Sicilia.

      Smentisco categoricamente l’associazione di questa manifestazione a movimenti mafiosi e partitici, anche se molti, esterni all’organizzazione, stanno cercando di approfittare, della situazione per cercare di indossare la fascia tricolore a Maggio (mese in cui ci saranno le elezioni amministrative) o di onorevole alle prossime elezioni regionali.

      Definisco squallido il comportamento dell’amministrazione comunale di Avola, che non ha sostenuto la manifestazione, e che si ripresenterà alla vigilia dell’elezioni, con le solite promesse, sfruttando la disperazione altrui.

      AvolaBlog: Quali sono i frutti che gli studenti vorrebbero vedere maturare quando tutto sarà finito?

      Demetra: I frutti che vorrebbero veder maturare gli studenti, sono uguali per tutti, mettere cioè le famiglie nelle condizioni di poter vivere dignitosamente, e di sostenere pertanto, i propri figli, nell’istruzione e nelle necessità.

      AvolaBlog: Potresti affermare che i tuoi coetanei aderiscono di buon grado alla protesta? Siete in tanti o solo un piccolo gruppo?

      Demetra: Posso ben dire che l’appoggio di noi studenti a questa manifestazione è stato più che importante, e che senza noi probabilmente non sarebbe andata cosi bene, almeno per quanto riguarda Avola.

      Non si è mai vista tanta coesione tra tutte le scuole superiori di Avola e di Noto, città che da sempre hanno avuto e hanno scontri di campanile. I ragazzi sono stati tutti presenti, possiamo considerarli la “colonna portante” della manifestazione, hanno aderito non in gran parte ma totalmente.

      Detto ciò posso benissimo dire che questa manifestazione dimostri la voglia di cambiamento e dimostrazione di lucidità mentale di noi giovani. Concludo con una frase da me ripetuta, durante la manifestazione molte volte, che riassume il senso di questa protesta “Non manipoleranno le nostre menti, non a questa generazione“

      AvolaBlog: Grazie Demetra per averci concesso un po’ del tuo tempo.

      Demetra: Grazie mille per la disponibilità, un saluto caloroso. Ad majora.

      http://www.avolablog.it/2012/01/intervista-a-demetra-maira-dagata.html#more-3507