Home > Privatizzazione dalla pace e della guerra
La vicenda dei quattro ostaggi italiani prigionieri in Iraq, al di là delle implicazioni umane, politiche, militari, internazionali e al di là della retorica e di tutto ciò che in positivo o in negativo è stato sentenziato su questo evento, un merito indiscutibile lo ha avuto, rendendo evidente anche al più annebbiato telespettatore che PACE e GUERRA non sono più quelle descritte sui libri di storia.
Si continua a morire lo stesso, anche se magari di più quando è dichiarata la pace che non la guerra, ma il punto non è questo.La differenza che cominciamo a percepire in maniera ancora confusa è che è cambiato il segno, il significato, sono saltati gli schemi con cui noi per moltissimi anni avevamo letto le vicende umane.
Pace e Guerra: intanto non si chiamano più così, sono termini desueti, usati solo da vetero-pacifisti; soprattutto la guerra non esiste più, perlomeno per come noi abbiamo inteso la guerra. Ora ha assunto due nomi diversi a seconda del soggetto promotore: si chiama TERRORISMO se a farla sono gli sconfitti , i perdenti, i popoli conquistati, i disperati; mentre si chiama PEACEKEEPING se a promuoverla sono i vincitori, gli occupanti, i paesi dotati di potenti armi da combattimento.
In Kosovo, in Afghanistan, in Iraq le nostre truppe stanno svolgendo operazioni di ’peacekeeping’.
E fin qui potremmo pensare che, comunque, siamo nella norma: in guerra, la propaganda ha cercato sempre di criminalizzare o ridicolizzare il nemico, dipingendolo nel peggiore dei modi per mantenere il consenso alle proprie ragioni, tutte riferite a valori positivi e condivisibili.
Ma non è solo propaganda di guerra! Oggi scopriamo< che ingenui!> che il cambiamento di senso che hanno subito le parole non è effetto della ’normale’ propaganda di guerra.
Il cambiamento di senso è correlato con il cambiamento della realtà materiale: cosa servono più i tanti soldatini, i bravi carabinieri in divisa, i giovani che vanno a combattere per la patria? Vecchi arnesi, ancora in vita perché comunque più economici, ma oramai destinati ad essere sostituiti o perlomeno a fare da ’massa’ affianco ai professionisti della pace: sì, perché la pace non si improvvisa, non è più come abbiamo fin qui pensato l’assenza di guerra, la pace è una professione ed un investimento e servono i manager capaci di gestirla, con capacità e professionalità sempre più complesse. Se la guerra non è più guerra ma ’peacekeeping’, servono professionisti; servono i manager della pace; e questi hanno bisogno di scuole, di master universitari (Peacekeeping Management), di addestramento, di compensi all’altezza della professionalità.
"Nell’evoluzione dello scenario internazionale caratterizzato da situazioni di crisi si richiedono sempre più interventi della comunità internazionale volti ad affrontare la complessità di scenari post-bellici a livello regionale, al fine di garantire la sicurezza e lo sviluppo. Il personale impiegato in tali operazioni necessita pertanto di nuovi e specifici percorsi di formazione di tipo culturale e tecnico-operativo, in considerazione sia della diversità culturale, sia della peculiarità delle mansioni e del contesto in cui dovrà operare.
La Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Torino intende dare una risposta sistematica a tali esigenze di formazione, con il Master universitario specialistico in Peacekeeping Management, con l’obiettivo di soddisfare le specificità delle competenze richieste dallo scenario del peacekeeping, in quell’unicum che va dall’intervento umanitario all’institution building. " (Università di Torino)
Gli Stati appaltano la sicurezza interna ed esterna ad agenzie specializzate che forniscono i professionisti per tutte le necessità. In fondo è anche questo un settore come gli altri del Mercato!
Si compra il pane, il libro, la casa, la salute, l’istruzione; perché non anche la sicurezza? E perché non anche il sostegno altamente professionalizzato e specializzato, fornito da società costituite ad hoc, nelle operazioni di guerra (scusate, di peacekeeping) o di ricostruzione di un Paese precedentemente distrutto con le proprie bombe, fabbricate in eccesso?
"Si calcola che varie centinaia di società operanti in oltre 100 Paesi in sei continenti producano ormai un giro d’affari annuale di oltre 100 miliardi." …
"Ormai non c’è attività militare che non possa essere data in appalto a ditte private. "Abbiamo quasi più generali noi dei Pentagono", commenta tra il serio e il faceto Ed Soyster, ex direttore del servizio segreto del Pentagono, la Dia, oggi portavoce di Military Professional Resources Inc, una Pmc che nel 1998 aveva otto dipendenti e oggi ne ha 900. Con in più un database di oltre 10mila nomi di ex soldati pronti a qualsiasi missione." peacelink
Le frontiere delle nuove professioni, in un mercato finalmente LIBERATO, delineano dinamiche aberranti. Potremmo a lungo discutere se sia più o meno giusto usare il termine "mercenari" per i quattro italiani ostaggi in Iraq. Non è un caso se l’ostaggio italiano dice: "sono un soldato, non sono un mercenario".Perché è questa la nuova modalità di essere soldati. Alla faccia di ogni retorica !
Forse il termine mercenari è offensivo? Dipende!
Dentro questo osceno mercato della privatizzazione, della mercificazione, di imbarbarimento e mistificazione mediatica, di eutanasia dei diritti, di quello internazionale e dei diritti civili, qualcuno pensa che usare il termine ’mercenario’ possa suonare come offesa?
Io penso che sia inadeguato.
Credo che l’uso di questo termine non renda fino in fondo conto delle mutazioni profonde che sono intervenute, abilmente celate dalla retorica patriottica e dalla esaltazione dello spauracchio del terrorismo; mutazioni che stanno delineando le nuove frontiere della privatizzazione del mondo, degli Stati e delle loro funzioni, della fine del patto sociale e civile che sta alla base di ogni possibile società.
L’unica legge che resta è quella del più forte, del più ricco, del più addestrato, del meglio pagato , del cannibalismo sociale. E non è la dissoluzione degli Stati come qualche romantico anarchico potrebbe pensare. E’ la giungla fatta legge!
Questo scenario, più di altri, dovrebbe terrorizzare i nostri apologeti della patria ed i cantori della magnifica e impareggiabile civiltà occidentale.
La mercificazione di tutti gli aspetti della vita umana, dell’organizzazione complessiva dell’umanità, ha raggiunto livelli che, scrutando solo per un attimo dentro, ci appaiono peggiori del peggior incubo.
C’è ancora in Italia una legge, la legge n° 210 del 12 maggio 1995 che condanna il reclutamento, l’utilizzazione, il finanziamento e l’istruzione di mercenari.
C’è ancora un articolo della Costituzione, l’articolo 11 per il quale l’Italia ripudia la guerra.
C’è qualcuno in Italia che pensa che queste leggi debbano essere rispettate dal Governo Italiano? C’è qualcuno che pensa che il nostro Governo e la maggioranza parlamentare debbano essere incriminati per ALTO TRADIMENTO? Se c’è, che si muova subito perché ho la ferma convinzione che tra poco anche la legge si adeguerà alla mutata realtà dell’organizzazione statuale e della privatizzazione delle funzioni dello Stato per cui lorsignori non saranno più perseguibili!
Basta chiamare la guerra ’peacekeeping’, e sono tutti assolti!