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Questo testo europeo é una porta aperta al dumping sociale e giuridico nell’Europa dei 25
Publie le sabato 22 gennaio 2005 par Open-Publishing
No alla direttiva Bolkenstein
di Henri EMMANUELLI e Béatrice PATRIE
Spesso, Bruxelles si pone lodevoli obiettivi. Apparentemente, in ogni caso. Il progetto di direttiva europea relativa ai servizi nel mercato interno, detto "direttiva Bolkenstein" dal nome dell’ex commissario europeo alla Concorrenza, é la dimostrazione che forse la strada dell’inferno é lastricata di buone intenzioni.
La constatazione iniziale del rapporto europeo sullo "stato del mercato interno dei servizi" stabilisce che "dieci anni dopo quello che avrebbe dovuto essere il completamento del mercato interno, occorre constatare che c’é ancora una grande differenza fra la visione di un’Europa integrata e la realtà di cui fanno l’esperienza i cittadini europei et i prestatori di servizi.
Che sia un artigiano, un agente immobiliare, geometra o tour operator, un prestatore di servizi originario di uno dei 25 paesi dell’Unione che voglia stabilirsi in un altro paese europeo per fornirvi i suoi servizi, o perfino per fornirli all’estero a partire dal suo paese, si troverebbe immediatamente, ci dicono, in una terribile giungla amministrativa, si pretenderebbe da lui un sacco di autorizzazioni o di nulla-osta, in preda a un formalismo giuridico eccessivo, se non addirittura ad esigenze nazionali discriminatorie. Particolarmente dominanti sul mercato dei servizi, le piccole e medie imprese sarebbero cosi’ scoraggiate dall’utilizzare le opportunità del mercato interno europeo ed i consumatori si vedrebbero privati dei vantaggi che necessariamente fornirebbe loro un mercato europeo dei servizi più concorrenziale, specialmente in termini di prezzi.
Si tratterebbe dunque - lodevole obiettivo! - di una volontà di semplificazione delle procedure. Ma questa cortina di fumo non riesce a nascondere il cuore del progetto di direttiva che, confondendo volutamente il legittimo ruolo di controllo dei pubblici poteri con l’insopportabile burocrazia di certe amministrazioni, mira alla deregolamentazione dei servizi in un’ottica ultraliberista, senza che, d’altronde, le imprese o i consumatori vi trovino necessariamente dei vantaggi.
Ancora peggio, i servizi pubblici non sono affatto esclusi dal campo d’applicazione della direttiva quando la loro fornitura implica, a un livello qualsiasi, una contropartita finanziaria. Gli obblighi di nulla-osta previsti dagli Stati per garantire la realizzazione degli obiettivi di carattere generale sono denunziati da Bruxelles come intralci inaccettabili allo sviluppo del mercato interno e dichiarati, in quanto tali, illegali.
In materia di alloggi sociali, per esempio, la direttiva Bolkenstein sopprimerebbe l’obbligo di nulla-osta da parte dei pubblici poteri in base al rispetto di criteri territoriali e sociali (fissazione di tetti per gli affitti...) il che significherebbe semplicemente mettere nelle mani della speculazione immobiliare le case popolari. Non sarebbero risparmiati neppure gli organismi sanitari e sociali, il cui nulla-osta da parte dei pubblici poteri poggia su esigenze legate alla pianificazione del territorio, alle infrastrutture ed alla sicurezza dei locali, alla formazione del personale... tutte misure "protezioniste" da mettere al bando.
Ma il "fiore all’occhiello" liberista di questa direttiva é senz’altro l’introduzione del "principio del paese d’origine". In virtù di questo principio, un prestatore di servizi sarà soggetto unicamente alle disposizioni legali del paese nel quale risiede. Un imprenditore lettone che realizza un programma immobiliare in Francia, per esempio, deve essere, secondo la direttiva, soggetto al diritto lettone, non alla legge francese. Le conseguenze di questa disposizione sono considerevoli.
Anzitutto, l’applicazione del principio del paese d’origine genera confusione e grande insicurezza giuridica. Supponiamo che una collettività urbana francese, per esempio una grande città, decida di costruire un teatro dell’Opera. Come impone la regolamentazione europea in vigore, lancerà una serie di richieste d’offerta nei 25 paesi dell’Unione. Risultato: l’architetto sarà inglese, il rustico sarà affidato ad un’impresa portoghese, gli impianti elettrici ad una società ceca, la carpenteria a degli Ungheresi... Secondo la direttiva Bolkenstein, ogni componente delle prestazioni sarà soggetta ad un diritto diverso secondo la residenza del prestatore d’opera !
Ben inteso, questa direttiva non é il primo testo di deregolamentazione liberista che viene da Bruxelles. Ma va molto più lontatno, nella misura in cui apre un mercato concorrenziale dei diritti nazionali: per la prima volta, i livelli di esigenza giuridica condizionano il prezzo della prestazione. Il cliente deve essere in grado di effettuare una scelta oculata, in funzione della qualità della prestazione offerta, ma anche in funzione delle garanzie giuridiche di cui potrà o meno beneficiare, secondo la nazionalità del prestatore dei servizi. Dunque la direttiva Bolkenstein fa nascere un nuovo concetto: il dumping giuridico. Trova applicazione nel campo dei rapporti contrattuali fra il prestatore d’opera ed il suo cliente ed in quello del diritto della responsabilità o in quello del diritto penale.
Soprattutto, questa disposizione é criminogena in materia di dumping sociale: sarà grande la tentazione di andare a stabilirsi in uno dei paesi dell’Unione che offre una ridotta protezione sociale dei lavoratori per abbassare i costi salariali ed apparire competitivi sul mercato europeo. Non si puo’ ammettere che il diritto del lavoro e le convenzioni collettive siano ridotte al rango di vantaggio commerciale e che sia instaurata una sorta di "bandiera di comodo sociale". Sarebbe la fine programmata del modello sociale europeo e questa é la ragione per la quale l’insieme dei sindacati vi si oppongono decisamente.
Questo testo é emendabile? Evidentemente no, salvo snaturarlo completamente togliendogli la sua spina dorsale, il principio del paese d’origine, o le articolazioni, come l’inclusione dei pubblici servizi nel suo campo d’applicazione.
E’ oggetto di consenso all’interno degli Stati membri? Assolutamente no, perfino all’interno degli stessi governi.
E infine, come ci viene spiegato, non ha alcun rapporto con il progetto di Costituzione europea? Evidentemente é vero il contrario: la base giuridica sulla quale si fonda é ripresa nel Titolo III del progetto di Costituzione. Ci si dirà che questa base giuridica esisteva già: é esatto. Ma conteneva, al momento della sua prima adozione, potenzialità "di utilizzo" differenti e non era stata presentata come se dovesse sfociare in questa specie di sbandamento liberista. Oggi, l’ambiguità o il dubbio sull’uso che se ne puo’ fare non sono più attuali: coloro che invitano a votare "si’" a questo Titolo III non possono ignorarlo. Dunque tocca a loro spiegarci come conciliano il loro rifiuto di questo progetto di direttiva con l’approvazione degli articoli costituzionali che la rendono possibile, oggi .... come dopodomani.
Henri Emmanuelli, deputato
e Béatrice PATRIE, deputata europea
Tradotto dal francese da Karl&Rosa di Bellaciao