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Salute e sicurezza / Tutti i rischi del Tmc-2

Publie le lunedì 26 aprile 2004 par Open-Publishing
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Danni "ripetuti"

Fulvio Perini

Fiom Piemonte

http://www.rassegna.it/2003/lavoro/articoli/crisi-fiat/sforzi.htm

È sicuramente la malattia da lavoro più diffusa tra le
lavoratrici e i lavoratori italiani e si chiama in modi diversi:
per esempio "lesione da sforzo ripetuto" o Ctd, cumulative trauma
desorder. Molte volte, nel nostro linguaggio profano, la
indichiamo genericamente come tendinite. L’introduzione del Tmc-2
rischia di peggiorare ulteriormente la situazione.

Si tratta di un gruppo abbastanza nutrito di disturbi o danni
agli arti superiori correlati alla professione svolta: patologie
a eziologia multifattoriale, le cui origini, cioè, possono essere
di origine diversa e non legate esclusivamente al lavoro svolto.
Proprio questo rende molte volte difficile il riconoscimento
della patologia come malattia professionale, anche se le ricerche
epidemiologiche tendono ogni giorno di più a evidenziare il
lavoro come fattore determinante. Se si considera il territorio,
poi, si vedrà che queste patologie si presentano classicamente a
macchia di leopardo. E le "macchie" sono proprio i territori
caratterizzati dalla presenza dell’industria manifatturiera.
Il carattere multifattoriale fa sì che le donne siano colpite
dalla malattia molto più dei maschi, visto che l’uso dei
contraccettivi e la maternità favoriscono l’insorgere del danno.
Con questo pretesto si può evitare il riconoscimento della
malattia professionale per le donne e continuare ad assegnare
loro i lavori più ripetitivi e veloci: si produce così un rischio
più alto proprio per quelle figure di lavoratori più esposte.

Il gruppo di malattie in questione si caratterizza per tre tipi
di alterazioni: ai tendini, ai nervi e neurovascolari. I disturbi
o danni più diffusi colpiscono la spalla (esempio classico la
tendinite e la sindrome dello stretto toracico), il gomito
(l’epicondilite, la sindrome del tunnel ulnare e del tunnel
radiale ), il polso, la mano e le dita (malattia di De Quervain,
la tenosivite dei muscoli flessori, il dito "a scatto", la cisti
tendinea, la sindrome del tunnel carpale, la sindrome di Guyon,
l’aneurisma alla arteria ulnare, la sindrome di Reynaud).

Ciascuna di queste malattie, per le sue specificità, è
indicativamente collegabile a determinate mansioni o professioni.
La ricostruzione dell’effettiva modalità di svolgimento del
lavoro è indispensabile per individuarne la pericolosità ai fini
del danno agli arti superiori. Nella modalità di analisi va
considerato lo sforzo derivante dal peso movimentato, dalle
posizioni assunte dal corpo e dagli arti, dalla velocità di
esecuzione del lavoro e dalla possibilità di riposarsi durante il
lavoro.
Esistono metodi scientifici per valutare singolarmente e
cumulativamente questi fattori di rischio, come ad esempio il
cosiddetto "indice Ocra", una sorta di check list della
pericolosità del lavoro di notevole efficacia per valutare il
rischio. Dal punto vista sindacale, tradizionalmente più
empirico, possiamo esaminare il problema secondo questi criteri:

1. quanto tempo si lavora, quante sono le pause durante il
lavoro, come sono distribuite;

2. quante volte si ripete il gesto durante il tempo di lavoro.
Questo dipende dal "tempo ciclo" (cioè il tempo necessario per
realizzare l’obiettivo unitario del lavoro) che, a sua volta,
porta al numero di pezzi prodotti durante il tempo di lavoro
giornaliero;

3. quale forza si impiega per svolgere il lavoro. Un fattore
misurabile non solo con il peso dei pezzi o degli attrezzi
movimentati, ma anche in rapporto al modo di lavorare. Per questo
è utile chiedere ai lavoratori un giudizio di fatica secondo uno
schema di classificazione internazionale denominato "scala di
Borg";

4. in quali posizioni si lavora, in riferimento al corpo e agli
arti, sapendo che esistono posture e movimenti compiuti in
posizioni sbagliate, se non addirittura estreme ai fini della
fatica.

Esistono poi fattori ambientali (come il freddo) e condizioni di
lavoro (come la presenza di vibrazioni, l’uso di guanti, il dare
colpi o compiere movimenti a strappo) che possono favorire il
danno.

Con il Tmc-2 si esaspera il punto 2 senza, tuttavia, le
compensazioni di riposo: dunque, ci si ammalerà prima.

Messaggi

  • Mi chiamo Alessandro ho 33 anni, lavoro in una azienda che commercia carni macellate e sottovuoto, la mia mansione e il "disossatore" (cioè togliere l’osso alla carne). Lavoro in piedi a una temperatura che va dai 4 ai 12 gradi sopra lo zero, maneggiando così le carni che sono a una temperatura di 0 gradi, dalle 8 alle 12 ore giornaliere con una sola pausa di 30 minuti. Maneggio ogni giorno circa 3000 kg fra ossa e carne con pesi che vanno dai 2 kg ( un muscolo di bovino) ai 40 kg (una costata di bovino)per un totale di circa 350 pezzi. Ogni tanto accusavo un dolore al gomito sinistro che svaniva poi con un paio di giorni di riposo e un pò di pomata. Giorno 27 di ottobre ho avuto un incidente sul lavoro e avendo accusato un dolore fortissimo al ginocchio destro ho afferrato con il braccio sinistro il banco di lavoro per tenermi e quindi evitare l’urto a terra, da quel giorno i dolori al gomito sono aumentati notevolmente, mi è stata diagnosticata dal medico curante e successivamente da due medici ortopedici una epicondilite. Ho fatto 10 sedute di laser e 10 di ultrasuoni e per 20 giorni ho tenuto dei cerotti (trans act) ma il dolore continua ad aumentare. Durante il lavoro indosso nella mano sinistra un guanto antitaglio (di acciaio) che arriva fino al gomito.
    Come posso fare per risolvere problema?
    Visto il tipo di lavoro che svolgo e che il dolore e causato da esso posso chiedere la malattia professionale?
    Grazie anticipatamente per la vostra risposta e nell’attesa porgo cordiali saluti.