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Scegliersi gli immigrati ?

Publie le sabato 22 gennaio 2005 par Open-Publishing

Dazibao


In Francia, da più di vent’anni, il dibattito sull’immigrazione é occultato dalla lotta contro il razzismo. Gli sforzi ripetuti dell’estrema destra per imporre la sua inaccettabile tematica hanno obbligato i democratici a reagire a questa minaccia, piuttosto che a riflettere sull’apertura del paese a quanti desiderano venire a lavorarci temporaneamente o a stabilirvisi definitivamente.

L’iniziativa di Nicolas Sarkozy, che, dopo altri, ha invitato i Francesi a non vedere più nell’immigrazione una fatalità ma una necessità, é dunque la benvenuta. Il presidente dell’UMP ha ragione di auspicare che ci si preoccupi della "immigrazione scelta" e che si smetta di percepire l’immigrazione come una cosa subita.

Tuttavia la difficoltà deriva dal fatto che l’immigrazione dovrebbe essere una scelta non solo per il paese di accoglienza, ma per gli stessi immigrati. Oggi, nella maggior parte dei casi, non é cosi’. Certo, la decisione di espatriare ha sempre preso spunto da un malessere, economico o politico, ma l’attrattività del luogo di destinazione ha avuto un ruolo nei movimenti migratori di cui hanno beneficiato diversi paesi in America, a cominciare dagli Stati Uniti, o, in Europa, dalla Francia. A partire dagli anni 70, invece, le diseguaglianze economiche e la povertà dei paesi del Sud sono la causa principale dei tentativi di alcuni loro abitanti di aprirsi una strada fino ai paesi del Nord.

E’ in questo contesto che occorre studiare l’idea delle quote, reintrodotta nel dibattito da Sarkozy. La doppia necessità - i paesi ricchi mancano di mano d’opera, i paesi poveri sono ... poveri - non giustifica il cinismo.

Le quote per paese, praticate altrove, sono contestabili. Secondo quali criteri si deciderebbe di ammettere o di escludere questa o quella nazionalità? Non potrebbero che venire da generalizzazioni arbitrarie sui caratteri nazionali attribuiti a questo o quel gruppo, o da accordi speciali, da governo a governo, che sarebbero fonte di ingiustizie. Le quote secondo i mestieri pongono anch’esse un problema. E’ auspicabile che il Nord ’faccia la spesa" fra i tecnici e i quadri di cui il Sud ha bisogno per svilupparsi?

Etniche o professionali, le quote non sono dunque la strada principale da esplorare per evolvere verso una politica dell’immigrazione che riconosca quest’ultima come necessaria ed auspicabile. Nondimeno l’essenziale é nel cambiamento di approccio da cui prende le mosse questa riflessione.

Una seconda condizione perché il dibattito sia fruttuoso é quella di tener conto della dimensione europea. Nessuna azione efficace é possibile, in questo campo, senza coordinamento dei venticinque membri dell’UE. Il coordinamento non é l’uniformità e sussisteranno differenze di cultura fra i paesi europei per quel che riguarda l’accoglienza degli stranieri. Ma l’apertura delle frontiere interne impone regole comuni alle frontiere esterne.

Tradotto dal francese da Karl&Rosa di Bellaciao

http://www.lemonde.fr/web/article/0,1-0@2-3208,36-394973,0.html