Home > Se Bertinotti disturba
di Piero Sansonetti
C’è una vecchia legge della politica, semplice semplice, che dice così: quando un partito di centro (o un gruppo di partiti di centro) si allea con un partito di sinistra, la politica di questo partito (o di questi partiti) deve spostarsi a sinistra. Viceversa, se questo partito di centro si allea con un partito di destra, la sua politica sarà corretta a destra. E’ una legge vecchissima, non solo la conosceva Machiavelli ma la conoscevano anche Cicerone e Pericle. Le politiche di coalizione si basano sempre su questa legge: un’alleanza tra forze diverse comporta una modifica dei programmi. Per esempio, quando nel 1963 la Democrazia cristiana di Fanfani e di Moro (insieme al Pri di La Malfa e al Psdi di Saragat) si alleò coi socialisti di Nenni, la politica del governo ebbe una brusca correzione. Si decise la nazionalizzazione dell’energia elettrica - quindi si avviò una politica opposta a quella, tipicamente conservatrice, delle privatizzazioni - e si istituì la scuola media obbligatoria gratuita e unificata, dando un colpo micidiale alle scuole private e realizzando un principio di uguaglianza di fronte all’istruzione di base, che ha retto poi per 40 anni fino alla riforma Moratti.
Viceversa quando Berlusconi, tra il 1999 e il 2000, trovò un accordo politico per fare coalizione con la Lega nord e per puntare al governo, dovette accettare uno spostamento a destra dell’asse liberale, accogliere persino alcuni elementi di xenofobia nel suo programma, costringere anche alleati moderati, come Casini e Follini, a sottoscrivere idee e piani di governo che, nell’ambito di una diversa alleanza, mai avrebbero accettato.
Tutto questo è chiaro? No. C’è un pezzo del mondo politico di centro e di centrosinistra e una parte consistente dell’intellettualità moderata che non sono disposti a prendere atto di queste elementari e facili regole. Michele Salvati e poi Angelo Panebianco, sul "Corriere della Sera", negli ultimi giorni, hanno lanciato l’allarme: se si fa il governo con Bertinotti si rischia di modificare la natura del centrosinistra. Cioè ci si potrebbe trovare nella condizione di dover accettare una politica pacifista, contraria alla flessibilità e alla precarietà sul lavoro, favorevole a una politica "liberale" per l’immigrazione. E’ un allarme giusto? Non c’è dubbio, sì. E’ impensabile che se l’Ulivo decide di allearsi con Rifondazione Comunista, questa alleanza non comporti uno spostamento a sinistra sui programmi.
Questo preoccupa molti. Panebianco - ma anche Salvati e vari dirigenti centristi dell’Ulivo - pensano che l’operazione "alternanza" al vertice dello Stato sia essenzialmente un’operazione di ricambio del ceto dirigente e non delle politiche. L’idea è semplicissima: la borghesia italiana ha bisogno di un governo che le consenta di recuperare competitività sui mercati, senza modificare i meccanismi dei mercati. Per raggiungere questo obiettivo bisogna ridurre il costo del lavoro, modificare le relazioni industriali a favore delle aziende, tagliare la spesa pubblica, tenere basso il livello del conflitto sociale. Quale è la formula politica per ottenere questi risultati? Cambia. In alcuni momenti può essere più utile un governo di centrodestra in altri momenti un governo di centrosinistra. Le politiche di questi governi però devono essere fondamentalmente simili, stabili, continuiste una rispetto all’altra.
Cos’è che fa saltare questo schema, che fin qui ha funzionato perfettamente, anche negli anni ’90? L’ingresso nel governo del partito di Rifondazione. C’è un solo modo per risolvere questa contraddizione: eliminare Rifondazione dall’alleanza. Però c’è un problema: se si elimina Rifondazione dall’alleanza si perdono le elezioni, e allora non si può realizzare quel ricambio di gruppi dirigenti che la borghesia auspica, perché non si fida più dei gruppi berlusconiani, troppo egoisti, troppo faziosi, troppo rozzi, troppo chiusi nell’interesse di parte, troppo poco nazionali. A meno che...
A meno che non si fanno saltare tutti gli schemi e si punta su una soluzione centrista che scompagini i due schieramenti. Non c’è dubbio che una parte consistente dell’establishment ha in mente questo disegno. Nei giorni scorsi abbiamo anche indicato il nome di un candidato a gestire un processo politico di questo genere: il professor Mario Monti. Forse è questa la vera partita che è aperta oggi in Italia. Tra centrosinistra e centrismo. Ed è ancora molto incerta.