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Senza via d’uscita

Publie le mercoledì 14 aprile 2004 par Open-Publishing

Quello che sta emergendo giorno dopo giorno in Iraq è un tremendo errore strategico, causato più
dal dogmatismo e dall’ottusità dei neoconservatori al potere negli Usa che dai calcoli sbagliati
dei militari. Bush pensava che la sua guerra finisse con la riduzione all’impotenza dello
sgangherato esercito iracheno e l’eliminazione di Saddam (missione compiuta, appunto).

E l’Iraq? Beh,
probabilmente i neoconservatori non vedevano nella popolazione irachena null’altro che categorie
coloniali: le tribù del deserto, i curdi, gli sciiti, i sunniti. Per cui, cooptati gli «esponenti» di
queste categorie in un governo collaborazionista e aperto il mercato alle fameliche imprese americane
(e europee), tutto si sarebbe risolto da solo, in una versione guerresca della globalizzazione
dall’alto. Purtroppo per Bush (o chi per lui), a questo quadro mancava un solo dato, ma il più
importante di tutti, cioè la società irachena. I militari sconfitti o fuggiti, diverse centinaia di
migliaia di persone armate, non hanno avuto di che mangiare, perché gli occupanti si sono dimenticati
di loro.

La popolazione più povera ha visto sciamare ogni tipo di impresa famelica, occupanti di
decine di nazionalità, un esercito di mercenari (30.000), funzionari di ogni parte del mondo, ma
nessuno che la sollevasse dalla disperazione. I sunniti cercavano ovviamente la rivalsa. I gruppi
radicali sciiti hanno visto in pochi mesi che nessuno era interessato a una costituzione in cui
avessero un ruolo determinante. A parte i curdi - i quali cominceranno a pagare prima o poi il loro
ruolo di alleati dell’invasore -, non si capisce perciò chi avrebbe dovuto o dovrebbe stare con la
coalizione, dopo il limitatissimo entusiasmo iniziale.

In breve, la coalizione si è messa contro una società disperata e affamata e certamente non
saranno i 150.000 militari occupanti a poter controllare, anche al prezzo delle stragi di questi giorni,
il paese. Un generale ha detto che, sì, gli Usa hanno perso a Falluja 70 uomini in dieci giorni,
ma i «banditi» (in gran parte civili) 700 (probabilmente il doppio). Con questa logica, l’odio
anti-occidentale non può che divampare in tutto l’Iraq. Cercando di eliminare al Sadr, gli americani
ne faranno un eroe e trascineranno nella guerra anche gli sciiti moderati. In pochi mesi, la
coalizione ha creato i presupposti di una situazione che potrebbe far impallidire la Cecenia e la
Palestina e finire come in Vietnam, con la differenza che all’orizzonte non c’è un’ipotesi di
unificazione, come quello di Hanoi, ma un incendio che potrebbe propagarsi a tutta la regione.

Da qui il
vicolo cieco della coalizione. Non potendo mollare l’Iraq per ovvi motivi
strategico-politico-elettorali, sarà costretta ad alzare il tiro e a inviare nuove truppe (europee comprese) con le
conseguenze che si possono immaginare. Ma la guerra, cosa che gli americani sembrano aver dimenticato, si
fa in due. E all’escalation di Bremer corrisponde quella della guerriglia, che mira a mettere in
difficoltà la coalizione sul piano mediale. Ed ecco quindi non solo la resistenza attiva e gli
attacchi quotidiani ai convogli, ma anche i rapimenti. Per quanto questi siano ripugnanti, sono
terribilmente efficaci: smascherano la realtà dell’esercito mercenario, inchiodano gli ultimi arrivati
alle loro responsabilità (Giappone), terrorizzano le imprese appaltatrici e, soprattutto, sono un
messaggio più che chiaro all’Onu.

Come non capire che dietro questo odio c’è la memoria dei bombardamenti indiscriminati del `91 e
delle atroci sofferenze dell’embargo, oltre che degli orrori di oggi? Questa è una guerra basata
sulla menzogna. E questa ci coinvolge perché anche il nostro governo l’ha sostenuta e l’ha
propagata. Ed ecco perché nessuno può sentirsi sicuro. Se l’Europa vuole la tranquillità, questa comincia
con il ritiro dall’Iraq, senza condizioni. E questo a sua volta passa, anche se non dobbiamo
nutrire troppe illusioni su chi seguirà, dalla cacciata di questi incoscienti e letali signori della
guerra, che si chiamino Bush, Blair o Berlusconi.

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