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Storie di ordinaria follia

Publie le venerdì 16 luglio 2004 par Open-Publishing

di Alessandro Grandi

Nuovi racconti delle vittime arricchiscono la storia delle torture nelle carceri della vergogna. Il viaggio allucinante dall’Afghanistan a Guantanamo di Wisam Abd ar Rahman Ahamd e la presunta uccisione di un neonato da parte delle forze Usa.

14 luglio 2004 - Wisam Abd ar Rahman Ahamd è stato detenuto a Guantanamo. Ma anche in Afghanistan. Ma il suo viaggio nelle carceri militari statunitensi parte dall’Iraq. Lì è stato arrestato e consegnato alla giustizia Usa. Il suo viaggio fa paura: prima le carceri afgane e poi Guantanamo. Lui dice che quanto è stato scritto sulle torture applicate ai detenuti di Abu Grahib (dopo essere stato in due prigioni incubo) è ancora poco. Ne è sicuro.

Arrestato per presunti legami con la rete terroristica che fa capo ad Osama Bin Laden, è arrivato, via Afghanistan, a Guantanamo, Cuba. Lì è stato per quasi due anni senza sapere quali fossero le accuse a lui mosse dalla giustizia militare statunitense. Secondo le prime informazioni
pare che il servizio segreto pachistano avesse numerose informazioni sul suo conto. Ahamd ha raccontato quello che gli è accaduto: interrogatori pesantissimi, botte e violenze subite rimarranno un ricordo indelebile.

Interrogatori fiume, violenze e accanimento contro la sua religione sono solo alcuni degli aspetti che l’hanno segnato particolarmente. "Uno dei soldati Usa ha calpestato il Corano. Un altro, mentre mi trovavo nelle carceri di Khandahar l’ha buttato nel gabinetto". E continua: "Nella base Usa vicino a Kabul una soldatessa si è presentata nella mia cella, ha preso il Corano, l’ha aperto, l’ha gettato a terra, ha
fatto avvicinare un cane (che per i musulmani è un animale impuro ndr) abbaiava…..Una cosa tremenda".

Un’altra testimonianza è comparsa sulle testate giornalistiche arabe in questi giorni ed è stata ripresa anche dalla televisione satellitare Al Arabiya. Haydar al-Muzri un cittadino saudita ha raccontato una storia raccapricciante. Rinchiuso nel carcere della vergogna di Abu Grahib, racconta di aver visto l’uccisione di un neonato davanti alla madre. Secondo il suo racconto i secondini lo hanno strappato dalle braccia della madre e lo hanno buttato per terra in un corridoio solo perchè con il suo pianto dava fastidio. "La giovane mamma - continua - ha cominciato a tirare testate contro il muro finché non ha perso i sensi". E nel racconto del saudita c’è anche lo stupro di una giovane donna irachena da parte degli uomini dell’esercito statunitense.

Lui, Haydar, ha passato ben 11
mesi nel carcere di Abu Grahib. "Sono entrato in Iraq legalmente. Con passaporto saudita e solo una valigia piena di abiti. Non avevo armi o altre cose che potessero far pensare che io fossi un terrorista o un guerrigliero della resistenza irachena". Sono passati diversi mesi prima che fosse interrogato: " Mi hanno torturato. In inverno ci mettevano in una vasca di acqua fredda. Ci picchiavano spesso. Alla faccia dei diritti dell’uomo".

Ormai libero Haydar, racconta anche di aver visto moltissimi prigionieri di nazionalità saudita nel carcere della vergogna. Fra loro medici e una squadra di persone che era regolarmente entrata in Iraq per portare aiuto alla popolazione. Purtroppo anche loro furono accusati di essere sostenitori della guerriglia irachena. Nulla è servito, nemmeno i loro documenti, alla loro liberazione. Solamente grazie allo scandalo scoppiato in tutto il mondo Haydar è stato rilasciato insieme ad altri 770 detenuti. Haydar ha sofferto molto e di una cosa sola è certo: non tornerà mai più in Iraq. Almeno fino a quando la situazione resterà così come ora.

Alessandro Grandi

http://www.peacereporter.net/it/canali/voci/dossier/000tortura/040713iraq