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Strage di Ustica: «Fu un missile Adesso lo Stato paghi»
par L. Marcucci
Publie le martedì 29 gennaio 2013 par L. Marcucci - Open-Publishing
La Cassazione sul Dc-9 esploso sopra Ustica nel 1980: «Lo Stato non ha garantito la sicurezza del volo». E stabilisce: «La causa fu un missile, non un’esplosione».
Non c’era nessuna bomba a bordo del Dc9 Itavia che il 27 giugno del 1980 si inabissò nel mare di Ustica. L’aereo non si disintegrò, come sostenne con forza l’Aeronautica militare accreditando la tesi dell’attentato, ma fu abbattuto da un missile. Dopo 33 anni di processi, depistaggi, false testimonianze, finte inchieste e vere assoluzioni, il punto definitivo sulla strage di Ustica, che costò la vita a 81 persone (77 passeggeri e quattro membri dell’equipaggio), lo ha messo ieri la Corte di Cassazione condannando, in maniera definiva, lo Stato a risarcire i familiari delle vittime per non aver garantito, con sufficienti controlli dei radar civili e militari, la sicurezza dei cieli. Ed è una sentenza storica, ancorché monca.
– Ustica, il silenzio di chi sa di Luigi Marcucci
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Storica perché è la prima volta che, in maniera definiva, si accerta quello che il giudice Rosario Priore aveva già ipotizzato ma non dimostrato almeno 20 anni fa, e cioè che quella notte ci fu una battaglia nei cieli italiani, ma allo stesso tempo è una sentenza incompleta perché tutto questo avviene solo in sede civile ma non in quella penale. Per la giustizia italiana, dunque, l’aereo fu abbattuto ma da chi non si sa.
La decisione di ieri della Cassazione nasce da un ricorso a una sentenza di circa tre anni fa. Quella con la quale, il 14 giugno del 2010, il giudice palermitano Paola Proto Pisani condannò lo Stato a risarcire i familiari delle vittime di Ustica con 100 milioni di euro. In particolare il tribunale ritenne responsabili il ministero della Difesa, per le omissioni e i depistaggi compiuti da settori dell’Aeronautica, e quello dei Trasporti, per non aver garantito la sicurezza del volo.
Nelle motivazioni della sentenza di Palermo, oltre duecento pagine che ripercorsero tre decenni di inchieste, perizie e milioni di pagine processuali, si disse nero su bianco che nella notte del 27 giugno del 1980 sopra il Tirreno ci fu una vera e propria azione di guerra. Una battaglia, come detto, che coinvolse due caccia e un altro velivolo militare. Il giudice ne era certo, tanto da escludere, come poi ha accertato la Cassazione, la tesi della bomba. Di che nazionalità fossero i caccia che volavano parallelamente al Dc9, impegnato solo a seguire la sua rotta, e di chi fosse il velivolo militare che si nascose sotto la scia dell’aereo Itavia per non essere intercettato dai radar il giudice non lo scrisse.
I documenti e i tracciati che avrebbero potuto chiarire questi dubbi sono spariti da tempo. Ma, per la sentenza, nonostante i depistaggi e le omissioni, fu possibile raggiungere la certezza che sulla rotta del Dc9 quella sera c’erano almeno altri tre aerei. «Tutti gli elementi considerati - scrisse il giudice Paola Proto Pisani - consentono di ritenere provato che l’incidente si sia verificato a causa di un intercettamento realizzato da parte di due caccia di un velivolo militare precedentemente nascostosi nella scia del Dc9 al fine di non essere rilevato dai radar, quale diretta conseguenza dell’esplosione di un missile lanciato dagli aerei inseguitori contro l’aereo nascosto oppure di una quasi collisione verificatasi tra l’aereo nascosto ed il Dc9».
Per anni si è sostenuto e ipotizzato che su uno dei velivoli volasse Muhammar Gheddafi e che il missile fosse indirizzato proprio a lui. Nel 2007 l’ex-presidente della Repubblica Cossiga, all’epoca della strage presidente del Consiglio, attribuì la responsabilità del disastro a un missile francese «a risonanza e non ad impatto» destinato ad abbattere l’aereo su cui si sarebbe trovato il dittatore libico.
La tesi di un raid contro Gheddafi fu seguita fin da subito. Anche perché il 18 luglio del 1980 un Mig libico venne effettivamente ritrovato sui monti della Sila in zona Timpa delle Magare, nell’attuale comune di Castelsilano in Calabria. Il 12 febbraio 1992, poi, il quotidiano L’Ora di Palermo rintracciò e intervistò un testimone diretto, un maresciallo in servizio alla Nato. Nell’articolo si parlava di uno scontro aereo avvenuto tra due caccia F-14 Tomcat americano ed un Mig libico. Secondo questa versione, il Sismi, all’epoca comandato dal generale Giuseppe Santovito avrebbe avvertito gli aviatori libici di un progetto di attaccare sul Mar Tirreno l’aereo nel quale Gheddafi andava in Unione Sovietica. L’aereo con il leader libico tornò indietro, mentre gli altri aerei libici che lo scortavano proseguirono la rotta.
http://www.unita.it/italia/ustica-fu-un-missile-br-adesso-lo-stato-paghi-1.480962