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Un Bancario in S.p.E.
par Memoria storica
Publie le venerdì 8 febbraio 2013 par Memoria storica - Open-PublishingA Proposito di B.N.L.:
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Un bancario in S.p.e.
Pane, libertà e … Sindacato
Dicembre 1969, giorno 12, ore del tardo pomeriggio: si potrebbe dire che la mia entrata in B.N.L. sia stata esplosiva.
In Via di S. Basilio n. 19, Roma, presentavo i documenti richiestimi, dopo la prova di concorso, per l’assunzione presso la Banca Nazionale del Lavoro.
Il lettore, se disattento, sappia che aveva inizio - in quella data - la stagione del terrorismo. La Banca Nazionale dell’Agricoltura in Piazza Fontana a Milano (con strage), l’Altare della Patria nella Capitale (con danni alle cose) ed il sottopasso della citata B.N.L. (con feriti), in Roma, sono stati i primi tre obiettivi, quasi in contemporanea, del triste periodo che ha visto soccombere la Ragione.
Era da poco esplosa la bomba, nel tunnel pedonale che collega gli edifici adiacenti della Direzione Generale, siti nella citata zona con ingresso principale in Via V. Veneto, ed era un caos: sirene urlanti, frammenti di vetro dappertutto, ambulanze, gente impaurita e sbigottita, danni all’immobile, bancari feriti, ecc….
Pieno di speranze ed illusioni, soddisfatto per aver superato la prova di concorso con risultati brillanti, pochi mesi prima, appena ventiduenne ed ancora sotto le armi, in servizio di leva quale Sottufficiale di Marina (congedo in data 19 dello stesso mese), già sposato e con un figlio in arrivo, tutt’altro che “bamboccione”, non pensavo che alla consegna della documentazione. Così il mio ingresso in Banca; era un presagio della turbolenza che avrebbe accompagnato la mia presenza lavorativa nell’Istituto al quale devo molto, tutto!
Fin dalla tenera età sono stato vivace, critico, polemico, tenace, senza paura, educato con sani principi che, però, non lasciano spazi ai compromessi, disposto ad ogni ragionamento ma inflessibile sulle questioni di principio. Insomma: un corretto “rompiscatole”.
Gennaio 1970, giorno 7, la data dell’assunzione presso gli Uffici della Direzione Generale - Servizio del Personale, Ufficio Relazioni Aziendali -. Relativamente fresco di studi, effettuati sino alla Scuola Media Superiore in Siderno (R.C.) prima del trasferimento nella città eterna - dopo aver conseguito (estate 1965) con la media dell’otto il Diploma di Ragioneria ed aver sostenuto dieci esami universitari presso la Facoltà di Scienze Economiche e Commerciali in Roma (tre borse di studio universitarie vinte, la prima delle quali fruita quale ospite della Casa dello Studente in Via Cesare de Lollis), mi sono ritrovato a lavorare in banca. Massima aspirazione di allora, giustificata dalle retribuzioni del momento, anche se destinato in Settore che poco aveva a che fare con l’attività specifica del Credito.
Giorno 27, prima retribuzione e nascita dell’erede, un segnale inequivocabile di quale destinazione avrebbero avuto le Uscite, negli anni a venire, rispetto alle Entrate di Cassa.
Quale militare, avevo servito la Patria per circa due anni in Settore amministrativo ed in divisa da Furiere presso Navalcostarmi - Ministero della Marina -, la qual cosa mi fu utile per apprendere come le Aziende abbiano necessità di strutture logistiche per la gestione del personale con tutte le implicazioni connesse. Tutto ciò che aveva attinenza con le agevolazioni al personale e similari, passava per l’Ufficio Relazioni Aziendali in B.N.L..
Dotato di spirito di intraprendenza ebbi la fortuna di lavorare sotto “istruttore” di rara professionalità , ottima metodologia, doti umane non comuni, al quale devo molto della parte positiva del mio essere bancario. Io, Impiegato di 1^ Categoria ed il Capo della stanza Segretario (il primo gradino della carriera iniziata nel 1961 dal mio istruttore, laureato in Giurisprudenza; questo per far comprendere la difficoltà di carriera di allora), ci occupavamo di Befana e Colonie per i figli dei dipendenti, Soggiorni Estivi e Montani per i più grandicelli ed anche di Manifestazioni Sportive alle quali l’Istituto partecipava (Campionati vari, Giochi del Banesto, Tornei, ecc…), Borse di Studio, Premi dei 25 e 35 anni di servizio, Omaggi di fine d’anno per i dipendenti, Punti di Ristoro interni, Anticipazioni e Mutui al personale, organizzazione degli Ambulatori Interni e rapporti con le Strutture Sanitarie dell’E.N.P.D.E.P., Mense Aziendali, ecc….
Banesto era la sigla della grande Banca Spagnola che ogni due anni ospitava le Olimpiadi dei bancari, inclusi tra gli atleti, i figli di questi. Si organizzavano le squadre di calcio, nuoto, pallacanestro, ecc… potendo contare su campioni del calibro del Boscaini in acqua, per esempio, e si doveva provvedere a tutto; dalle divise, quindi sartoria, alle più minute esigenze che bisognava fossero previste.
Altra cosa era poi il Campionato Europeo tra Bancari per lo Sci (Sky Meeting) che veniva organizzato a rotazione tra le Banche ABECOR ed al quale partecipavano anche ex atleti di livello internazionale che venivano assunti, a fine carriera agonistica, dai vari Istituti di Credito per primeggiare nelle competizioni.
Tornei di Scacchi, di Bridge, con il contorno di pubblico che tali avvenimenti richiamavano anche per la partecipazione di Campioni ed ex delle varie specialità.
Per il Tennis eravamo all’avanguardia, specialmente nel settore femminile per il quale avevamo assunto personaggi di spicco a livello nazionale, giovani atlete che avevano accettato le lusinghe della Banca e poi inserite nell’organico dell’ufficio; le bacheche dell’Istituto traboccano di Trofei in tutte le specialità sportive alle quali si partecipava in ogni parte dell’Europa.
Non tutto ma di tutto ed è così che ho potuto mettere a frutto la mia voglia di “creatività”, poiché, in alcune attività mancavano i precedenti ed occorreva letteralmente inventare molte cose. Mi trovai alla prese anche con i giocattoli residui della Befana appena trascorsa; inventario delle rimanenze, catalogazione, ecc…. Ritornai, per un poco, bambino; non avevo mai visto - da piccolo - giocattoli così belli e costosi ma avevo poco tempo per rimpiangere i tempi trascorsi. Il lavoro era tanto e si passava da una incombenza all’altra senza respiro, l’attività prevedeva il rientro pomeridiano dopo intervallo lungo; si usciva, quando presto, alle 19.00 ed al rientro a casa, dopo circa un’ora di tragitto, non si riusciva a studiare - almeno come ero abituato a fare - e fu così che, poco a poco, anche per le restanti incombenze di famiglia, mi allontanai dai libri di scuola per tuffarmi nella carriera!
Si organizzarono, estate anno 1970, per l’ultima volta, le Colonie ed eccomi intento ad avere intorno una miriade di bambini da “preparare”. Elenchi aventi diritto, domande dei richiedenti, vestiti, viaggi, attrezzature varie, medico ed accompagnatori al seguito, ecc….
Poi i Soggiorni Montani per i più grandicelli (solo maschietti dai 12 ai 14 anni) con i problemi più grandi. Visita alle località ed alle Strutture utilizzate per le necessarie verifiche. Compiti di responsabilità che ho sempre assunto senza alcun tentennamento come il rientro da Riccione, il 31 luglio dell’anno di assunzione, con treno speciale ad hoc, dalla Colonia marina colà soggiornante.
Nel citato anno iniziava la trasformazione delle Commissioni Interne in Circoli Aziendali. Lo Statuto dei Lavoratori, art. 11, era chiaro in merito e si venne materializzando l’attività che poi ha caratterizzato molta della mia “professionalità”, almeno per la prima parte della carriera. Sempre dalla parte del Diritto e della Legge, per incarico riservato e “segreto”, verificavo, anche, la stesura dei verbali del Cral di Roma, al quale, in qualità di Consigliere di nomina Banca, partecipava il Preposto al citato Ufficio. Attento alle più piccole sbavature rilevai, per citarne solo una, nella prima stesura del bilancio del Sodalizio in parola, l’assenza della voce relativa all’accantonamento per la Indennità di Liquidazione per il custode - unico dipendente diretto del Cral -. Il Consigliere fece la sua bella figura rimproverandone l’errore macroscopico. Indicò il mio nominativo per la “paternità” della scoperta ed iniziarono i guai.
Mi accorsi in ritardo, inguaribile ottimista, di essere utilizzato come la zampa del gatto quando, si vuole togliere dal fuoco la castagna cotta! Infatti, esaminavo con attenzione estrema ogni particolare del Cral, lavoravo con la massima precisione possibile, dedicando ogni “respiro” alla Banca perché il mio “Io” mi ordinava così. Mi attiravo ogni antipatia dai gestori della Struttura - parte di nomina Banca e la maggioranza eletta tra i lavoratori - che male digeriva la mia opera di “controllore”, quale ordinatami, con incarico riservato e segreto (?). Fu così che un bel giorno chiesi al Preposto all’Ufficio: ”Devo vedere oppure sorvolare su alcune cose?”; la replica mi venne data con un :”Devi vedere e non vedere, insomma devi essere meno preciso”. Da qual momento dedicai minori attenzioni ad un compito che non mi era riconosciuto ufficialmente ma che svolgevo per cortesia d’ufficio. La “frittata” era, però, già fatta e le relative conseguenze (fatti il nome e …) hanno inciso sui restanti anni di permanenza in Banca; ma chi nasce quadrato non può ….
Nel tempo libero da incombenze dirette della mia stanza, non ve ne era per persone “normali”, ma lo trovavo ugualmente perché ero veloce nel procedere lavorativo tant’é che subivo le frenate del Capo il quale mi richiedeva “per il giorno dopo” alcune attività, mi davo da fare rendendomi disponibile per altre stanze. Eccomi alle prese con le Anticipazioni a favore del personale. Straordinario anche il sabato mattina (la famiglia cresceva e così anche le spese e poi c’era la carriera in agguato). Lavoravo, però, troppo e senza ritardi e così creai altre antipatie dei colleghi dell’altra stanza ai quali prestavo la mia opera. Costoro frenavano, creando molto fumo e …. Non mi cercarono più per l’aiuto prima reclamato, perché davo fastidio, ero “anormale”.
Anno 1971, vedeva la luce il primo Contratto Integrativo che seguiva la stagione turbolenta del rinnovo contrattuale dopo l’autunno del 1969. Nascita del “numerico” per la progressione di carriera, fino allora lenta e gravosa nel procedere, e per i dipendenti della Sede Centrale, spesso in poche unità, per attività specifica lavorativa con diretto riferimento a Funzionari e Dirigenti (allora vere autorità), venne prevista la “lettera 2G”. Dalla data di adibizione all’incarico di certa responsabilità, con diretta collaborazione con le citate qualifiche direttive, si passava a Segretario, poi - dopo un anno - a Vice Capo Ufficio, indi - dopo cinque anni - a Capo Ufficio. Era una progressione rapida per quei tempi allorché a Funzionario, i pochi eletti, arrivavano alle soglie della cinquantina; salvo le “eccezioni”, ma veramente tali. Avanzamenti qualitativi i “2G” che sanavano lo sconcerto del “numerico” non applicabile in D.G. per organici ridotti per specificità, come prima chiarito.
Venni, però, trascurato poiché la mia posizione fu utilizzata per raggruppare più stanze, far affiorare il “numerico” del quale beneficiarono altri colleghi, più anziani e più “graditi” al Capo che applicò il gioco delle tre carte. Già allora ero denominato il “calabro” per la mia inflessibilità e certa “durezza per coerenza comportamentale” nel lavoro. Non mi lamento ora di quel momento di contrarietà, poiché nel 1974, successivo rinnovo dell’Integrativo, ottenni il riconoscimento (so ubbidire ma a testa alta e senza rinuncia ai principi ai quali dedico ogni attenzione) della “lettera” citata ed iniziai la scalata alla carriera.
Segretario nel 1974, e, dopo un anno, promozione a Vice Capo Ufficio, con il Capo stanza promosso, più che meritatamente, Funzionario. Sempre alle prese con attività che di specifico bancario avevano poca attinenza, ma il Servizio del Personale richiedeva anche di questi “sacrifici”.
Invero, dopo l’entrata a regime del numerico, vi fu il tentativo del Preposto all’Ufficio, già Dirigente, di farmi destinare presso la Struttura del Cral, ove, a capo di 5 elementi, mi sarei potuto fregiare del grado di Capo Ufficio in anticipo rispetto al procedere del “2G”, abbreviando la maturazione dell’avanzamento. Potete immaginare quale muro si alzò contro la mia presenza in luogo ed attività lavorativa che doveva sfuggire a molti controlli. La mia dedizione all’Istituto era, quindi, “beneficiata” da molti veti insormontabili da parte di Sindacalisti prestati al dopolavoro, quali eletti dai lavoratori. Sempre ottimista non ho mollato!
Anno 1978, la Banca edifica - su terreno avuto in omaggio da uno dei Fondatori dell’Istituto - il Centro Sportivo di Via Marco Polo. Gioiello, tuttora esistente, inserito nel contesto urbano della capitale. Il Preposto all’Ufficio dichiara, nel corso di una riunione con altre Strutture della Banca, di essere pronto per la gestione del Complesso. Bugia che comportò la mia permanenza di più giornate presso la omonima Struttura del Banco di Roma per “rubare” loro il mestiere e preparaci alla bisogna. Relazioni, documentazione necessaria per la normale amministrazione, modulistica e specificità per la gestione di impianti, attrezzature ed attività sportive, hanno occupato le mie giornate di inizio luglio 1978.
La mia tenacia, i ricordi di gioventù quale nipote di co-fondatore dell’Ymca in Italia e frequentatore di Impianti Sportivi da sempre, nonché la poliedricità del mio Mentore, hanno scongiurato che la menzogna di materializzasse; compimmo il miracolo e fu così che mi ritrovai ad essere interfaccia nella gestione del Centro Sportivo. La Banca nominava il Responsabile del Complesso che ne doveva assicurare il funzionamento tecnico/amministrativo ed il Cral indicava il Direttore Sportivo che ne avrebbe curato le attività ludiche. La dicotomia generava dei problemi quotidiani che si risolvevano con compromessi e concessioni che, però, venivano alla luce allorché mi recavo in loco per ispezioni/verifiche ad hoc. Documentavo le anomalie, per dovere d’ufficio, e le antipatie subivano dei picchi. Ero, però, pago del dovere compiuto e tiravo dritto per la mia strada.
Anno 1980, é completato il Centro Sportivo di Riano, complesso faraonico ( 44 ettari dei quali 11 attrezzati con ogni possibile struttura: due campi di calcio, pista per l’atletica, due piscine delle quali una olimpionica con sfioro alla finlandese, sei campi di bocce, pista di pattinaggio, 11 campi di tennis - compreso il muro per l’allenamento - palestra, ecc…) fuori Roma ed emerge la necessità della indicazione del Responsabile per la Struttura.
Oltre le attrezzature prettamente sportive vi erano quelle di contorno, quali centrale elettrica con cabina di trasformazione, impianti di riscaldamento vari, gruppi elettrogeni, smaltimento acque scure; insomma una vera cittadella dello sport autonoma e complessa.
Avevamo predisposto tutto il necessario per la gestione, ma la persona prescelta, che si era recata sul posto per una presa di contatto, rientrò in Roma, “spaventato”, rifiutando la destinazione e la scelta cadde sull’allora Responsabile di Marco Polo (Funzionario) il quale, però, non avrebbe potuto attendere al gravoso compito con impegno di responsabilità in solitaria.
Il Direttore dell’Ufficio se ne rese conto, informò sulla necessità il Direttore del Servizio del Personale, in data 31 luglio, e, come ovvio, cadde sulla mia persona l’incarico di Sostituto per la gestione del Centro di Riano, con specifica attribuzione di compiti di tutela del patrimonio aziendale. Avevo dedicato molte ore della mia attività alla parte amministrativa per l’avvio del Complesso ed il premio fu lo sconto di 5 mesi per il passaggio a Capo Ufficio (trentatrè anni di età). Presi servizio, quale Vice Direttore (qualifica, non grado), a Riano il 1° agosto del 1980.
Avevo completato la carriera impiegatizia ed il giorno dopo il mio arrivo, preceduto da intenso lavoro preparatorio dalla Sede Centrale per le necessità del caso ma senza il minimo sospetto di destinazione colà, in data 2 agosto 1980 (sabato), iniziò l’attività del Complesso. Per gli amanti delle coincidenze è il caso di far rilevare la data citata quale altra determinante per il terrorismo: strage alla stazione di Bologna; ma è solo un riferimento temporale, converrete con il sottoscritto, incolpevole e sempre innocente relativamente all’attività di destabilizzazione cruenta del Paese. Turbolento sì, io, ma non fino a quel punto!
Era il trampolino (invero unica attrezzatura mancante nel Complesso Sportivo) per il passaggio a Funzionario; meta ambita, di prestigio ed apprezzabilissima sotto l’aspetto economico. Testa bassa e continuare a pedalare. L’orario ufficiale di lavoro era dal martedì al sabato - ore 9.30/18.00 - ma alle 7.30 circa ero già in servizio e la sera tornavo tardissimo a casa (21.00/22.00 ed oltre). La responsabilità era tanta, domenica lavoravo (lunedì mattina talvolta in Sede per le necessità operative e le incombenze gestionali del Centro). Ogni tanto tre ore retribuite in straordinario, senza recupero, nei primi mesi. Insomma era la mia una presenza costante ed assillante per le incombenze del ruolo ed il personale colà in servizio non dimenticherà facilmente la mia “ombra” che, però, ha dedicato molte attenzioni anche alle loro necessità. Impiegati, Operai, giardinieri, pulitori, Ditte in appalto, forniture varie, ecc…. Anni bellissimi che ripercorrerei tutti se non per l’abbandono della famiglia che mi vedeva, sempre di corsa, e per lungo tempo solamente nei fine settimana, quando frequentava Riano per utilizzare il Complesso, in veste di utente. Moglie e figlio sportivi; la prima allenandosi per le tante competizioni di Maratonina vinte in aggiunta ai Campionati Laziali Amatoriali su pista in più specialità, il pargolo praticando Calcio in Categorie giovanili (Esordienti), Basket, Tennis, Nuoto, ecc…. Ricchi palmares per entrambi, veri sportivi mentre io in attività fisica solo con gli impegni di lavoro dedicati allo Sport.
Un dettaglio farà comprendere lo spirito di servizio che caratterizzò quegli anni: soprannominato Speedy Gonzales, ero in predicato per essere omaggiato di un paio di pattini. Nulla sfuggiva alla mia curiosa attenzione lavorativa, non pensavo ad altro e sempre dalla parte della Banca. Subivo spesso il tentativo di linciaggio lavorativo dai colleghi della Direzione Sportiva - emanazione del Cral - che avrebbero gradito trasformare il luogo, per me pur sempre Banca, in qualcosa di privato con discutibile fruizione arbitraria. Il “calabro” non demordeva, i Superiori lo sapevano e ne erano ben contenti, poiché la Struttura, confinante con il “biondo” Tevere, era un vero gioiello per la bontà della manutenzione ed oggetto di “pellegrinaggio” anche dall’estero per la verifica della qualità e rispondenza della gestione alle varie normative, tutte e tante per gli Impianti di certa complessità. Eravamo presi ad esempio in Italia e da fuori del Paese, motivo di tanto orgoglio aziendale e personale.
L’inaugurazione ufficiale del Complesso fu un avvenimento che ci impegnò moltissimo e la cena nella Club House, con vista sulla piscina, si chiuse con una girandola di fuochi d’artificio lungo il perimetro esterno della vasca olimpionica. Spettacolo pirotecnico, congegnato a mo’ di cascata d’acqua, che fece rimanere a bocca aperta i tanti invitati di lignaggio presenti alla cerimonia, durante e dopo la quale gli elogi si sprecarono quali indirizzati al merito del Direttore e del suo Sostituto (io).
Campionati italiani dei bancari nelle varie discipline, squadre di calcio di serie A, la Nazionale giovanile di Calcio, la Nazionale di Nuoto, quella di Nuoto Sincronizzato, Tornei vari ad altissimo livello e poi la Festa degli Anziani di Banca, ecc…; è impossibile elencare tutte la manifestazioni che davano ancor più prestigio all’Istituto oltre quello conquistato, in primis, nel Settore Finanziario. Per tutte valga l’ultima occasione di grande sport con il Torneo ABECOR di pallacanestro. Le più grandi Banche Europee a competere tra di loro con il Basket.
Organizzare dalla A alla Z, ed oltre, un simile Campionato Europeo, maschile e femminile, fu un’avventura entusiasmante. Abbiamo pensato a tutto e, quando dico tutto, non escludo alcunché; anche per il tabellone della palestra, che era in cristallo, prevedemmo (pluralis maiestatis) la possibile rottura, tra lo sconcerto del geom. Dell’Ufficio Tecnico che oramai ci seguiva in ogni iniziativa senza alcuna reazione se non di approvazione. Non solo, anche un operaio venne fatto stazionare in zona, con le chiavi inglesi per la possibile sostituzione del piano di rimbalzo della palla in rete con altro di riserva, acquistato per l’occorrenza. Esperienza insegna e fu così che, alla rottura di uno dei tabelloni - per una fase di gioco con violenta schiacciata in rete - si pose rimedio in pochi minuti alla sostituzione per un torneo che aveva ritmi elevati di svolgimento, concatenati l’un l’altro.
Prevedere quanto difficilmente pensabile è bravura ed in quella occasione mi presi molte rivincite sui “miscredenti”. Successi “professionali” tanti che mi facevano dimenticare le lotte intestine con la Direzione Sportiva, talvolta disattenta alle necessità della Banca e della Struttura di Riano e sempre pronta a cercare di sostituire il mio Ruolo.
Quante belle iniziative compresa “La notte delle Stelle” con la premiazione, a cura dell’allora Presidente della A.S. Roma Calcio, di Ancelotti - anno 1983, quello del secondo scudetto - ed il sottoscritto tra gli omaggiati dal Dr Viola.
Poi c’erano le competizioni ufficiali alle quali le squadre di Calcio del Cral partecipavano ”calpestando” un campo in erba, regolamentare da Serie A, che era meraviglioso e tecnicamente perfetto.
Gli impianti erano richiesti in utilizzo anche per particolari manifestazioni alle quali la Banca forniva il suo consenso ed ecco la Pallacanestro tra diversamente abili, le partitelle di calcio o gli allenamenti della A.S. Lazio, le partite amichevoli tra Carabinieri in servizio ed in quiescenza della Compagnia di Monterotondo - con annessa rissa in campo sedata con la minaccia di richiesta di intervento della Polizia -, ecc….
Moltissima attività con la Direzione Sportiva che continuava, però, a brigare e fu così che il Responsabile del Centro venne sostituito dal Direttore Sportivo il quale puntò anche sul mio incarico a vantaggio di suo pupillo; ma fallendo il bersaglio. I Superiori sapevano di poter contare sulla mia “dedizione” alla Banca ed io, superato l’ostacolo con accordo di non belligeranza sottopostomi, a quel punto, dal “nuovo” “vecchio” arrivato, ho potuto continuare a lavorare “tranquillo”, distaccato di giorno e, spesso, di notte in quel di Riano. L’accordo reggeva ed il Preposto, constatate direttamente le mie qualità di servizio, mi dette mano libera sulle competenze tecnico/gestionali del Complesso impedendo ogni ostilità in loco, quale precedentemente a me rivolta, e facendo da scudo a piccoli ”rigurgiti” dei detrattori. Quando si lavora, apprezzati, in attività consona non si avverte la fatica e tutto è più facile. I risultati, poi, sono il coronamento del riconoscimento della bontà nel raggiungimento degli obiettivi e, nel 1982, ottenni il premio in danaro per la mancata promozione a Funzionario, in occasione del cambio della guardia di cui prima detto.
Era il preludio del passaggio che mi fu comunicato, l’anno dopo, in anteprima, dall’allora Direttore del Servizio del Personale, per le vie brevi, con decorrenza agosto 1983. Dopo tredici anni di servizio, a soli 36 anni, avevo raggiunto un traguardo ambito e con certa facilità temporale. Il resto era tutto dietro le spalle.
Le favole belle hanno scarsa durata ed ecco Adriano Panatta, sì proprio lui, presentarsi per rilevare, per conto della Federazione Italiana Tennis, gli Impianti che, nel frattempo ed a causa della loro onerosità di gestione, la Banca aveva deciso di cedere al C.O.N.I.. Ricoprivo all’epoca il ruolo di Responsabile del Centro Sportivo poiché il predecessore era rientrato in Sede per occupare il mio incarico di provenienza. Così vanno i giochi, e la partita va giocata con le carte disponibili in mano.
Dopo pochi mesi passo il testimone del mio Ruolo alla Direzione Sportiva, per una Struttura in disarmo e smantellata dopo pochi mesi, e rientro in Sede quale Vice del Preposto alle Anticipazioni al Personale. Come avrei potuto convivere con persona che tentò di danneggiarmi all’inizio della carriera, anche per altri episodi ora tralasciati, senza mie colpe se non il lavoro da “anormale” e la completa dedizione all’Istituto?
In quel frangente ci fu una novità che accettai per la decisione della Banca di affidarmi l’incarico di Sindaco Revisore, di nomina dell’Istituto, presso la Struttura del Cral (compito di natura tecnica con designazione non priva di matrice politica) con obiettivo: fare “pulizia” per quanto di irregolare si supponeva potesse esserci nella gestione del Sodalizio.
La mia presenza e partecipazione al N.A.S. (Nucleo Aziendale Socialista), Struttura con colorazione politica in Azienda, al pari di restanti a rappresentare i Partiti storici della Prima Repubblica, mi aveva fatto il “regalo” così come in precedenza la designazione - in una occasione - quale Rappresentante dell’Istituto nel Comitato Elettorale che doveva curare le votazioni nel Cral. Tutti incarichi gratuiti, si badi bene, ma onerosi dal punto di vista dell’impegno, che esponeva la mia onestà intellettuale ad ogni genere di attacchi da terzi e dai Compagni di azione. Attività gratuite nella colonna delle Entrate, per mia scelta di vita, ma onerosissime per le Uscite per le conseguenze che ho sempre pagato perché pulito e non ricattabile. “Questo chi lo controlla?”, si chiesero, sbigottiti ed impotenti, l’ un l’altro i Compagni, in riunione alla presenza di collaboratrice del Presidente della Banca, anche ella con il freno a mano tirato, davanti alla mia inflessibilità sulla necessità di interessare la Procura di Roma su anomalie gestionali del Sodalizio Cral, nell’ambito dell’autonomia e responsabilità per l’incarico ricevuto da Istituto Pubblico; cosa poi avvenuta, durante il secondo mandato, con iniziativa supportata dal Membro del Direttivo della mia stessa corrente politica. Indubbiamente, entrambi Uomini “liberi”, ispirati al Socialismo lombardiano di rigore morale.
La prima seduta del Comitato Direttivo, con invito esteso ai Sindaci, è da raccontare, anche se non posso, di certo, mostrare l’espressione facciale del Presidente in quella circostanza. Mancava, sul tavolo della Riunione, il Libro dei Verbali per la necessaria stesura del testo delle delibere da assumere ed, alla mia richiesta affinché il documento fosse messo immediatamente a disposizione del Segretario, vi fu il panico – non si usava, sic! - ed iniziarono gli scontri, minuziosamente relazionati all’Istituto oltre che riportati sugli atti del Cral.
La mia opera, supportata da uno dei Membri del Comitato Direttivo, anch’egli di nomina dell’Istituto ed appartenente alla stessa corrente politica, fu martellante e dedicata all’obiettivo assegnatomi finché il Direttore Generale della Banca ventilò e minacciò l’invio degli Ispettori, per la verifica della regolarità contabile del Cral. Ciò in considerazione dei fondi assegnati dalla Banca, a quel tempo Istituto di Diritto Pubblico e quindi con ipotesi di “distrazione di fondi” se non utilizzati in ossequio alle delibere di destinazione degli stessi. Giro di affari/spese per circa due miliardi di lire a Bilancio, se non rammento male.
Preparata la strada, per provocare un salutare scossone, mi dimisi dall’incarico, fece altrettanto il collega del C.D. e gli Amministratori decisero di ritirarsi tutti; si andò a nuove elezioni per il rinnovo delle cariche elettive.
La Banca aveva congelato i fondi nell’attesa e , ad elezioni avvenute con rimpasto e nuovi innesti degli eletti, confermò me ed il collega negli stessi incarichi di propria nomina e competenza. Il Direttore del Servizio del Personale fu più esplicito questa volta:” Noi attendiamo da voi, Membri Banca, e da lei, in particolare (io per il lettore), che è il Sindaco Revisore, che sciogliate le riserve per la passata gestione prima di scongelare i fondi dell’Istituto”. Investitura chiara e con obiettivi indiscutibili, e chiari.
Continuammo - anno 1985 - l’operazione “mani pulite” (noterete l’anticipo temporale rispetto agli avvenimenti che avrebbero, poi, caratterizzato la politica italiana), ma nel frattempo qualcosa era mutato in B.N.L.. Il Direttore Generale era stato sostituito nell’incarico e l’entourage del Presidente fece quadrato intorno al Cral a difesa di costoro.
Nel Collegio Sindacale avevo, intanto, assunto la carica di Presidente.
Trascuro i particolari che ci costrinsero a rendere una “segnalazione” alla Procura della Repubblica di Roma perché le vie del Signore sono infinite e furono percorse tutte, dai nostri avversari, per scongiurare il pericolo che affiorasse quanto da noi evidenziato di irregolare nella gestione del Cral.
Ero da poco stato - nel frattempo - destinato ad altro incarico, per desiderio soddisfatto, poiché la convivenza era risultata impossibile con il Superiore che non stimavo per nulla affatto, in altra Sede e colà ero stato avvicinato da un Sindacato (Sindirettivo, aderente alla Federdirigenti - CIDA) perché assumessi il ruolo di Rappresentante Sindacale Aziendale (R.S.A.); cosa che avvenne ed iniziai l’attività specifica in aggiunta al lavoro da Funzionario addetto alla Sicurezza del Centro Elaborazioni Dati. Di fatto l’Ufficiale di picchetto per tutto il Complesso, in turni con altri colleghi; non ho gradito la previsione dei turni festivi, non c’era traccia contrattuale al riguardo per la qualifica alla quale appartenevo, ho fatto valere le mie ragioni e la convivenza colà è durata poco tempo. Trasferito in Via V. Veneto, nuovamente, prima che potesse essere avviata la turnazione festiva da me eccepita e bloccata per come poi osservata da “volontari” alla bisogna.
Ma torniamo a quel periodo ed al Sindacato del Personale Direttivo poiché, durante il Congresso della Struttura in Rimini fui indicato anche quale Consigliere Nazionale della Delegazione Aziendale B.N.L. e mi tuffai nel compito di Sindacalista, ancorché del Personale citato. Il Presidente della Federdirigenti-CIDA era un nostro Dirigente B.N.L., Segretario del Consiglio d’Amministrazione della B.N.L., ed in tale veste assistette, impassibile alla stesura del verbale del C.d.A. dell’Istituto dal quale risultò che un Revisore dei Conti del Tribunale di Roma aveva verificato la contabilità “a campione” escludendo qualsiasi anomalia. I denunciati avevano lavorato su due fronti, con l’ausilio di appoggi interni. L’inchiesta venne chiusa dopo aver acquisito la relazione del Revisore.
Il danno e la beffa confezionata per coloro che, gratuitamente avevano lavorato nell’interesse dell’Istituto perché con nomina del Direttivo del Cral, un Revisore dei Conti iscritto all’Albo dei Tecnici del Tribunale di Roma, che ha ricevuto incarico retribuito dai denunciati, ha verificato la contabilità “a campione”. Il Revisore ha poi ricevuto mandato di verifica, retribuito, dei Bilanci successivi del Cral. Non ci rimase che rassegnare le dimissioni dal Sodalizio ed io anche dal Sindacato che non aveva difeso il mio ruolo. Ogni altro commento è superfluo poiché anche il lettore più sprovveduto, ma dotato di un pizzico di fantasia, ha compreso bene, la sequenza degli avvenimenti che poi sfociarono, in grande stile e con altre dimensioni e coinvolgimenti, nel 1992 nel ripulisti per la Prima Repubblica.
Le mie dimissioni dall’incarico nel Cral, sono state accolte dopo svariati mesi dalla Banca che, aveva però nominato altro collega il quale, improvvidamente, ha firmato il Bilancio del Cral, ancora al momento sub iudice; tutto era stato messo a tacere. In quella occasione, “postuma”, la nota del Presidente dell’Istituto, mi comunicava i ringraziamenti personali ed a nome della Banca per l’opera prestata.
Ci ritrovammo con il Big, anni dopo, durante la presentazione del suo libro “Banchiere di Complemento”, presso la sede della Stampa Estera, ed egli, in compagnia dell’attuale Presidente della Camera dei Deputati, che conobbi nell’occasione, non più Presidente B.N.L. ma Deputato della Repubblica, ebbe parole di elogio per me.
La superiore Ragion di Stato aveva prevalso sulla Verità.
Si conclude il primo tempo della storia; “E quindi uscimmo a riveder le stelle”.
Chiesi destinazione in altro Ufficio e fu così che approdai alla Tesoreria della Direzione Generale, poi riunita - con l’Ufficio Banche e l’Ufficio Titoli - nell’Area Finanza; incarico pieno di incognite per me, stante la professionalità fino ad allora maturata.
Testa bassa e pedalare! Funzionario mi ritrovai con tabulati dei quali poco comprendevo. Gli Operatori di Tesoreria, a lato, vendevano e compravano denaro attendendo alle necessità di Liquidità dell’Istituto. Spolverai i ricordi scolastici, pochi e vetusti e mi tuffai in quella attività che trovai congeniale. Levantino di nascita e, forse, di mentalità, mi avventurai in un Mercato, seppur Finanziario, che mi affascinava ed attraeva.
Iniziai le prime trattative in un Mercato che presentava una forbice molto aperta sui tassi. Si passava dallo 0,50% (interesse che la Banca d’Italia riconosceva sulle giacenze “infruttifere” a fine di giornata sul Conto di Gestione nostro presso di essa) a tassi ben oltre il 10%, con punte più elevate e di molto, nei momenti di tensione e carenza di Liquidità, ovvero quando l’Istituto di Emissione chiudeva i cordoni per regolare l’inflazione.
Correva l’anno di grazia 1984, che stava per chiudersi, ed iniziava la mia avventura di Operatore di Tesoreria. Ogni notizia economica, politica, di natura sociale, ecc…, era “ascoltata”, prevista - per quanto possibile -, e valutata nell’ottica dei tassi di Mercato che subiscono oscillazione ad ogni stormir di fronda; almeno così era all’epoca, senza B.C.E. e con inflazione galoppante.
Ogni mattina si verificava la Situazione di Tesoreria, rispetto a quella della sera prima; si valutavano le novità; i Pronti contro Termine di Finanziamento o di Impiego, lanciati dalla Banca d’Italia - che così disciplinava il Mercato orientando il tasso degli Overnight e delle altre operazioni di Tesoreria -; si impostava la strategia dell’Istituto sul breve e sul lungo periodo, adeguandola continuamente; ci si presentava alle altre Banche per le compravendite di denaro della giornata - sulle varie scadenze - e si operava prestando attenzione ad ogni notizia che potesse far variare le condizioni nel contesto nazionale ed internazionale. Si affinavano le capacità previsive e si raccontavano solenni bugìe, a tutto spiano. Chi ben mentiva operava al meglio per il proprio Istituto e, poiché eravamo menzogneri, il migliore era colui che la dava a bere con estrema naturalezza durante le trattative telefoniche con i Corrispondenti.
Tutto bene in quel periodo, mi ero inserito con “naturalezza” nel nuovo lavoro acquisendo rapidamente una “professionalità” specifica bancaria di certo spessore, considerato che il mio arrivo era stato apostrofato con: “Finora non hai mai fatto Banca!”
Il Direttore dell’Ufficio Tesoreria valutò positivamente le mie doti di tenacia, “combattività” nelle trattative, mentitore nell’interesse dell’Istituto, confermandomi nell’incarico e proponendomi per il passaggio di grado dopo circa due anni. Al momento delle promozioni, però, altra fregatura con scuse del Capo:” A luglio non ho potuto insistere più di tanto” (traduzione: prima i raccomandati), “ se ne riparla a settembre”.
Breve visita alla Madonnina, presso la Bocconi, per la frequenza di un Corso - Full Immersion - di specializzazione in Tesoreria, a cura e spese B.N.L. ed A.T.I.C. (Associazione Tesorieri Istituti di Credito), ed assaporai nuovamente, a pieni polmoni, l’aria universitaria, rammaricandomi di non aver chiuso il ciclo di studi relativi.
Nella attesa del “lieto evento” cambia il Direttore Generale (vuoi vedere che il tentativo di inviare gli Ispettori al Cral gli è costato il posto?; battuta del redattore) ed anche il Direttore all’Ufficio Tesoreria, Responsabile del Reparto nel frattempo riunito con gli altri prima citati nell’Area Finanza, viene “allontanato”.
Colui che sostituisce quest’ultimo è persona che apprezza le mie qualità professionali e ripropone la candidatura per l’avanzamento di carriera. La Banca si era in quegli anni dotata di un gruppo di elementi ”M.I.F.” (Master Intermediazione Finanziaria), imbottiti di notizie per ben due anni dopo l’assunzione con Laurea con il massimo dei voti. Dopo il corso interno, i colleghi in questione, per circa altri due anni hanno potuto frequentare tutto ciò che riguarda la Finanza della Banca e molti di loro, se non tutti, hanno lavorato al mio fianco. Feci da Maestro, li svezzai, insieme ai restanti colleghi del Reparto, alle trattative ed alle necessità pratiche della Tesoreria e del Mercato Interbancario. Dopo tanta teoria ecco la pratica, vicino ad un volpone di Tesoreria, quale ero solito definirmi, e le note di qualifica (nonostante il mio carattere “calabro”) erano ai vertici dei giudizi, vicine alla realtà. Molti successi e soddisfazioni, senza riconoscimenti tangibili, però, se non le proposte che trovavano realizzazione allorché a prima mattinata si chiudevano trattative per svariate centinaia, migliaia, di miliardi (lire) a tassi competitivi; si guadagnava per l’Azienda ed ero fiero di contribuire alla parte positiva del Conto Economico.
Si trattava anche l’Hot Money (denaro caldo o tasso Fiat) fornendo liquidità relativa ed indicazioni alle Filiali per le loro iniziative a favore di clienti di particolare riguardo; si decidevano i tassi per la partecipazione alle aste di B.O.T. ed altri Titolo di Stato; si definivano, adeguandoli via via alle mutevoli condizioni della giornata, i tassi per l’Interbancario, in acquisto e vendita. Insomma, si faceva Finanza a 360°.
Era una droga, oramai, quel “ Mercato” al quale la Banca aveva, però, deciso di destinare, con i gradi più elevati e con scavalco, i M.I.F.. Il giochetto si ripete: il Funzionario - procuratore con firma - ad operare nell’interesse dell’Istituto ed i nuovi arrivati (con gradi ancora del settore impiegatizio, preparati in teoria ma carenti di pratica) presenti alle varie riunioni dove si modificavano i sistemi lavorativi e si adeguavano le necessità al mutare dei contesti nazionali ed internazionali per le nuove procedure di Mercato. Massimo delle note di qualifica che non otteneva riconoscimenti con i premi in denaro, allora di recente istituzione; resistenze per il sostegno della promozione da parte del Preposto all’Ufficio, in contrasto con la sollecitazione del Dirigente dell’Area Finanza, ecc….
Arriva, però, la promozione mentre le distrazioni del diretto Superiore della Tesoreria, che mi apprezzava ma “tenuto al chiodo”, continuavano e così decido che era l’ora di levare l’ancora per altri lidi. Dopo un anno ritorno al C.E.D., però in Reparto di competenza dell’Ufficio Banche - altra branca della Finanza - con attività attinente alla mia preparazione, oramai di Banca e specializzata.
Trattavasi di Ufficio distaccato della Sede Centrale, colà ubicato, con due colleghi: il Responsabile, Vice Direttore, ed il Sostituto, un Funzionario mio pari grado ma con anzianità di servizio sulle spalle. In punta di piedi mi sono inserito tra due figure che da circa trent’anni lavoravano insieme in varie realtà, ma tutte similari tra loro; si può immaginare con quanta “delicatezza”.
Si lavorava alle dipendenze dell’Ufficio Banche ma per la Tesoreria; e sì che ne ho viste di stranezze in Banca, ma mi creai uno spazio ed un ruolo tutti miei.
Ho applicato le mie conoscenze in materia di saggi d’interesse intervenendo, presso tutte le nostre Filiali ad alto livello, con indicazione dei tassi di tenuta dei Conti Reciproci dei Corrispondenti. Anche dal Settore di provenienza, che interveniva sulle Filiali con messaggeria elettronica per sollecitare le opportune modifiche dei tassi di tenuta ogni qualvolta necessario, ricevevo richieste di indicazione per quanto stessi facendo, al fine di valutare più completamente il da farsi, e ciò lusingava la mia preparazione specifica.
Entravo, poco alla volta, anche nello specifico di livellamento dei Saldi dei Conti Accentrati, oltre a quelli Reciproci, fornendo, con diplomatica discrezione, indicazioni operative ai due colleghi. Piena autonomia, insomma, in loco e dalla Sede Centrale, e direttive ai due colleghi - privi di cognizioni complete del Mercato - i quali erano soliti chiedere, per dovere d’Ufficio, lumi ogni mattina in Tesoreria.
Nel settembre 1992 va in pensione il Responsabile dell’Ufficio e così mi salvo da un tentativo, beffardo, che mi voleva di nuovo in Sede Centrale, stesso Ufficio di provenienza, senza avanzamento di grado, peraltro colà assegnato in mia “assenza” ad altro dipendente, bravo ma raccomandato. L’esodo del collega mi ha evitato una ulteriore fregatura.
A quel punto decido di riprendere l’attività sindacale iscrivendomi al Sinfub, una delle due Strutture che seguivano allora, specificamente, il Personale Direttivo, e sono eletto R.A.S. per la Unità Produttiva di appartenenza; poi anche Consigliere Provinciale.
Restiamo in due in stanza fino al maggio successivo, quando il collega -rimasto dalla “coppia” originaria - decide di lasciare anch’egli il lavoro. Io sono beneficiato di un premio in denaro e mi viene affiancato altro collega Funzionario sul quale eviterò ogni accenno perché è stato un periodo complicato sul piano umano per le difficoltà ad interloquire con lo stesso, provato da grave lutto in famiglia, a sua attenuante. La Banca aveva deciso di parcheggiare colà il “nuovo” arrivato, nell’attesa del suo pensionamento.
Lavoro, Sindacato ed Assistente Sociale, tutte attività che svolgevo con certa autonomia e soddisfazione, non riconosciuta nonostante le note di qualifica al massimo. Protesto con il Presidente dell’Istituto - per iscritto -, premettendo che non mi sentivo un mercenario, vivevo in modo soddisfatto per il traguardo raggiunto, ma …, aggiungendo, che un abbassamento delle note, conseguente alla protesta, non avrebbe creato traumi alla mia persona. La cosa si verificò puntualmente, sul mio nominativo c’era una crocetta in Direzione Generale e la carriera di bloccò. Conto più salato non mi poteva essere presentato alla consumazione dei miei principi di vita, lavorativa e non.
Tetragono, ho, proseguito per la mia strada, modificando l’operatività, all’atto dell’assunzione completa dell’incarico per il Livellamento dei Saldi Liquidi, con adeguamento alle condizioni di calcolo del momento dei tassi di tenuta dei Conti Accentrati, senza seguire le indicazioni di massima, peraltro nel prosieguo mai più sollecitate all’Ufficio Tesoreria, del quale non condividevo la strategia gestionale. Non chiedevo lumi e non ero contattato in merito; informavo costantemente delle Entrate che ottenevo - per Cassa - dai Corrispondenti al fine di ridurre le esigenze di acquisti per Tesoreria sul Mercato della Liquidità (Interbancario); ogni trimestre inoltravo il rendiconto della gestione ed a fine anno il Bilancio con risultati di segno opposto ai precedenti, senza subire, ripeto, alcuna contrarietà al mio procedere, orale e/o scritta.
A fine anno 1993 respingo, per l’incarico di natura sindacale ricoperto, altro tentativo di trasferimento in Sede Centrale - sempre Tesoreria, ero in gamba evidentemente ma non mi si voleva riconoscere il grado maturato - ma vengo cooptato nella sfera di competenza dal Dirigente della Tesoreria dal quale ero “scappato” per divergenze professionali, diciamo così per brevità e per non citare ulteriori episodi sui quali avevo esternato le mie perplessità perché non in linea con i miei intendimenti lavorativi quali ritenevo consoni all’Istituto, oltre che per le frenate per la carriera delle quali ero fatto oggetto.
Anno 1995 il lavoro si dimezza, poiché la responsabilità sulla indicazione dei tassi viene assunta dalla Sede Centrale ed i relativi Conti Reciproci traslati sulle rispettive Filiale di competenza. L’opera di smantellamento proseguiva senza soste. Sopravvivo quasi in solitaria perché da solo e sempre in piena autonomia gestionale continuo a perseguire gli interessi della Banca. Nel 1997 il collega “problematico” di cui prima viene destinato altrove e resto in perfetta solitudine, anche fisica, ad attendere al compito del Livellamento dei Saldi Liquidi dei Conti Accentrati; sempre con piena autonomia e mi ripeto perché è importante la sottolineatura. Trattavasi di spostamenti di denaro per oltre 100 miliardi di lire ogni giorno (anno 1998 per circa 15.000 miliardi, sempre di lire, annue) che comportavano utili direttamente sul Conto Economico dell’Istituto per gli interessi che maturavano su tali somme in giacenze, preferibilmente presso di noi che non altrove ed utilizzabili sull’Interbancario per le necessità di Liquidità della Banca.
Aprile 1999, vengo di nuovo minacciato di trasferimento che, vigente la qualifica sindacale, evito ancora una volta; ma il lavoro mi é sottratto e portato in Sede ed io destinato ad alto incarico. Dopo pochi mesi l’attività rientra nell’ubicazione ove continuavo a prestare servizio, in altro Reparto, e ciò la dice lunga sull’atteggiamento di alcuni personaggi della Banca che oramai mi avevano, da tempo dichiarato guerra.
Non trovando sbocchi legittimi alla mia situazione lavorativa decido allora di rivolgermi all’Ispettorato, poiché ritenevo che qualsiasi anomalia nel lavoro andasse rapportata - estrema ratio - a coloro che ritenevo competenti. Chiedo ed ottengo colloquio riservato e parlo con un Ispettore il quale, poco a poco, entra nella questione ed inizia a “capire”. A fine seduta, preoccupato, mi chiede un pro-memoria, da non spedire però, e da consegnare direttamente a loro e, per conoscenza, al Direttore del Servizio, nel frattempo non più quello dal quale dipendeva il diretto Superiore con il quale ero in contrasto “ di ‘interesse’ ” per conto della Banca.
Così mi regolo il giorno dopo, ed al danno si aggiunge la beffa. Chiarisco. Passano alcuni mesi ed, al rientro da una riunione di natura sindacale in zona Via V. Veneto, decido di passare ad omaggiare dei miei ossequi il Direttore del Servizio, Struttura nel frattempo denominata “Area Finanza”, il quale mi consegna, ovvero tenta di consegnarmi una lettera di diffida perché avevo “cartolarizzato” troppo. Udite, udite, invece di entrare nel merito della mia segnalazione, ben tre Servizi - Personale, Ispettorato e Finanza - avevano deciso che dovevasi punire il ribelle, indipendentemente ed a prescindere dalla valutazione delle affermazioni documentate e gravi sulla gestione passata che si eccepiva. E pensare che attendevo al mio lavoro, quale assegnatomi, senza ritardi, ritagliandomi gli spazi anche per l’attività sindacale.
Era stato un mio atto di legittima difesa, poiché, in assenza di altri segnali avevo anche chiesto, invano, il placet del Capo dell’Area Finanza sul mio procedere lavorativo che cominciavo a dubitare potesse non essere valido. Non ho ritirato la lettera che mi è stata spedita a casa.
Da quel momento la guerra, non ancora dichiarata con invio di ambasciatori, era stata ufficializzata. Ho continuato a lavorare come prima ed a protestare con i dovuti strumenti che avevo a disposizione vedendomi rifiutata anche la via gerarchica per arrivare fino al Presidente dell’Istituto; il muro di gomma si era levato ancora più alto contro di me. L’amarezza era tanta ma altrettanta la voglia di non flettere le ginocchia.
Avevo lasciato, a diciotto anni e per motivi di studio, una terra infestata dalla “ ’ndrangheta ” che spara, e, per motivi di lavoro, avevo messo radici al Nord, ove - ironia della sorte - ho scoperto un’altra “malavita”; quella che non fa “rumore” ma cerca di “zittire”, ugualmente, le persone oneste. Senza paura, more solito, non mi rimase che vestire i panni del Sindacalista, a tutto tempo, nella lotta per la sopravvivenza e per continuare nella “camminata” a testa alta.
Si chiude il secondo tempo della storia;”Puro e disposto a salire alle stelle”.
L’attività sindacale ha, così, preso il sopravvento nell’anno 2000 (maggio) allorché sono stato sollevato da ogni incarico lavorativo, inseguito dal Mobbing al quale ho reagito a modo mio. Ho dedicato, allora, pochi giorni alla stesura del presente testo, limitato a quella data ed oggi privato da alcune parti di disquisizioni tecniche sul lavoro di Tesoreria e sulle varie anomalie da me riscontrate e denunciate, prima all’Ispettorato e poi, coram populo, con l’invio dello scritto a tutti i Vertici Aziendali.
Mi sono sfogato per benino perché già da piccolo mi chiamavano “gigetto senza paura”, figurarsi da grande. Ci fu un po’ di trambusto, ma le consegne erano quelle del silenzio istituzionale. Così trascurato mi sono dedicato completamente all’attività sindacale ritrovandomi, nell’anno 2001, in aggiunta agli incarichi prima indicati, quale Membro Supplente del Sinfub in B.N.L.; praticamente nello Staff che trattava con l’Azienda per la Sigla di appartenenza. In tale veste ho elaborato la bozza del Contratto Integrativo che il Sinfub ha poi presentato in Direzione Generale, Ufficio Sindacale. Questo Ufficio, considerati i miei pregressi di lavoro e sindacali, nonché il nuovo incarico, che mi poneva in antitesi diretta con l’Azienda ai massimi livelli, fece di tutto per “eliminarmi” dal Sindacato. Operazione riuscita a metà luglio allorché avvennero le prime avvisaglie di Mobbing sindacale nei miei riguardi. Tintinnìo di denari (trenta) e pressioni sindacali perché mollassi la presa con l’offerta di altri incarichi di prestigio ma lontano dal luogo della pugna per non infastidire i manovratori delle due sponde.
Ero, però, preparato perché oramai avvertivo i nemici, ex-amici, a distanza e, poi, fermo sulla determinazione che “è meglio morire all’impiedi che vivere in ginocchio”, trassi le considerazioni del caso. Fu così che accettai l’invito a passare ad altra Sigla sindacale, che mi coccolava da tempo, ove assunsi l’incarico di R.S.A. per il C.E.D. della Falcri B.N.L., con la quale, precedentemente, collaboravamo in abbinata per un accordo tra i Vertici delle due Strutture. Quest’ultima aveva già messo l’occhio sulla mia capacità specifica e non si fece sfuggire l’occasione di annoverare un tale “campione” tra le sue fila ove già militavano elementi d’eccellenza (per tutti “Paraponzi” - vedi Blog alla data dell’8/12/2006). Del resto il Contratto dei bancari vedeva oramai tutte le Sigle accomunate nella stesura del testo unitario, eccetto che per i Dirigenti.
Dopo pochi giorni ebbi l’onore di trattare ed apporre una delle due firme per la Falcri B.N.L. sul Contratto Integrativo Aziendale sottoscritto con la Banca.
Alla fine dell’anno si tenne il Congresso Nazionale della Sigla, dopo i lavori preparatori del nuovo Statuto al quale presi parte più che attiva, e ne fui il Presidente. Momenti di crescita sindacale esaltanti e rientrai a casa con gli incarichi di Membro della Segretaria Nazionale, Membro del Direttivo Nazionale e Membro dell’Organo di Coordinamento; in pratica uno dei cinque sindacalisti che agivano in nome e per conto della Struttura. Troppa grazia S. Antonio e, forse, immeritata; mi rimboccai le maniche e giù a lavorare sodo. Riunioni, trattative, Congressi, denunce varie con ispezioni conseguenti delle ASL di competenza - con procedure a carico dei Responsabili aziendali - , scioperi, vita sindacale a tutto campo, senza soste, ma senza distacco dalla sede di lavoro, pur senza svolgere alcuna attività specifica di Banca, per scelta di altri e non certo mia.
Inizio del 2002, quale “capo” della Delegazione sindacale convocata dalla Direzione Generale per l’incontro di semestrale/annuale con l’Amministratore Delegato, accompagnato – questi - dal Direttore del Servizio del Personale e dal Preposto all’Ufficio Sindacale, mi tolsi una delle più belle soddisfazioni, forse, della mia vita lavorativa. Senza il forse.
Il mio intervento fu di aperta critica, corretta, pungente, senza timori reverenziali, per la pessima gestione del Personale, con esplicazione dei motivi, e con aspra “reprimenda” per i Bond Argentina; lo scandalo non era ancora scoppiato nelle sue reali dimensioni, ma avevamo visto giusto. Lor signori erano relativamente “freschi” di Banca (l’A.D. già mio Capo supremo all’Area Finanza) e fu gioco facile chiarire, tra le altre cose, che noi eravamo già nel ruolo di Personale Direttivo (Funzionari) al loro arrivo in Istituto e lo saremmo rimasti all’atto della loro dipartita lavorativa (cosa che poi avvenne per i due Big presenti) verso altri lidi; era nostro dovere pensare anche al buon nome della Banca, oggetto di ogni disattenzione operativa e cattiva gestione del personale, già da tempo, da parte di tutte le meteore che la” colpivano” durante il loro breve passaggio.
L’Amministratore Delegato, vistosamente innervosito lasciò , da ospite che riceveva Delegazione convocata dalla Banca, la Riunione - senza salutare -, seguito dagli accompagnatori che accusarono i colpi di “ariete” loro assestati, con stile e linguaggio forbito, come si conveniva da parte di un Funzionario forgiato alla scuola del Personale. Seguì un “feroce”, doveroso, Comunicato Sindacale ed il tutto sfociò nel diniego, dopo pochi mesi, alla presenza della mia persona all’Assemblea annuale della B.N.L. per l’Approvazione del Bilancio Anno 2001, ove ogni Sigla indica - dietro richiesta B.N.L. - un nominativo partecipante in veste di Ospite. Ci fu un veto insormontabile, di pessimo gusto, verso di me ed il temuto mio intervento alla platea dei presenti in quel consesso; conseguentemente, la mia Sigla disertò la Riunione, evitando di indicare un Sostituto. Prima ed unica volta nella storia dell’Istituto, nella quale ho lasciato abbondanti tracce e non solo per tale episodio.
Dimenticavo di narrare che a fine Riunione con l’A.D., & Co., uno dei due colleghi di Sindacato, con me presenti, un vero tecnico della materia, specie rara anche per le sue capacità politico/sindacali, esclamò:”Ti bacerei in bocca per la soddisfazione!”. La sua “ammirazione”, ampiamente ricambiata per tutta la sua attività, prima, durante e dopo, il mio permanere nella Sigla, non ebbe seguito, fermandosi al pronunciamento dovuto all’euforia per la vittoria nell’occasione. Dettaglio, questo, a beneficio dei curiosi/morbosi!
Fui raggiunto, l’anno successivo, da una “diffida scritta” perché utilizzavo la messaggeria elettronica per l’inoltro di documenti di natura sindacale all’interno dell’Istituto, attività che altre Banche favorivano già da tempo. Il collega di cui sopra, coraggio e carattere da vendere, si auto-denunciò, chiedendo pari ridicola condanna su di sé, perché era tale l’intesa raggiunta nella nostra Sigla, poiché tutti - di ogni Sindacato - si utilizzava lo strumento in parola, e per mettere la Banca in condizioni di criticità comportamentale; ma fu l’unico a farlo e si ritrovò diffidato anch’egli. Il coraggio che latitava nel Don Abbondio manzoniano lo avevamo “rubato” e diviso noi due, io e Dario. Medaglia al valore sindacale sul petto per entrambi e, dopo la mia uscita dall’attività di banca, la messaggeria fu autorizzata quale veicolo informativo per l’attività sindacale da parte degli "addetti ai lavori".
Torniamo all’anno 2002 perché continuò un periodo di turbolenze. La Sigla era battagliera, io non da meno, e ci ritrovammo a trattare anche con l’Azienda ed il Fondo Pensioni per il Personale B.N.L. la trasformazione di questo Ente da Fondo a “regime a prestazione definita” a “regime a contribuzione definita”. Il Patrimonio del Fondo era di circa 2.600 miliardi di lire, interessi di parte a non finire, ed iniziarono vere battaglie di contenuto e procedurali. Tre sindacalisti della Falcri B.N.L. ed io il quarto - ma non “ultimo”, anzi - moschettiere ci avventurammo in una guerra che non ci ha visti completamente vincitori, ma con bottino di certa soddisfazione a favore di tutti i colleghi Soci.
Riuscimmo ad ottenere, contrastando e contestando, con dovizia di atteggiamenti tecnici di ampio respiro, competenza e contenuto, la Presidenza dell’Ente - allora ricoperta dall’attuale Presidente della CO.VI.P. -, per tutti i Soci, un Premio di trasformazione quale via di mezzo tra l’offerta del Montante (volontà dell’Azienda e del Fondo) ed il Valore Attuale, secondo il principio della Riserva Matematica, di quanto versato negli anni (diritto maturato dai colleghi). Con avvicinamento più verso questo ultimo legittimo traguardo che non potemmo, però, conseguire per le resistenze dei Sindacati maggiori “distratti” (eufemismo) da altre faccende. Lo Statuto fu modificato in senso peggiorativo – ex-tunc e non ex-nunc come sarebbe stato, semmai, più corretto - rispetto al precedente ed ai diritti acquisiti, anche per la parte normativa; colpevole il voto della maggioranza dei colleghi a ciò indotti da altre Sigle sindacali, ma noi riuscimmo, però, a limitare i danni grazie alla nostra azione di lotta che non conosceva soste.
Primi dei non eletti nella consultazione elettorale su base nazionale per il Consiglio d’Amministrazione del Fondo e per il Collegio Sindacale, nel frattempo tenutasi, rispettivamente un collega (Paraponzi; soprannome) della Sigla ed io, abbiamo provocato una tale “apprensione” nella Struttura per la lista d’attesa, che, all’atto della modifica dello Statuto, ne motivò la nuova norma la quale prevedeva la sostituzione di uno degli eletti per cessazione, con nuove votazioni. Gli “assediati” (Banca, e Sindacati maggiori) avevano previsto ogni possibile forma di blindatura del Fondo ed ebbero la soddisfazione di procedere a nuove elezioni allorché si verificò la necessità di dover sostituire Membri Eletti, cessati dall’incarico, eludendo i nostri risultati di voto che avevano creato molto scalpore proprio al Servizio del Personale - in particolare -. Infatti, nonostante gli inviti del Direttore, accompagnatore dell’A.D. nell’episodio prima narrato, ottenemmo una messe di preferenze, in uno con i lusinghieri risultati complessivi, per la stima che i colleghi, che mi avevano conosciuto direttamente, mi dedicavano. Fu la caccia alle streghe, per punire i colpevoli ma vana per la segretezza nell’urna.
La longa manus aziendale si allungò di nuovo, in modo perentorio e minaccioso, verso di me ed io riportai delle “ferite” ulteriori; del resto per bloccare una carica in battaglia si cerca di mirare ed abbattere i Capi più ardimentosi, gli altri e la truppa si fermano. Ferite rimarginate utilizzando il medicamento della stima di quasi tutto il quadrato ufficiali coraggiosi e dei colleghi in rivolta non appena si è sparsa la notizia di un probabile licenziamento. Minaccia poi non materializzatasi anche per le reazioni della piazza, subito in agitazione, in contemporanea con la manifestazione in Roma indetta dalla CGIL di Cofferati, la cui componente in Azienda sposò la mia difesa ad oltranza. Soluzione finale tentata dalla Banca, peraltro contestata e contrastata anche dal Direttore del C.E.D. che mi aveva in organico e che non perdeva occasione di comunicarmi la sua stima, confessando che non poteva far nulla per riportare nel giusto l’atteggiamento complessivo di alcuni Personaggi dell’Istituto a me avversi.
Il Sindacato Falcri, del quale fa parte la Falcri B.N.L., fu interessato da invito, rivoltogli dall’Associazione Bancaria Italiana (A.B.I.) su pressione della B.N.L., per fermare “ iniziative di dirigenti di codesta Federazione che stanno creando notevole turbativa nell’ambito delle relazioni sindacali e dell’operatività aziendale” (traduzione per i non addetti ai lavori: ci sono sindacalisti che adempiono appieno al loro dovere e non riusciamo ad “addomesticare”).
Mai medaglia al valore sindacale, condivisa con altri tre colleghi che sono rimasti in servizio, ed ancora oggi in prima linea, è stata più brillante, appesa immediatamente ed esibita sulla “divisa” e poco dopo sugli abiti civili, poiché, maturato il diritto alla pensione, e per sopravvenute necessità esterne al mondo del lavoro, con motivazioni serie e non le “amenità” finora raccontate, ho lasciato la Banca, con dimissioni (30 dicembre 2003). Privo di rimpianti e consegnando alla Storia aziendale le tante tracce del mio passaggio, non certo inosservato ma carico di significati morali, quali riconosciuti ancora oggi.
Ho vissuto momenti bellissimi in Banca, alla quale devo tutto, e nel Sindacato, gratificanti per i successi e per i rapporti umani. Ho partecipato a momenti di crescita della e nella Banca e sono consapevole di aver contribuito alla positività del Conto Economico; ho lavorato in tanti Settori; ho atteso alla Finanza assumendo decisioni immediate e di certo spessore (centinaia di miliardi di lire che gestivo quotidianamente ottimizzando i risultati); mi sento, chiudendo il Bilancio della mia vita lavorativa “attiva”, soddisfatto anche se i riconoscimenti non sono stati pari ai risultati conseguiti sul campo ed alle attese. Ma la vita è come la trincea, non appena alzi la testa fioccano le pallottole!
Ho pagato un prezzo esoso il mio essere “pulito” ed il culto della Verità, l’essere coerente ed aver ubbidito al senso del dovere, senza genuflessioni; “il piacere dell’onestà” costa.
Ho potuto esprimermi al meglio delle mie capacità di coerenza perché accompagnato, nella vita, da una donna eccezionale, un “porto” ed un “faro” per ogni riparo e navigazione difficoltosa. Grazie a lei, moglie perfetta, madre attenta e lavoratrice in casa, oltre che di certo spessore e qualità nella Società “civile” per impegno di livello superiore tra le “carte bollate”. Costei mi ha sostenuto in tanti momenti difficilissimi, ricordandomi spesso - tra l’altro - che i dipendenti degli Istituti di Credito nascono già “preparati al peggio” ma le Banche completano l’opera, e mi ha aiutato nel superamento anche di ogni angoscia lavorativa. Mi ritrovo, quindi, oggi soddisfatto per aver lasciato un’impronta di coerente onestà intellettuale quale ancora adesso mi viene attribuita, “alla memoria”, in vita.
Oggi, “liberto”, apprezzo la Libertà e “L’Amor che muove il Sole e l’altre stelle”.
L. M.
Dicembre 2007
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