Home > Unica pista, gli insurrezionalisti
GLI ATTENTATI DI STURLA La mano della "Brigata 20 luglio", la stessa che
colpì vicino alla Questura di Genova il 9 dicembre 2002
Sequestrata la rivendicazione diretta al Secolo XIX
Roma La pista è oramai una soltanto: quella che porta dritta ai gruppi
anarco-insurrezionalisti. Il ministro degli Interni, Beppe Pisanu, non ha
dubbi. E lo ha detto chiaramente, pur in attesa che sia vagliata
l’attendibilità del volantino di rivendicazione, diretto al nostro
giornale, ma "intercettato" dagli inquirenti. «Con le due bombe esplose a
Genova è tornato a farsi vivo il terrorismo anarco-insurrezionalista.
Ancora una volta. Come era già accaduto a Genova il 9 dicembre del 2002 ed
a Bologna nel dicembre scorso, lo scopo era quello di uccidere, con il
secondo e più potente ordigno, i poliziotti che fossero accorsi in seguito
alla prima esplosione - si legge in una dichiarazione del ministro
diffusa, a sera, dal Viminale - La rivendicazione è attualmente al vaglio
degli investigatori. Ma la sigla F.a.i/Brigata 20 luglio è la stessa che
si è già attribuita l’attentato del 2002»
Altri elementi, però, hanno indotto il ministro degli Interni a puntare
con decisione la pista anarco-insurrezionalista: «La feroce aggressione
alle forze dell’ordine è una costante di questo movimento eversivo, che
spesso è riuscito a praticarla nelle piazze e nei cortei, cercando di
creare un clima che ha raggiunto persino le curve degli stadi».
Pisanu era giunto a questa determinazione, ancor prima che arrivasse il
volantino di rivendicazione. Sono molti gli elementi che hanno convinto
gli esperti dell’antiterrorismo del Viminale a scartare quasi subito altre
possibili matrici. Attentati come quello al commissariato di Sturla, per
quanto potenzialmente devastanti, non necessitano di un’organizzazione
capillare o militarizzata, né, tanto meno, un’accentuata capacità
organizzativa.
«La struttura di queste cellule è"orizzontale": non ha vertici o gruppi
dirigenti. Le decisioni vengono prese in riunioni collettive - spiega uno
degli inquirenti raccontando come esista una videoregistrazione di uno di
questi summit - e le conoscenze tecniche dell’esplosivo viene attinto da
Internet».
Si tratta quindi di strutture più facili da colpire una volta individuate,
ma meno facilmente permeabili da parte del controspionaggio. Al momento,
secondo il Viminale, l’organizzazione sarebbe composta, al massimo, di un
migliaio di persone, tra quelle disposte a compiere attentati in prima
persona e quelli che fungono da fiancheggiatori. Il "nocciolo duro"
sarebbe composto da meno di cento nomi. I cervelli più pericolosi si teme
siano in Sardegna ed in Piemonte.
Un mondo variegato e complesso. Che però si è riunito, operativamente,
sotto la sigla Fai: Federazione anarchica informale. Sigla che è un
"cartello", un raggruppamento che comprende nomi noti
dell’anarco-insurrezionalmente (la Cooperativa Fuochi e affini di
Bologna), gli autori del precedente attentato genovese (la Brigata XX
Luglio) e gli spagnoli delle Cinque C (cellule contro il Capitale, il
Carcere, le sue Celle e i suoi Carcerieri).
La rivendicazione è stata inviata al Secolo XIX, così com’era accaduto nel
dicembre 2002 dopo l’attentato alla questura. Ma è stata intercettata
dalla Digos alle poste centrali di Genova, prima che giungesse al reparto
smistamento. Una busta con l’indirizzo tracciato con il normografo, che
contiene una pagina e mezza di minacce alla polizia. Sul cui contenuto è
caduto il riserbo più totale.
La questura ha negato fino all’ultimo momento possibile che esistesse una
rivendicazione per la notte del 29 marzo. La spiegazione ufficiale:
sfruttare nel silenzio le informazioni che potevano arrivare dagli
interrogatori di una lunga serie di appartenenti a centri sociali, che
come aveva anticipato il nostro quotidiano erano stati perquisiti già la
notte stessa dell’attentato. A questa spiegazione se ne aggiunge un’altra:
il timore, da parte della stessa polizia, che il volantino potesse
riferire di circostanze esplicite o contenere nomi "imbarazzanti" come
potenziali vittime degli attentati. Ad esempio funzionari sotto inchiesta
da parte della magistratura per le vicende del G8.
L’iniziativa della magistratura e della polizia, legittima sotto il piano
formale ma che si è trasformata in un atto di censura contro la libertà
d’informazione, ha sollevato le proteste durissime delle associazioni di
categoria dei giornalisti (come si legge nell’articolo a fianco).
Da oggi le indagini ripartono dal volantino di rivendicazione. Il cui
contenuto è, come spiega il questore, secretato dalla magistratura.
Marco Menduni
Angelo Bocconetti
Dal Secolo XIX