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FALLUJAH, UNA STRAGE NASCOSTA: una lezione di giornalismo

Publie le mercoledì 30 novembre 2005 par Open-Publishing

Dazibao Media Guerre-Conflitti USA Enrico Campofreda

di Enrico Campofreda

C’è una Rai che informa, attualmente di nicchia, ma che forte delle tecnologie vola ovunque tramite il canale satellitare e il web. E’ Rai News 24 la cui inchiesta sul massacro criminale di Fallujah sta facendo il giro del mondo. Ne ha scritto il New York Times lodando il giornalismo d’inchiesta di Maurizio Torrealta e Sigfrido Ranucci che con un biglietto aereo per l’Iraq, uno per gli States e la voglia di ricercare e raccontare hanno ridato dignità al mestiere facendo quello che un giornalista deve fare: informare l’opinione pubblica. E se proprio il paese di Ed Murrow ci dice “Good night and good luck” perché sente esso stesso d’avere bisogno di un’informazione libera, vuol dire che alto è il pericolo corso dalle democrazie assediate dai politici che ne vogliono condizionare l’informazione.

Lo ha confermato ieri, alla proiezione del documento che s’è svolta a Roma, Amelia Boynton Robinson, nota pacifista statunitense che fu a fianco di Luther King e rappresenta da una vita l’America in lotta contro le guerre. “Buona parte del nostro popolo non vuole la guerra in Iraq e non sa nulla, perché non è informata dai media, dell’uso delle armi chimiche. Gli stessi militari del corpo d’occupazione hanno appreso di quelle armi (fosforo bianco, MK 77 una specie di napalm, ndr) solo sul posto quando sono stati costrette a usarle. E se tornano in patria feriti vengono rinchiusi in speciali campi, uno è Fort Garden in Georgia, dove non vedono medici per mesi. Sono collocati lì in isolamento. Perché non parlino con la stampa”.

Invece Ranucci volando a Denver in Colorado, due reduci dall’Iraq li ha incontrati e intervistati nella sua inchiesta. Jeff e Garret parlano senza reticenze confermando quello che ormai è noto e che il Pentagono s’ostinava a negare. Durante il terribile bombardamento della splendida città di Fallujah del novembre d’un anno fa, sulle splendide moschee e soprattutto sulla popolazione civile fu scaricata una pioggia di fosforo bianco che fonde letteralmente i corpi perché attacca le cellule ricche d’acqua. I resti dei poveri cadaveri filmati sembrano usciti dai film dell’orrore hollywoodiani: corpi squamati, anneriti e deformati ma perfettamente vestiti poiché quello che disintegra non è fuoco ma materia chimica.

Nata dalla grande menzogna di voler colpire i presunti arsenali di distruzione di massa di Saddam Hussein, arsenali mai trovati e inesistenti, la task force Bush-Blair (cui s’accoda il governo italiano gestito da Berlusconi) ha introdotto una guerra chimica, distruttiva, criminale contro una popolazione scioccata dall’uso indiscriminato di queste armi. E nel filmato-inchiesta di Rai News 24 il pensiero corre allo scempio del Viet-nam, a quell’immagine dell’adolescente che corre nuda col corpo martoriato dalle bruciature del napalm che nel 1972 fece il giro del mondo. Eppure a trent’anni dall’abbandono della sporca guerra che gettò l’onta sugli Stati Uniti, un cinico imperialismo ripropone la medesima pratica criminale. Alice Mahon, deputata laburista che ha dato le dimissioni dal partito, intervistata col Parlamento londinese sullo sfondo dichiara tutta la sua rabbia per la politica del premier inglese che calpesta quei diritti umani poi reclamati per altri paesi. Una profonda vergogna.

Altrettanto vergognoso è che quest’infamia militare sia stata nascosta per un anno intero, durante il quale i media occidentali hanno taciuto, celato, parlato d’altro. Controllati e conniventi. Perciò la lezione di giornalismo che proviene dalla rete diretta da Roberto Morrione, attiva dal ’99, che s’occupa principalmente d’inchiesta abbattendo costi, usando piccole telecamere, sfruttando la multimedialità e il digitale, e soprattutto la deontologia di giornalisti che onorano la professione è un patrimonio da valorizzare. Il presidente Petruccioli e il Consiglio d’Amministrazione Rai si pronuncino e facciano passare simili servizi in prima serata. E utilizzino giornalisti degni di questo nome anziché mezzibusti lottizzati ventriloquizzati dal proprio tutor.