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Le risposte a Bertinotti

Publie le giovedì 12 giugno 2008 par Open-Publishing

Rifondazione: VII congresso

Le risposte a Bertinotti

di Ma.Bo.

All’intervento dell’ex leader della Sa Bertinotti, che con convinzione ha bocciato l’esperienza della sinistra al governo, non ha tardato a rispondere l’unico uomo del Prc che di quell’esecutivo ha fatto parte, oggi principale avversario della linea bertinottiana e capo della mozione che al congresso di luglio tenterà di conquistare il partito in contrapposizione a Nichi Vndola, che dell’ex segretario di Rifondazione è figlio politico. Non si sofferma sulla crisi, avanza direttamente la proposta. "Ricostruire l’utilità della sinistra nella società": è questa la ricetta di Paolo Ferrero, il cui modello politico sembra essere quello del Partito del pomodoro, gli ex maoisti olandesi che sono riusciti a sfondare la soglia del 16% dei consensi diventando la terza formazione del Paese.

"Fare un salto verso il basso", dice Ferrero, superando l’idea che l’unico obiettivo da perseguire deve essere la presenza nelle istituzioni, riscoprendo la forza che "vale di più il volantino della comparsata a Porta a Porta". Una battuta, quest’ultima, dal sapore amaro e che appare evidentemente rivolta all’esposizione mediatica del leader, accusato anche in passato di peccare di protagonismo televisivo, oltre che di troppo salottismo (Berty-nights è la formula al vetriolo coniata dai giornalisti per indicare la frequentazione dei salotti buoni che avrebbe coinvolto l’ex segretario del Prc). Ripartire dalla società anche perché, spiega Ferrero, "la falce e martello da soli non servono a nulla, bisogna essere comunisti e intelligenti". E poi, per rafforzare la sua tesi, da buon evangelico cita anche modelli passati utili a illuminare la strada che deve condurre fuori dall’impasse politica in cui si è precipitati. "Bisogna fare come la Chiesa -dice - che, dopo la sconfitta ai referendum sul divorzio e sull’aborto è ripartita dagli oratori, dal lavoro sociale e ha vinto il referendum sulla fecondazione assistita". Se non piace il riferimento religioso, allora in alternativa vale anche l’insegnamento dell’esercito, il quale messo in crisi dall’antimilitarismo e dal pacifismo degli anni ’70, "si è ricostruito un’immagine di utilità intervenendo in prima persona nei terremoti del Friuli e dell’Irpinia".

Una sfida difficile quella di un reinserimento nella società, ma che appare inevitabile perché "non stiamo attraversando il deserto, perchè all’orizzonte non c’è la Terra promessa, ma siamo in una giungla dove occorre combattere una guerra di movimento e sfuggire alle sabbie mobili". Ovvero quelle che hanno visto la destra vincitrice "non perchè gli operai stanno bene" ma anzi al contrario "perchè stanno male", con una sinistra che "non ha saputo indicare proposte di cambiamento". Boccia poi ogni legame di dipendenza con i democratici. "Noi non saremo mai l’estrema sinistra del Pd, perchè siamo un’altra cosa".

Parole che non potevano sfuggire al suo sfidante, che dai microfoni di Ecotv gli risponde ricordando come l’urgenza non sia tanto quella di rimettere in piedi il solo Prc, bensì l’intera sinistra. "Per me è importante rimettere in campo Rifondazione comunista ma è altrettanto importante che Rifondazione sia a disposizione della ricostruzione di una larga sinistra di popolo perchè se cosi non fosse resteremmo solo minoranze morte". Una sinistra, come ha spiegato Vendola intervenendo al Frentani, che guarda con interesse anche alle "contraddizioni" che stanno emergendo all’interno del Pd sul tema delle alleanze, come dimostrato dalle parole dello stesso Nicola Latorre al seminario di oggi. Il governatore della Puglia le definisce "un bene" che "non ci lascia indifferenti", e che spiega come il frutto "di una devastante sconfitta del progetto veltroniano di conquista del centro".

Precisa però che "non siamo all’individuazione delle alleanze: un’area del Pd con un’area del Prc... Questa, se posso permettermi, è una vulgata giornalistica", diversamente "siamo di fronte a tanti movimenti che accadono nel campo democratico e nascono dalla necessità di costituire una forza e una critica a questo governo e alla egemonia delle destre". Una opposizione che se condotta dalla sinistra come una crociata solitaria "sarebbe drammatica".

Cosa aveva detto il dalemiano era semplice. "L’Unione è una stagione esaurita", e fin qui tutti d’accordo, ma questo non esclude di valutare "quali margini ci siano per il rilancio di una strategia delle alleanze che non sembri però un ritorno all’indietro". E per dare credibilità e speranza agli extraparlamentari, ha aggiunto che l’opposizione in Parlamento sarà "assolutamente ferma e rigorosa" su temi come i salari, le questioni economiche e la sicurezza, avvertendo però che questa intransigenza "deve coniugarsi con il tema del completamento della transizione italiana". Dunque riformismo istituzionale, perché il voto ha confermato che "la società italiana vive male la frammentazione", ma questo non può essere interpretato come "un incoraggiamento al bipartitismo". Certo, bisogna aspettare di capire come andrà il congresso del Prc, rispetto a cui Latorre tributa autonomia ("sarebbe sbagliato da parte nostra, interferire nella discussione congressuale"), ma bisogna pur riconoscere che "gli sbocchi politici che questa discussione avrà non saranno ininfluenti rispetto alla prospettiva politica del Paese", ammonisce l’occhio vigile di D’Alema al Frentani.

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