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C’è bisogno anche di una sinistra comunista

Publie le giovedì 10 luglio 2008 par Open-Publishing

Rifondazione: VII congresso

C’è bisogno anche di una sinistra comunista

di Pasquale Voza, comitato politico nazionale PRC

Torniamo ancora una volta sulla impermeabilità del governo dell’Unione alle spinte dei movimenti e della società, che è stata indicata come una delle ragioni principali, sui tempi brevi, della gravissima, inaudita sconfitta politico-elettorale. Ebbene, tale impermeabilità chiama in causa ragioni più profonde e di più lungo periodo, che attengono alla fisionomia, ormai abbastanza strutturale e organica, delle attuali democrazie oligarchiche. Non si tratta solo del crescente distacco tra governati e governanti, ma di una sempre più accentuata autonomia delle élites dominanti dai loro rispettivi ambiti territoriali e di una tendenziale autoreferenzialità dei loro processi decisionali (Revelli): il che comporta una scissione sempre più radicale e "morbosa" tra il sociale e il politico.

Stando così le cose, allora andare al territorio rischia di essere del tutto inefficace e insignificante, se non si parte dalla consapevolezza che esso territorio va decostruito criticamente, in quanto è un vero e proprio geroglifico sociale, culturale, antropologico, abitato e segnato da luoghi e forme di vita che sono in un rapporto di interazione continua con flussi di capitale, i quali tendono essi a conformare quell’intrico di relazioni sociali e di forme di vita alle compatibilità, alle scelte economiche decise altrove.

Un geroglifico dove il dolore sociale, gli egoismi "particolari", le paure, le frustrazioni, la protervia identitaria e securitaria sono spesso inestricabilmente intrecciati, e dove allora anche i momenti di protesta e persino di lotta rischiano ogni istante di frantumarsi in issues, in singole vertenzialità spesso rabbiose e sfibrate, incapaci di vedere i nessi e i poteri reali, dove - e questo mi sembra il punto fondamentale - sono drammaticamente impediti processi reali di soggettivazione politica, di produzioni di soggettività, consapevoli, durature e non solo emotive (ben vengano venti e primavere del sud, ma non bastano, visto che poi possono trasformarsi in bonacce alquanto prosaiche); dove il divenire soggetti (del conflitto, dell’antagonismo) è reso quasi impossibile, dove la «comprensione critica di se stessi» (come diceva Gramsci nel cuore degli anni Trenta), cioè la formazione della coscienza politica sono minate alla radice, sono quasi uccise da questo capitalismo totalizzante del XXI secolo, da questa nuova, formidabile rivoluzione passiva in corso.

Per tutto questo io penso che una sinistra politica e anche la cosiddetta sinistra diffusa e sociale, che volessero lavorare politicamente nel geroglifico della società e del territorio, senza la consapevolezza drammatica del problema comunista (sì, comunista, peculiarmente comunista, anche se non esclusivamente) della costituzione politica, dal basso, dei soggetti, finirebbero subito per trasfigurarsi e svaporarsi in una astrattezza evocativa, o generosa o inefficace o subalterna, oppure tutte e tre le cose insieme.

Nel 1998 gli studiosi francesi Caillé e Laville (ci ricorda, in un suo recente, splendido scritto, Pino Ferraris) mettevano l’accento su una distinzione tra «associazioni spettacolari» e «associazioni molecolari»: mutatis mutandis, io credo che oggi la gravità della sconfitta politica e culturale della sinistra possa ingenerare l’illusione, la scorciatoia di una "sinistra spettacolare", che poi non potrebbe che trovare i suoi sbocchi davvero concreti in ciò che la stampa o Claudio Fava o D’Alema o Occhetto già segnalano: cioè una riattivazione di rapporti di governo all’interno di un centrosinistra di alternanza. Questo è ciò che io vedo circolante o sotteso nel documento 2: una cosiddetta "salvazione" di Rifondazione comunista in funzione di un suo sfociare nel processo costituente di qualcos’altro, vale a dire di una "sinistra spettacolare", che è una risposta mimetica e subalterna alla gravità della crisi.

Il documento 1 nasce invece dalla consapevolezza della necessità di un processo aperto di rifondazione comunista, capace di contribuire a far crescere dal basso una sinistra di opposizione, forte, ricca, plurale: in una società "liquida", una sinistra senza soggettivazione duratura, senza la comprensione critica di se stessa, semplicemente non è.

Infine, una domanda, al "mio" Nichi: in genere, quando l’ho rivolta ai compagni e alle compagne del documento 2, ho ricevuto silenzi, o accuse di voler spargere veleni, o risposte elusive. Io invece ritengo che sia mio dovere socializzare questa domanda: Nichi, non credi che la sovrapposizione tra la tua figura di Presidente della Regione Puglia e quella di candidato Segretario, sia, al di là delle tue intenzioni, un fattore di inquinamento politico? E soprattutto non credi che, ove mai tu fossi eletto segretario, la commistione tra i due ruoli renderebbe politicamente impraticabile, impossibile l’autonomia politica e sociale di Rifondazione Comunista? Non si creerebbe, per dirla col "nostro" Pasolini, un permanente «dramma irrisolto»?