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Castelvolturno epicentro del disagio sociale

Publie le martedì 23 settembre 2008 par Open-Publishing

Castelvolturno epicentro del disagio sociale

di Vittorio Bianco

NAPOLI - Ci sono voluti 130 colpi tra kalashnikov e pistole di grosso calibro per accorgersi che nel litorale Domitio, dove c’è anche CastelVoltuno, si respira un drammatico disagio sociale. Sono più di 11mila gli extracomunitari africani che vivono lungo quelle coste. I 6 morti ammazzati hanno ricordato a tutti che vi sono immigrati affiliati con i casalesi, che vi sono neri extracomunitari che sono sfruttati senza alcuno scrupolo dagli indigeni bianchi.

La loro presenza per la camorra era un grosso affare, per la popolazione un po’ meno, infatti molti hanno svenduto le loro terre le loro case. Il litorale Domitio, un tempo, era una promessa del turismo, ma qualcuno ha ritenuto che era più conveniente puntare non ai guadagni del turismo, bensì a quelli derivati dallo sfruttamento della prostituzione ed dalla tratta dei neri. Il tutto grazie all’assenza dello stato. Tra i morti ammazzati pare che vi siano colpevoli ed innocenti, santi e diavoli o meglio persone che avevano scelto strade diverse per vivere in Italia. Il sangue versato ha scatenato la rabbia che era repressa e accumulati negli anni dagli extracomunitari. Collera opposta all’irritazione della popolazione residente che per lunghi anni si sono visti sottrarre la loro terra ed impoverita dalle scriteriate scelte dei casalesi. Ma come sempre accade, la paura fa scatenare la rabbia verso i più deboli e non verso i più forti, soprattutto quando sono la causa di tutto. Così per anni gli italiani hanno sfogato la loro rabbia, la loro indifferenza verso al popolazione immigrata ed in questi giorni gli extracomunitari hanno espresso tutti i loro malumori, mettendo a ferro e fuoco CastelVolturno. Ma nessuno osa opporsi alle scelte dei casalesi, che i questi giorni hanno ripreso la loro stategia stragista. Nei giorni scorsi, prima della strage, era stato ucciso Antonio Celiento, proprietario di una sala giochi, con le stesse armi poi utilizzate nella strage. Mentre ieri un uomo è stato gravemente ferito alla testa.

A Castel Volturno, nel luogo in cui il 18 settembre sono stati massacrati sei immigrati, si continuano a deporre fasci di fiori. Li portano non solo cittadini stranieri ma anche italiani. Tra i tanti c’è quello di un cittadino italiano che ha lasciato un biglietto in cui denuncia che CastelVolturno non vuole essere abbandonata. Intanto gli amici delle sei vittime hanno tenuto questa mattina una conferenza stampa all’America Palace di CastelVolturno, abitato da soli extracomunitari. «Vogliamo ribadire – dicono gli immigrati - che le sei vittime con la malavita non avevano nulla a che fare. Ora chiediamo protezione». «Lasciamo svolgere le indagini agli investigatori ma chiediamo a tutti di non criminalizzare gli immigrati - ha aggiunto, nel corso della conferenza stampa, Fabio Basile,. «La maggior parte degli stranieri lavora onestamente - ha continuato Basile - e con la droga non c’entra nulla. Delle sei vittime ne conoscevo tre personalmente, e di altre tre ho raccolto almeno cento testimonianze che mi riferiscono che erano lavoratori». Basile ha anche sottolineato che quello che è accaduto il giorno dopo la strage è stata una reazione sbagliata, anche se forse «comprensibile». In merito alle misure decise dal governo, Basile spera che siano mandati «400 investigatori, inviati a contrastare la criminalità.

La differenza non va fatta da chi ha il permesso di soggiorno e chi non lo ha, ma tra chi delinque e chi no». Intanto dal 4 al 6 ottobre prossimi a Caserta ci sarà una manifestazione antirazzista promossa dalle associazioni della zona. I tre giorni saranno un approfondimento sulla condizione degli immigrati. La risposta forte ed immediata alla strage ed ai disordini da parte dello Stato è l’invio nel casertano di 400 uomini (150 poliziotti, 150 carabinieri e 100 finanzieri). Così è stato deciso dal ministro dell’Interno, Roberto Maroni, per affrontare l’emergenza criminale dei Casalesi. «Lo stato si riprenderà il territorio», le parole di Maroni. I gravissimi episodi avvenuti in provincia di Caserta è anche stato il tema di una riunione tra le forze dell’ordine. La riunione, che si è svolta sabato mattina, nella struttura di Via Anagnina a Roma, è stata tenuta dal vice capo della Polizia Nicola Cavaliere. All’incontro, voluto dal capo della Polizia Antonio Manganelli hanno partecipato responsabili di Sco, Ros e Gico. La priorità è dare la caccia al manipolo di latitanti dei Casalesi: quel che resta dei clan Bidognetti e Schiavone di cui i gregari sparano per far valere la loro supremazia. Per questo la provincia di Caserta sarà pattugliata costantemente dalle forze dell’ordine. Inoltre dovrebbe essere intensificato il carcere duro per i boss non pentiti, e vi saranno maggiori colloqui con i detenuti che potrebbero fornire elementi utili alle indagini. Tutto questo per far sentire la presenza dello Stato nel casertano. Ci sono voluti 130 proiettili e 6 morti ammazzati per far ritornare lo Stato.

Dazebao