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La guerra tiene banco al social forum europeo di Londra

Publie le sabato 16 ottobre 2004 par Open-Publishing

Forum Sociale

Pienone ai dibattiti sull’Iraq. Allontanato il viceministro degli esteri iracheno, Abawi che ascoltava (controllava?) l’intervento della sindacalista Hussein rappresentante della società civile irachena

di ANGELO MASTRANDREA

La guerra, la guerra e ancora la guerra. Hai voglia di discutere di Europa e ambiente, razzismo e ogm, ma la molla più potente che spinge migliaia di persone a venire fin quassù all’Alexandra Palace è proprio quella. Te ne accorgi dalla grande partecipazione ai dibattiti in cui si discute dell’occupazione dell’Iraq, dal fatto che la piccola star di giornata è Gerry Adams che paragona le politiche inglesi contro gli irlandesi ai tempi dell’Ira con quelle di oggi nei confronti dei musulmani, da come viene applaudito l’intellettuale islamico Tariq Ramadan quando dice che dobbiamo «battere l’ideologia della paura» e che «il problema è costruire un’alternativa europea agli Stati uniti», da uno scoppiettante Ken Livingstone che non perde un secondo ad attaccare Bush, «quanto di piu’ marcio c’è nel mondo», dai manifesti e i volantini distribuiti da decine di militanti che indicano Bush e Blair come i maggiori terroristi. E da come viene allontanato in malo modo il viceministro degli esteri iracheno Waleed Abawi, venuto ad osservare, con tanto di guardie del corpo al seguito, l’intervento della sindacalista di Bassora Hashimiya Muhsin Hussein, primo esempio di un rappresentante della società civile irachena che interviene a un forum sociale.

Il fatto è accaduto ieri mattina attorno alle 11,30, quando un gruppo di attivisti mediorientali di un movimento che porta il nome di World people resistant riconosce l’uomo seduto in platea e al grido di «end the occupation», «fine dell’occupazione», e «out», «fuori», spinge il viceministro fuori dalla sala.

«E’ scandaloso che un personaggio coinvolto in un governo fantoccio degli americani fosse qui», diranno poi. La sera precedente, nella Southwark university, il mattatore era stato Ken «il rosso», il sindaco di Londra accusato di aver monopolizzato l’organizzazione del forum. «Abbiamo organizzato la più grande assemblea di tutti i tempi in Gran Bretagna, ed è costata sicuramente meno che il G8», aveva esordito così. Poi aveva continuato auspicando di cambiare la statua di Nelson, ammiraglio, con quella di un altro Nelson, Mandela, e annunciando una grande celebrazione della rivoluzione cubana nella capitale inglese «se nel 2009 saro’ ancora sindaco». Infine, la guerra: «Spero che questi siano gli ultimi giorni dell’amministrazione Bush», «il motivo per cui l’amministrazione Bush era più che determinata a rimuovere Saddam era perché questi aveva deciso di non volere vendere il petrolio più in dollari ma in euro», «allora perché non invadere anche l’Iran che ha il nucleare? Peccato che ci siano armi atomiche anche in Israele».

Come sempre è accaduto finora, alla prima giornata di forum, ieri mattina, si sono materializzate migliaia di persone, nonostante il freddo e la pioggia. L’effetto era un po’ quello di Firenze più che della dispersiva Parigi, con qualche rigidità di troppo degli organizzatori e la presenza della polizia anche all’interno. I numeri ovviamente non sono gli stessi, e questo era prevedibile, ma probabilmente è vero che una cosa del genere qui non si era mai vista. E poco c’entrano le contestazioni di chi si è organizzato in Beyond Esf, «Oltre il social forum europeo», i cui «spazi autonomi» mantengono comunque una relazione con il forum vero e proprio. All’interno del movimento si sta comunque discutendo da qualche giorno di rivisitare la formula del social forum, tanto che quella di quest’anno sarà probabilmente l’ultima edizione di questo genere.

L’assemblea dei movimenti sociali ratificherà domenica mattina la decisione di darsi appuntamento non più fra un anno, ma fra un anno e mezzo, ad Atene. E nel frattempo si studierà una formula diversa, per evitare il rischio di ripetitività dopo tre edizioni pressoché uguali, più organizzativa e meno di discussione, anche perché si è valutato che con questo modello le reti non riescono a organizzarsi al di là dell’evento. «Non basta vedersi una volta all’anno e poi non fare nulla insieme. Il problema è cosa fai per cambiare il mondo», dice Piero Bernocchi dei Cobas. Così dovremmo vedere campagne e iniziative, superando la clausola statutaria di Porto Alegre che vuole che il forum non prende decisioni. Le proposte sul tappeto sono una manifestazione contro la guerra in tutte le capitali europee, il prossimo 19 febbraio, una giornata contro il liberismo e per i diritti sociali, e un’altra per i migranti. (ha collaborato Nicola Scevola)

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