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Una giornalista che unisce il gusto della cronaca - dell’essere sul posto

Publie le lunedì 7 febbraio 2005 par Open-Publishing

Guerre-Conflitti medio-oriente Rina Gagliardi

di Rina Gagliardi

Una giornalista che unisce il gusto della cronaca - dell’essere sul posto là dove accadono le cose - al rigore dell’analisi: Giuliana Sgrena appartiene a questa specie, piuttosto rara, di operatori non conformisti dell’informazione. Una di quelle, per intenderci che, se va a Bagdad o a Kabul o ad Algeri, non si mette a scrivere articoli impressionistici dalla stanza d’albergo: ma si butta in giro a cercare le «notizie» che non passano mai la soglia dell’ufficialità. Una che indaga, per quello che può, le viscere dei processi sociali profondi. E che costruisce sempre relazioni umane, intellettuali, socialmente e moralmente connotate. Che oggi una persona come lei sia nelle mani di chissà quale gruppo, soggetta a chissà quale violenza, chissà per quanto tempo, è davvero angoscioso. Mi viene da dire - e so quanto irrazionale è questo pensiero - che questo è un rapimento immeritato, assurdo, insensato.

Ho conosciuto Giuliana alla fine degli anni ’80, quando è venuta a lavorare alla redazione del manifesto: a trent’anni, lei era già una brava giornalista ed era soprattutto una pacifista attiva, ma non aveva ancora trovato un lavoro fisso, come allora si diceva. Dopo un’esperienza in Avanguardia Operaia (uno dei tre più diffusi raggruppamenti della sinistra extraparlamentare degli anni ’70), Giuliana aveva scelto il Pdup invece che Dp, lavorando al mensile «Pace e Guerra», diretto da Michelangelo Notarianni. «Sai perché è ancora disoccupata?» mi aveva spiegato una carissima amica comune «Perchè è una persona brava, intelligente e non intrigante».

Di Giuliana, in effetti, colpiva subito la serietà lombarda, del tutto estranea alla frivolezza del giornalismo romano. E il carattere riservato, nient’affatto cupo o poco socievole, ma sostanzioso, gentile e fattivo. Lavorammo fianco a fianco, per qualche tempo, nella sezione esteri del giornale di cui, nel frattempo, mi era stata affidata la responsabilità - e Giuliana ne divenne, man mano, una colonna portante.

Risalgono già a quegli anni, credo, i suoi interessi per il mondo arabo: quelli che l’hanno condotta a diventare una delle maggiori "esperte" dell’Algeria, della quale ha puntualmente seguito la crisi drammatica - la fase feroce degli sgozzamenti di massa - fuori da schieramenti faziosi, ma sempre tenendo ferma la barra di un’opzione laica, pacifista e antifondamentalista. Palestina, Afghanistan, Iran, Iraq - appunto - sono diventati via via i suoi "territori" di esplorazione, in una scelta sempre coerente di rapporto con il Sud del mondo. E con le donne del Sud del mondo, verso le quali l’ha naturalmente portata il suo lavoro e la sua militanza - come testimonia il libro scritto sulla tremenda "scuola" dei Talebani.

Tutto questo accadeva, nel lavoro di Giuliana, quando l’Islam non era né attuale né "di moda". Lei è certo una persona di grande coraggio e di grande tempra - una che è stata capace di attraversare le situazioni più rischiose ed esposte, le guerre, senza inutili spavalderie, ma con la prudenza sempre necessaria. Una che, pur scrivendo gli articoli più attendibili (e trasmettendo i commenti più interessanti su Rai News 24), non ha mai pensato di diventare una star del giornalismo d’assalto. Quando ritornerà da questa terribile avventura, il più presto possibile speriamo, si stupirà prima di tutto della notorietà enorme dalla quale di colpo sono stati circondati il suo nome e la sua persona. Giuliana - come tutte le persone intelligenti - è sempre stata, se mai, troppo modesta. Aspettiamo con impazienza di rivederla.

http://www.liberazione.it/giornale/050205/archdef.asp