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L’ORIZZONTE DEGLI EVENTI

Publie le martedì 7 giugno 2005 par Open-Publishing

Dazibao Cinema-video - foto Enrico Campofreda

di Enrico Campofreda

Duemila metri valgono ancora come duemila anni sopra e sotto la montagna. E’ quello che vive in sequenza il protagonista del film nel ventre del Gran Sasso e a una certa quota di esso, è lì che Daniele Vicari ambienta la sua storia costellata di riflessioni esistenziali. L’Abruzzo forte e gentile diventa il suo Texas, l’Aquila la sua Paris sperduta anziché nel deserto sulla roccia calcarea, dove un amore parzialmente possibile sviscera le sue paure e s’intreccia con altri obiettivi della vita. Spazi e silenzi s’inseguono e propongono allo spettatore particolari atmosfere e l’intreccio - se non proprio robustissimo - viene sorretto da disamine comportamentali.

Max proviene da una famiglia agiata perché arricchita dall’attività edilizia e tangentizia del padre, differentemente dal fratello non ha mai voluto sapere nulla di quegli affari. Anziché avvocato è diventato un fisico. Ha talento e fa il ricercatore lavorando nello staff del professor Revelli che dirige il progetto Helios sui neutrini prodotti dal sole nel Laboratorio di Fisica Nucleare del Gran Sasso. Lo affianca fra gli altri l’affascinante Anais, una fisica francese. I due sono uniti dalla reciproca attrazione e divisi dalla rivalità di carriera. Quando il professore deve lasciare il progetto per un altro incarico presso un’università straniera e investe Max della responsabilità della ricerca, Anais mastica un po’ amaro.

Lei comunque è un’idealista, vive nel suo lavoro “l’emozione della scoperta spinta dalla vera ricerca scientifica”, diversamente da Max che si sente il migliore e coglie ogni occasione per ribadirlo. Subito dopo aver assunto l’incarico mostra comportamenti da grande capo, gli piace primeggiare e riversa sulla carriera quello che non ottiene nella sfera affettiva, inesistente nella famiglia d’origine, appena accennata con la partner visto che dopo l’intimità non riesce a trascorrere nemmeno la notte al suo fianco.

Affermarsi e ricevere conferme del proprio valore diventano le ossessioni di Max che giunge a manomettere i dati della sperimentazione usando un programma informatico atto a modificarli, pur di mostrare in una conferenza scientifica la bontà del lavoro. Anais lo scopre e gli rivela delusione e disgusto, il professor Revelli messo al corrente della vicenda gl’intima di dare le dimissioni. Max vede crollare ogni certezza: sale in auto e percorre di notte le tortuose strade della zona. E’ allucinato, vuole uccidersi, sembra viaggiare attraverso la luce come l’astronauta kubrickiano di ‘Duemila e uno’. Sbanda si cappotta ma non muore.

Lo trova un pastore e lo porta nella sua capanna, è un albanese coi suoi problemi d’immagrazione clandestina e di ricatti della malavita. In quell’angolo sperduto fra pecore, staggi, pascoli bucolici e furia delle intemperie il fisico nucleare medita sulla sua vita e sui valori che s’è dato, su come si può essere uomini studiando i neutrini per un mondo sempre più futuribile e come si può esserlo mungendo le pecore e puzzando come loro, in un gesto arcaico rimasto immutato da millenni.
Un giorno si vedono movimenti di elicotteri che mettono in agitazione l’albanese: un carro attrezzi recupera l’auto accidentata di Max e lui scorge in lontananza Anais che piange sul posto. L’uomo esce dal torpore che l’aveva tenuto fermo per settimane. Vuole aiutare l’immigrato ricattato dai connazionali mafiosi che pretendono una congrua cifra per restituirgli il passaporto e va in città a recuperare il denaro. Ma non tornerà indietro. Andrà a casa di Anais che incredula gli apre la porta. Forse Max ha trovato per sempre la via dell’amore mentre il povero albanese termina i suoi giorni ucciso dai mafiosi.

Il flash-back ce lo aveva mostrato in apertura mentre infilava la lama del serramanico nel ventre del capobanda, il suo inseguimento non durerà molto e - capro espiatorio del malaffare - finirà con una revolverata in testa. Nella durezza della vita eros e thanatos camminano a fianco.
Filosofia dell’ esistenza e tocco noir per questo giovane regista che come il Sorrentino de “Le conseguenze dell’amore” lancia un percorso originale per narrare storie e sentimenti fuori norma.

Regia: Daniele Vicari
Soggetto e sceneggiatura: Antonio Leotti, Laura Paolucci, Daniele Vicari
Direttore della fotografia: Gherardo Gossi
Montaggio: Marco Spoletini
Interpreti principali: Valerio Mastrandrea, Gwenaelle Simon, Lulzim Zeqia, Giorgio Colangeli, Francesca Inaudi
Musica originale: Massimo Zamboni
Produzione: Fandango
Origine: Ita, 2005
Durata: 115’