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Ai picchiatori i complimenti di TelePadania

Publie le sabato 18 giugno 2005 par Open-Publishing

Caccia all’albanese, alla tv leghista il fratello di uno degli arrestati. Il conduttore: solo scazzottato un nullafacente, niente di grave

di Francesco Battistini

VARESE - Stand up in piazza Podestà, ore 14. Davanti alla sede della Lega, sullo sfondo la mostra dei Celti e lo stemma affrescato Virtus et Gloria, il direttore di telePadania , Max Ferrari, intervista Mario Fittipaldi, fratello d’uno degli arrestati per la caccia all’albanese di lunedì. Domanda: «Ieri c’è stata una manifestazione giusta e comprensibile, un po’ muscolare, che è stata molto apprezzata dai cittadini... E’ finita in una scazzottata con uno dei tanti nullafacenti che girano per Varese. Niente di grave. Grave, è che per questo episodio ci siano stati degli arresti. Che ci dici?». Risposta del Fittipaldi, 36 anni, testa rasata e una geografia di cicatrici sulle mani: «Sì, noi speravamo di non incontrare questo albanese. Non doveva passare di lì. Invece è successo.

Ma sono stati solo quattro schiaffi, sette giorni di prognosi. Niente, confrontati all’omicidio di Claudio... E’ che di questi albanesi ce n’è in giro molti». Intervistatore: «Sì, troppi». Intervistato: «Il nostro corteo è passato davanti alla Lega Nord, qualcuno ci ha applaudito. Il governo deve darci giustizia. Noi faremmo di più. Ma abbiamo famiglia, non possiamo farci giustizia da soli. Poi, se ci danno l’ergastolo, la famiglia chi la mantiene?...». Intervistatore: «Vi faccio i miei complimenti».
Complimenti per la trasmissione.

Il giorno dopo i cortei della vendetta, due giorni prima del funerale della rabbia, c’è una Lega di governo che mostra qualche distanza e un’altra, tutta di lotta, che gli albanesi li vorrebbe ancora, e se possibile di più, tutti appesi. Un ministro (Maroni) e i parlamentari della maggioranza lumbarda sono scesi in piazza a reclamare legalità, molto vicini a truci crape pelate e a ultrà del Varese come Vito Lo Russo, noto alla questura per faccende di droga: «La nostra protesta non aveva niente a che fare con quella degli hooligans - precisa adesso il sindaco, Aldo Fumagalli -. La manifestazione forse è uscita un po’ di controllo. Ma le reazioni emotive sono comprensibili. Giovedì, ai funerali, sarà tutto più ordinato. E chi cerca una saldatura fra Lega e ultrà, fa un’operazione disonesta.

Le immagini spiegano che le bandiere leghiste stavano in un corteo diverso». E allora perché telePadania si complimenta con gli aggressori dell’albanese? «Non lo so. Ciascuno si assumerà le sue responsabilità».
Liaisons dangereuses . Varese è per la Lega di Bossi quel che Avellino fu per la Dc di De Mita. Non solo un forziere di voti al 22%, ma il think tank d’una classe dirigente tutta varesina: da Bossi a Maroni, dalla Giovanna Bianchi del cda Rai al Massimo Ferrario che dirige Raidue, dal Paolo Sassi presidente Inps al Giuseppe Bonomi che pilotava l’Alitalia, senza dire di Gianluigi Paragone (direttore della Padania ), Giancarlo Giorgetti (segretario della Lega lombarda), Max Ferrari, deputati, sindaci... Qui pesca voti il senatore Peruzzotti, quello che voleva prendere le impronte ai piedi degli immigrati. E allora dov’è il confine fra la protesta xenofoba dei lumbard e quella, razzista, dei curvaioli Blood Honour , il gruppo ultrà cui apparteneva l’accoltellato e che lunedì ha trascinato duecento esagitati?

Prove tecniche di connessione. Sul sito runico dei tifosi biancorossi, la pagina d’onore dedicata a Meggiorin e a un capocurva ucciso in un’altra rissa due anni fa, fioccano i messaggi solidali dei lombardissimi ultrà atalantini («la sudicia mano di un barbaro invasore») e degli Ultras Padani. Dice Andrea Porrini, presidente leghista di circoscrizione: «Noi e loro siamo due cose diverse, anche se non biasimiamo quel che è successo lunedì. Questo albanese assassino va condannato all’ergastolo. I giudici lo sappiano: noi vigileremo. Se non gli danno l’ergastolo, faremo noi vendetta privata». Gli stringe la mano l’ultrà Fittipaldi: «Io ho un locale e da domani appendo un cartello: "Vietato l’ingresso agli albanesi". Faccio appello agli imprenditori locali: licenziàteli tutti!». Concorda Max Ferrari: «Le mamme albanesi vengono a farci le scuse, adesso! Ma noi non vogliamo fare la fine dei serbi in Kosovo! Si stanno mobilitando da tutta Italia. Vedrete che casino, ai funerali...».

Scriveva Piero Chiara, ed era il 1946 e Bossi era un pupo, che i varesini sono gente di confine affezionata alla frontiera, «perché ce n’è sempre venuta una caratteristica d’internazionalità». Sostiene Enzo Laforgia - preside di scuola e autore del pamphlet "Intolleranze. Cronache di una provincia lombarda 2000-2004" - che Varese non è intollerante più di altre città del Nord, però da qualche anno fa di tutto per sembrarlo. La celebre gazzarra del basket (1979) contro il Maccabi di Tel Aviv, dimenticata a fatica, oggi è quasi una ragazzata: l’imprenditore di Gallarate che dà fuoco all’operaio rumeno (23 marzo 2000), gli skinheads che accoltellano un ragazzo della Sierra Leone (13 agosto 2000), i tifosi che picchiano i calciatori marocchini e camerunesi «indegni» del Varese (6 maggio 2002), gli ultrà che davanti a un indifferente ministro Bossi insultano il cestista nero Carlton Myers (29 dicembre 2003)... E poi la prima legge anti-burqa a Gallarate, la guerra alla moschea, le scritte razziste alle macellerie, i quadri dell’Olocausto distrutti... «Finora non risultano rapporti diretti fra estremisti della Lega e ultrà del Varese - pensa Laforgia - e spero non esistano. C’è la dinamica dei movimenti giovanili, questo sì, molto fluidi, dove non mancano i contatti occasionali».

La cosa più preoccupante però, dice Laforgia, è il silenzio della maggioranza silenziosa. L’indifferenza, ancora una volta, dell’ altra Varese. Il centrosinistra non ha scritto una riga di condanna. E i benpensanti, tutti zitti: «Non è indifferenza - difende monsignor Luigi Stucchi, il vicario episcopale che celebrerà i funerali di Meggiorin -. Solo, non si sa come esprimere una reazione». La esprimerà lei, monsignore, nella sua omelia? «Io inviterò a condividere il dolore. Con gli atteggiamenti non si va lontano. La rabbia va controllata. Dirò che la vita non ha colore, né collocazioni di parte. E l’occhio per occhio non risolve niente».

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