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Al Quartiere Latino di Parigi il cinema fa lo Strip

Publie le mercoledì 7 giugno 2006 par Open-Publishing
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Dazibao Cinema-video - foto Chiara Ristori

di Chiara Ristori

Non solo Cannes. Ha esordito in questi giorni a Parigi la prima edizione di un Festival al quale auguriamo lunga vita : lo S.T.R.I.P. feStival inTernational undeRground cInema Paris.

Mercoledì sera bella festa d’apertura nel Marais ( col diaporama delle foto di ostaggi di guerra prese da internet che ha finito per far scappare i mondani), e poi via alle proiezioni al Cinema Le Quartier Latin, per cinque serate che, dal 31 maggio al 4 giugno, hanno visto sfilare il meglio della controcultura cinematografica (americana, ma non solo), presente e passata.

L’intenzione quella di offrire al pubblico una selezione di films raramente programmati, perché spesso indisponibili o confidenziali, detenuti da istituzioni private all’estero, da gallerie d’arte o dagli artisti stessi.

La deliziosa Marion Naccache, una ragazzina in Converse rosa che si occupa di poesia visiva ed è all’origine del progetto, si dice contenta. Perfino gli inevitabili incidenti tecnici, dovuti alla molteplicità dei formati-DVD 16mm ecc.-, sono stati occasione per il pubblico di una fruizione alternativa, per « insinuarsi con convivialità nelle rotture delle proiezioni ». Seduta sul marciapiede davanti al cinema mi racconta del suo desiderio di gettare un ponte fra Parigi e New York, per portare in Francia lavori « che è troppo un peccato di non farli vedere qui».

Lavori di videasti sperimentali, artisti pluridisciplinari o realizzatori atipici, che si situino alla frontiera dei linguaggi. È il caso della ricerca di Henry Hills, originario dell’ East Village, che consiste a riformulare le proposte di musica, poesia sperimentale e danza contemporanea. O della la francese Marie Losier, qui con una retrospettva dei suoi « film ritratti » e « films di famiglia », e ancora del videasta brasiliano Ernesto Noto, e tanti altri. Intanto Tom Jarmusch (sì sì, il fratello di Jim), distribuisce a mano alla gente in coda le fotocopie della traduzione del suo « The Bill Rice Movie », 10 minuti appena terminati e qui in avant-première...

Momento forte del festival ? Un’altra prima francese che ha fatto il pienone, quella del documentario di Nemo Librizzi, figura eminente della scena hip-hop e graffiti newyorchese. Col suo "Lay Down Old Man" ha trascinato fuori dalle banlieus gente che raramente mette piede nei cinemini d’essai della rive gauche. È la storia mai scritta prima dei "Crips" e dei "Bloods", le due più potenti gangs americane nate sulle ceneri delle Black Panters e basate a Los Angeles, raccontata qui in prima persona dai due fondatori sopravvissuti, Batman e T-Rogers.

Oggi due « nonnetti » fuori dall’ordinario, non così tanto poi. Un film « d’essai » ci dice Nemo, « alla Andy Warol, interessato come me alle cose noiose », e che il pubblico americano al Tribeca Film Festival ha trovato deludente : dove sono i macchinoni, i pistoloni e le belle fighe? Questo non è cinema !

Ma un film che al Quartier Latin ha suscitato un entusiasmo degno di un Tarantino. Sarà stata la straordinaria scurrile musicalità rap del parlato ipnotico di Batman (irresistibile !), profilo nero su fondo nero, che evoca il piacere fisico di fare a botte, la necessità naturale del nemico, della difesa del territorio, della lotta « a mani nude, con una sbarra, una catena... », il suo omaggio commosso al coraggio delle donne, « che sanno dare e prendre colpi, meno vigliacche degli uomini, che quando le stai prendendo di santa ragione e ti giri in cerca di aiuto, i negri sono tutti spariti, ma le femmine sono ancora tutte lì »... o sarà stato il silenzio di T-Rogers, il suo deprimente quotidiano nella lotta contro la malattia, fra pressione temperatura e carettate di medicinali, le sue uova al bacon condivise col ragazzino di ritorno da un funerale (e che morirà il mese dopo), e le ilaranti disquisizioni fra boss sull’importanza della festa della mamma... ad ogni modo venerdì sera lo spesso pietoso cerimoniale del « ci sono domande ?» si è trasformato in un vero incontro. Da sotto il suo berretto da basbell oversize Nemo rispondeva in un francese impeccabile (le parole dello slang della banlieu le conosce tutte : bagnoles flingues nanas) ad un pubblico... anglofono.

Com’è stato accolto lui, bianco, in quei quartieri di Los Angeles esclusivamente neri ? A Brooklin dove è cresciuto i neri sono più numerosi dei bianchi, risponde, e sono i bianchi che finiscono per assimilarsi ai neri, non il contrario. « Forse perché ero a mio agio con l’ambiente che loro erano... a loro agio con me, traduci per favore, è importante ». E quali sono le differenze ideologiche fra le due gangs ? Nessuna. Solo una questione di territorio. E della necessità di difenderlo. Nemo ci tiene a sottolineare come si sia lontani dalla logica economica dello spaccio, gli spacciatori devono aver a che fare con chiunque... E di che malattia soffre T-Rogers ? Non lo sa, non gliel’ha chiesto. Non fa domande, lui.

Insomma, lontano dalle paillettes, un bel festival. Inoltre se è vero, come dice il maestro Sanguineti, che manca « un’idea del decorso cinematografico : è come se uno non frequentasse mai un museo e girasse solo per le gallerie d’arte », lodevole è stata la proposta della sezione "Leggende dell’underground" : quest’anno Samuel Beckett e Buster Keaton, col loro capolavoro "Film" del 1965, "The pursuit of happiness"di Rudy Burckhardt (1940) e la mitica Maya Deren, che nel 1943 con "Meshes of the afternoon" inventa il cinema sperimentale americano.