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Amnesty e il traffico di armi

Publie le venerdì 26 agosto 2005 par Open-Publishing

Dazibao Movimenti Guerre-Conflitti Governi

di Viviana Vivarelli

Mi scuso se spesso divento aggressiva, anche se sono una pacifista ma non ho fatto voto di silenzio e non sono per niente pacifica, ormai ho dei nervi coperti che saltano ogni volta che una frase di profonda ipocrisia, mi fa sobbalzare. E comincio a non poterne piu’ di fascisti, di berlusconiani, di runiani, di periani e di altri mostri simili.

Accusare i no global di violenza mi pare, dopo tutto quello che e’ successo, qualcosa di non piu’ sostenibile. Comincio a non sopportare piu’ i falsi cristiani che mi chiamano ’atea’ appena oso alzare il velo di ipocrisia e di menzogna con cui la parte reazionaria della chiesa copre interessi e poteri che non hanno nulla di cristiano e nemmeno di umano.

Cito qui parte di una dichiarazione di Amnesty’ al nostro ministro degli interni e la sua risposta.

"Amnesty propone al Governo italiano un impegno per la sottoscrizione di un trattato internazionale - a cui si sono già resi disponibili Paesi come l’Inghilterra, l’Islanda, la Nuova Zelanda, la Finlandia, il Kenia, il Mali, la Cambogia e il Costa Rica - affinché attui una politica controllata mantenendo un costante livello di monitoraggio e di analisi dei dati sui trasferimenti europei di armi e denunciandone le violazioni;

Secondo i dati di Amnesty infatti, ogni anno muoiono, a causa della proliferazione incontrollata delle armi, mezzo milione di persone, 1.300 al giorno, una al minuto, e la diffusione indiscriminata di esse porta conseguenze nefaste come la triste realtà dei bambini-soldato arruolati nei conflitti o gli stupri e le aberranti violenze ai danni delle donne;

punti irrinunciabili del trattato sono, innanzitutto, che tutti i trasferimenti internazionali di armi dovranno essere autorizzati dall’autorità statale competente;

in secondo luogo, i governi dovranno garantire che i trasferimenti non violeranno gli obblighi assunti a livello internazionale, evitando trasferimenti di particolari tipi di armi, nel caso siano indiscriminate o abbiano caratteristiche tali da causare ferite superflue o sofferenze non necessarie, come pure saranno da evitare trasferimenti verso particolari paesi, se vietati da embarghi;

inoltre, i governi dovranno garantire che le armi che essi trasferiscono non verranno usate illegalmente, e il trasferimento non dovrà aver luogo se si è a conoscenza che le armi serviranno per violare la Carta delle Nazioni Unite, in particolare per impiegare la forza nelle relazioni internazionali, o commettere gravi violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario come il genocidio e i crimini contro l’umanità, o ancora essere ulteriormente trasferite e usate per commettere quanto sopra;

infine, i governi non dovranno trasferire armi quando vi è la probabilità che queste verranno usate per compiere reati violenti o per facilitarne la commissione, o avranno un effetto negativo sulla stabilità politica o sulla sicurezza regionale, o ostacoleranno lo sviluppo sostenibile, o ancora saranno ulteriormente trasferite e usate per commettere quanto sopra;

Amnesty, Oxfam e Iansa si prefiggono l’adozione di tale trattato entro il 2006, anno in cui si svolgerà la conferenza delle Nazioni Unite sul «Programma d’azione ONU per prevenire, combattere e sradicare il traffico illecito delle piccole armi e delle armi leggere in tutti i suoi aspetti» e per questo motivo insistono in particolar modo sul coinvolgimento dell’Italia;

il nostro paese figura infatti tra i maggiori produttori di armamenti e si colloca, nel rapporto di Amnesty, al 7 posto a livello internazionale per il valore delle armi esportate tra il 1998 e il 2002 e, quanto alle esportazioni di armi leggere e di piccolo calibro, è preceduta, nella classifica mondiale, solo dagli Stati Uniti

 : quale sia la posizione del Governo in merito a questo appello sul quale ampia è la disponibilità dell’opinione pubblica italiana.
(4-13841)

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Risposta. - L’appello lanciato da «Amnesty International» a favore di uno strumento multilaterale che regoli il commercio di armi convenzionali («Control Arms») è stato di recente autorevolmente ripreso dal Ministro britannico Straw, in un discorso pronunciato presso l’«Institute of Civil Engineers» di Londra, nel marzo scorso.

L’iniziativa britannica - che propone di negoziare un trattato («Arms Trade Treaty») in materia - mira anch’essa a regolare i flussi internazionali delle armi in esame, vincolandoli al rispetto di criteri predeterminati, tra cui la tutela dei diritti umani, la conformità al vigente diritto internazionale (incluso il rispetto degli embarghi decretati dalle Nazioni Unite), l’esigenza di prevenire conflitti interni o regionali, la lotta ai canali di traffico illecito di cui beneficiano organizzazioni criminali e terroristiche.

L’argomento sarà all’ordine del giorno della riunione dei Ministri degli esteri del G8, il 23 giugno prossimo.

L’Italia ha già espresso il suo sostegno all’iniziativa britannica, le cui finalità sono pienamente coerenti con la politica di controllo alle esportazioni di armi - caratterizzata da un approccio particolarmente restrittivo - che il nostro Paese, e i partners comunitari attuano nel quadro del codice di condotta dell’Unione europea.

I principi-cardine dell’ipotizzato «Arms Trade Treaty» sono infatti da tempo riflessi nel citato codice di condotta, al cui processo di ulteriore rafforzamento l’Italia sta attivamente contribuendo.

Il 26 maggio 2005 l’Italia ha partecipato ad una riunione, svoltasi a Londra, dedicata ad un esame preliminare dell’iniziativa, cui sono intervenuti oltre 20 Paesi unitamente a rappresentanti di ONG e dell’industria della difesa.

In prospettiva futura, è chiaro che il successo dell’«Arms Trade Treaty» dipenderà dalla capacità di consolidare un consenso generale sull’esigenza di avviarne il negoziato.

Come da ultimo dimostrato nella citata riunione di Londra, si tratta di un punto cruciale, viste le diffuse riserve che numerosi paesi tuttora nutrono verso esercizi suscettibili di limitare il diritto a dotarsi di armi convenzionali per garantire la propria sicurezza nazionale.

In particolare, anche paesi in via di sviluppo tradizionalmente favorevoli a contrastare i traffici illeciti di armi, soprattutto in America Latina e in Asia, appaiono per contro restii ad accettare restrizioni del commercio legale delle armi stesse - peraltro ritenute essenziali per contrastare fenomeni di criminalità organizzata diffusi sui rispettivi territori - basate sull’applicazione di criteri (ad esempio il rispetto dei diritti umani) che essi sovente giudicano soggettivi ed arbitrari.

Al riguardo, è fin troppo evidente che uno strumento multilaterale sul commercio di armi adottato da un numero ristretto di paesi - molti dei quali, Italia inclusa, già ora attuano un severo ed efficace controllo sulle esportazioni di materiali di armamento - risulterebbe drammaticamente inefficace rispetto al grave problema rappresentato dalla diffusione destabilizzante di armi in numerose regioni del mondo, favorita da solide reti internazionali di traffico illecito.

Sul piano procedurale e sulla base delle considerazioni precedentemente esposte, l’Italia - in linea con la maggioranza delle delegazioni espressesi sull’argomento - ritiene che le Nazioni unite debbano costituire il foro multilaterale in cui dovrebbe svolgersi l’auspicato negoziato dell’«Arms Trade Treaty», al fine di garantire la più ampia partecipazione all’esercizio.

Un’apposita risoluzione da approvarsi in seno all’Assemblea generale dovrebbe fissare con chiarezza il mandato ed il calendario dei futuri negoziati.

Andranno inoltre valutate eventuali sinergie con il «Programma di Azione delle Nazioni unite sul traffico illecito di armi piccole e leggere» - nonostante quest’ultimo abbia un ambito di applicazione assai più limitato - la cui conferenza del 2006 potrebbe offrire l’occasione per verificare se vi è un accordo globale sui principi in materia di trasferimento di armi da recepire nell’«Arms Trade Treaty».

Infine, è importante sottolineare che l’Italia è già ora attivamente impegnata in altri fori internazionali a sostenere la lotta al traffico illecito di armi. Si è infatti recentemente svolta a New York (6-17 giugno) la sessione conclusiva del negoziato di uno strumento multilaterale - che l’Italia e l’Unione Europea hanno promosso con convinzione, auspicando possa essere adottato con carattere giuridicamente vincolante - volto a consentire alla comunità internazionale di individuare tempestivamente ed agire con efficacia contro i canali di commercio illegale di armi piccole e leggere.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

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Inutile dire che finora da parte dei G8 o dei G7 nulla e’ stato fatto, su questo settore e anzi il commercio delle armi e’ entrato a buon diritto tra le voci piu’ lusinghiere del nostro commercio estero, legale o illegale, col compiacimento di tutti e senza che i difensori ufficiali della chiesa abbiano fatto una piega, occupati com’erano a combattere la ricerca sulle staminali, il condom o la liberazione femminile.