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Bologna : parla Fabio Mussi, portavoce della Sinistra Ds

Publie le giovedì 27 ottobre 2005 par Open-Publishing

Dazibao Discriminazione I "senza" - immigrati Governi Repressione

Adelante Sergio, con juicio

"Il pericolo è che si identifichi seccamente illegalità e povertà, illegalità e immigrazione".

di Antonia Taddei

Dopo più di un anno trascorso come primo cittadino della città felsinea, Cofferati, a causa di alcune discutibili scelte, è entrato in rotta di collisione con ampie fasce della sinistra locale e nazionale. Dopo il divieto di vendita di alcolici nel centro superate le nove di sera, gli sgomberi di case occupate, la polemica sui lavavetri e la rimozione forzosa del lungo Reno da insediamenti abusivi il sindaco di Bologna è diventato un caso politico nazionale, criticato da sinistra e apprezzato da destra.

Ne parliamo con Fabio Mussi, portavoce della Sinistra Ds e vice presidente della Camera dei deputati.

Del caso Cofferati, parliamo con Fabio Mussi, portavoce della Sinistra Ds e vice presidente della Camera dei deputati.

 Mussi, che cosa pensi del comportamento del sindaco di Bologna?

Sergio Cofferati è sindaco. I suoi poteri sono delimitati dalla legge, e il loro esercizio dal mandato elettorale. Cofferati è un dirigente nazionale, per il suo passato e il suo presente, e i suoi atti assumono inevitabilmente un significato generale. Mi sentirei di chiedergli di tenere presente questa sua doppia veste.

 I giornali di ieri scrivevano che avresti paragonato Cofferati a Schwarznegger. Che cosa intendevi di preciso?

Lì parlavo del senso che attribuisco al criterio di “priorità”. Per affermare, prendendo per paradosso l’esempio di un personaggio lontanissimo da noi, che mi è capitato di apprezzare la campagna del governatore californiano contro i Suv, le megamacchine dei ricchi che ingorgano e inquinano, piuttosto che i veicoli dei più poveri.

 Ma Cofferati pare aver stilato un’altra scala di valori.

Dov’è il problema? Si vuole affermare il principio: “Legalità uguale sicurezza uguale democrazia...?” Bene, sottoscrivo. Anche se con juicio. Mi è capitato di andare sotto processo, qualche anno fa, per una manifestazione non autorizzata (con relativa breve occupazione di strada e ferrovia) a sostegno di mille operai delle acciaierie di Piombino minacciati di licenziamento. Ho violato la legge, ma in quel caso ho difeso il lavoro e la democrazia. Capita.
Comunque, se si tratta della definizione astratta di principi, il gioco è facile. Il gioco diventa difficile quando dai principi si deve risalire più concretamente alle priorità e alla agenda.

 Per esempio?

Ho visto a Bologna una serie di provvedimenti in rapida sequenza - divieto di vendita di alcolici nel centro dopo le nove di sera, sgomberi di case occupate, polemica sui lavavetri, rimozione forzosa del lungo Reno da insediamenti abusivi - presentati come l’affermarsi del nuovo regno della legalità, che trasmettono tutti insieme un messaggio che merita di essere discusso.

 Quale?

Sono preoccupato che possa di nuovo alzarsi l’ondata che tende a identificare illegalità e povertà, illegalità e immigrazione. Il cavallo di battaglia della destra.
Viviamo in un Paese in cui, particolarmente negli ultimi anni, hanno dilagato poteri incontrollati, poteri irresponsabile e poteri criminali. Una infezione mortale nella vita dello Stato e della società italiana. E mai come ora appare attuale il giudizio di Gramsci sul “sovversionismo delle classi dirigenti”. Dobbiamo tenere inchiodata, nel pensiero e nell’azione, la percezione di questa realtà. Contrastare visioni rovesciate. Provo una certa rabbia nel sentire esponenti del centrodestra applaudire - strumentalmente, è evidente - la “mano dura” di Bologna, dopo aver votato tutte le leggi vergogna care a Berlusconi, e apprestandosi a votare la ex-Cirielli, che, per salvare qualche amico, libera un esercito di criminali.
Nell’agenda, nell’ordine di priorità che deriva dal principio giusto di legalità, bisogna partire dall’alto, e poi scendere. Il percorso inverso elude il cuore del problema.

 Che cosa si dovrebbe fare, a questo punto?

Nelle città aumenta il numero degli esclusi, degli emarginati, degli irregolari. Non propongo di lasciare tutto come sta, anche perché è vero che l’abisso sociale è popolato di speculatori e sfruttatori che si arricchiscono con la prostituzione, con il lavoro minorile e clandestino. Anche se sono molti di più gli speculatori e gli sfruttatori dei poveri che vivono nei quartieri alti. Dubito, dubito fortemente, che sui margini della società ci si possa muovere solo con le ruspe e i codici in pugno.
Io abito a Roma, ho visto l’intelligenza politica con cui un sindaco come Veltroni - in una situazione mille volte più critica di Bologna - si è mosso verso i gruppi più marginali, e ha affrontato, e almeno in parte risolto, i problemi dell’occupazione di case e di strutture industriali, dei clandestini e dei campi Rom. Il muscolo più usato è stato il cervello. Ricordo in particolare una delle prime campagne del sindaco, quella contro la cartellonistica abusiva, che ha colpito duramente colossali interessi speculatori e criminali.

 Alla luce di quest’esperienza, quale consiglio daresti a Cofferati?

Cofferati di cervello ne ha in abbondanza. Gli offro solidarietà per gli insulti e le aggressioni. E gli chiedo di liberare dal sovraccarico ideologico - tipo law and order - la sua azione di sindaco in una città dalle tradizioni civili e di sinistra come Bologna. Sono convinto che non sia né difficile né impossibile una correzione. Vedo, infatti, l’annuncio di nuove iniziative da lui promosse, sull’inclusione sociale, che mi pare vadano nella giusta direzione.

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