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di Tenebrio Molitor
Dunque l’intrallazziere governativo sta per lasciarci, il mestatore nel torbido della democrazia, il rimescolatore della centralità del Parlamento, il teoreta dell’abuso istituzionale si accinge a dismettere la politica per tornare a far (solo) soldi. Lo rimpiangeremo? Chissà..., forse non manca qualche probabilità in tal senso.
Primo: se basterà un voto a scacciarlo, avremo avuto torto. Intendo: tutti noi che abbiamo percepito a pelle il regime, che abbiamo intutito una dittatura strisciante al di là dei passaggi formali, che abbiamo colto l’evaporazione della libertà soltanto aprendo un giornale o ascoltando un notiziario... "Ma quale fascismo?" rinfacceranno, "Non vedete che il pluralismo è salvo, che l’informazione era imparziale, che mai si è intaccata la libertà di scelta e di autonoma opinione?".
E il peggio è che, ovviamente, i vincitori daranno loro ragione, "Ma sì, il berlusconismo non era poi così terribile, se siamo qui di nuovo noi a comandare...", e a quel punto a percepire come stanno davvero le cose rimarremo in tre o quattro (il che non è un male di per sé, ma immiserisce definitivamente una comunità nazionale già grama di lucidità e visione critica). E dunque: meglio che rivinca? Andiamo avanti.
Secondo: chi avrà vinto si accaparrerà un merito non suo. Fassino ("Avevamo ragione: Consorte è solo una mela marcia"), Rutelli ("Avevamo ragione, si ripropone la centralità dei cattolici e della scuola non statale"), Pecoraro Scanio ("Avevamo ragione: i no tav sono una sparuta minoranza"), Diliberto ("Avevamo ragione a fare fuori Cossutta!" - e qui davvero non si può dargli torto), Mastella ("Avevamo ragione: altro che pacs... vince la famiglia, vince la vita!"), Di Pietro ("Avevo ragione" - essendo uno soltanto), Bertinotti ("Avevamo ragione: vanno tassati i non iscritti al partito"), perfino Boselli ("Avevamo ragione: in un sol colpo abbiamo sdoganato Pannella e riabilitato Craxi"), tutti accamperanno pretese, nessuno ammetterà che la chiave di volta del trionfo elettorale ha un nome che comincia per S e un cognome di 10 lettere.
Terzo: qualcuno equivocherà e riterrà che il ras di Arcore abbia subito una sconfitta politica. Ma è evidente che non è così, quello sta alla politica come Bruno Vespa al giornalismo (cioè, l’uno esclude necessariamente l’altro). Se perderà sarà sul suo terreno: perché è poco persuasivo, perché non ha alcun tipo di fascino, perché non ispira fiducia, perché sfiora il ridicolo nelle sue macchiettistiche pose ed è pure bruttino. Invece sicuramente si richiameranno le scelte in politica estera e il debito pubblico! Non sarebbe magari meglio tenercelo ancora un pochetto, pur di vederlo un giorno scacciato a furor di popolo da Palazzo Chigi e dall’Italia?
Quarto: a rigore, il pataccaro Fininvest è l’opzione più rappresentativa del sentire popolare. Arricchimenti ambigui, disponibilità alle pastette, cultura approssimativa, ignoranza politica abissale, tifo calcistico, ossessione sessista, cieco attaccamento a mammà: con questi requisiti al potere, la rappresentatività democratica è perfetta. Se l’italiota medio eroizza i pistoleri mercenari e i cecchini di Stato ("Annichiliscilo!"), se sbava ogniqualvolta annusa possibili santi (De Gasperi, Wojtila, don Santoro, un giorno, chissà, Panariello...), se identifica la sicurezza con le bushane pulsioni all’ecatombe, se mette i pargoli a sventolar bandierine a ogni accenno di retorica ufficiale (il Presidente, le foibe, i terroristi arabi, l’anarco-sindacalismo che nessuno sa che cos’è ma va bene comunque, perfino le olimpiadi sportive, proprio qui dove è doveroso azzannarsi per il domenicale pallone...), allora più fedele interprete dell’anima nazionale non può esserci che l’attuale, se la parola "anima" accetta di esser sprecata così...
Quinto: quando Storace si beccherà l’influenza aviaria a riprova che "tutto va bene e non c’è pericolo per l’uomo" (tant’è vero che lui la prende e altri no), volete mettere il gusto se sarà ancora ministro...?
Sesto: di certo senza quel tale l’Italia sarà meno volgare, meno superficiale, meno bigotta, e quindi più civile, più solidale, più colta. Ma siamo sicuri, proprio per questo, che sarà ancora l’Italia?