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Eros perseguitato ma non vinto

Publie le domenica 5 dicembre 2004 par Open-Publishing

Dazibao Libri-Letteratura


Dai "Sonetti lussuriosi" dell’Aretino al rotolo di Sade, le opere erotiche
hanno seguito percorsi tumultuosi attraverso i secoli. Alla Fondazione Bodmer,
vicino a Ginevra, é loro dedicata un’esposizione.


di Michel Braudeau

A Parigi, il mese di luglio del 1789 si annuncia particolarmente caldo. Ogni giorno scoppiano in città delle sommosse. Nel faubourg Saint-Antoine, il 2 luglio si puo’ sentire da una delle finestre della Bastiglia un prigioniero esortare il popolo alla rivolta. Questo prigioniero, che si serve del tubo destinato ai suoi scarichi liquidi come portavoce, é il marchese de Sade, chiuso là dentro da cinque anni e mezzo, che grida che lo assassinano, lui e i suoi compagni carcerati.

Il governatore della fortezza, Signor de Launay, consapevole delle tensioni politiche e del carattere esplosivo del suo infernale prigioniero (di cui diede, en passant, una delle definizioni più giuste "questo essere che nulla puo’ sottomettere"), ottiene l’autorizzazione di trasferirlo dalla Bastaglia a Charenton, in un ospizio per dementi diretto dai fratelli della carità. Nella notte del 4 luglio sei uomini, pistola in pugno, strappano il marchese dal letto e lo gettano in una carrozza, "nudo come un verme", senza permettergli di prendere le sue cose, i vestiti, i libri né soprattuto, egli dirà, "quindici dei miei manoscritti pronti per essere stampati".

Sade incarica subito la moglie di recuperare i suoi beni al più presto, ma la marchesa tarda e non si decide ad intervenire che il 14 luglio. Troppo tardi: la Bastiglia é stata presa, la testa del Signor de Launay é già in cima ad una picca, la camera del marchese saccheggiata, i suoi mobili, i seicento volumi della sua biblioteca ed i suoi manoscritti dispersi e fra questi quello delle Centoventi giornate di Sodoma, un’opera maggiore che Sade crederà distrutta per sempre. Nel maggio 1790, maledicendo la noncuranza della moglie, scriverà al suo amico Gaufridy: "I miei manoscritti sulla cui perdita verso lacrime di sangue! ... Si ritrovano letti, tavoli, cassettoni ma non si ritrovano idee..." Non teneva conto della passione dei collezionisti, poiché, questo famoso 14 luglio 1789, comincia la vita clandestina ed avventurosa delle Centoventi giornate di Sodoma, romanzo straordinario fra tutti, di cui si puo’ finalmente scoprire il manoscritto nell’esposizione "Eros invitto" (aperta dal 28 novembre) alla Fondazione Martin-Bodmer di Cologny, vicino a Ginevra, dove sono presentati i più bei libri erotici della collezione di Gérard Nordmann.

Sade scrisse questo romanzo in parecchi anni di detenzione alla Bastiglia, all’insaputa dei suoi guardiani. Lo ricopio’ in venti sere, dalle 7 alle 10, con una scrittura microscopica, su foglietti incollati uno accanto all’altro su una striscia di 12,10 m di lunghezza e 12 cm di larghezza che, una volta arrotolata, entrava in un astuccio di legno, di forma fallica senza dubbio, facile da dissimulare per un prigioniero. Secondo Gilbert Lély, biografo eminente di Sade, il rotolo sfugge al saccheggio, raccolto nelle rovine della prigione da un certo Arnoux di Sant-Maximin e resta poi per tre generazioni in possesso della famiglia de Villeneuve-Trans. All’inizio del XX secolo, il rotolo viene acquistato da un appassionato d’oltre Reno e l’autografo ne viene pubblicato nel 1904 sotto lo pseudonimo di Eugen Dühren - in una versione discutibile - dallo psichiatra berlinese Iwan Bloch, che ne giudica la materia "di grande importanza scientifica per i medici ed i giuristi".

Dopo la morte di Iwan Bloch, il visconte Charles de Noailles incarica nel 1929 Maurice Heine di acquistare il rotolo a qualunque prezzo. Heine ne assicura una prima buona edizione, in 360 esemplari, edizione che Jacques Pauvert perfezionerà e completerà nel 1953, non senza qualche angheria da parte della censura, nel quadro delle Opere complete del marchese. Il testo é oggi nella Pléiade, ma il rotolo vero e proprio é restato a lungo invisibile. Il coraggioso visconte di Noailles - fra le altre eccentricità che lo fecero radiare dal Jockey Club, fu anche il mecenate del Cane andaluso e dell’Età d’oro di Buñuel - non lo prestava e proibiva che si desse un’occhiata alla "grande striscia" delle Centoventi giornate di Sodoma. Non insisteremo sulle delicate ragioni che spinsero, una ventina d’anni fa, una discendente del visconte a mettere in vendita il mitico rotolo, che fu acquistato a Ginevra dal collezionista di libri erotici Gérard Nordmann. Una vendita invano contestata dai de Noailles, attraverso procedimenti durati più di dieci anni, ma perfettamente legale e di cui é opportuno in fondo rallegrarsi: la Svizzera é solo a qualche ora di treno, le sue casseforti sono robuste e Gérard Nordmann (morto nel 1992) si é rivelato, come la sua vedova Monique dopo di lui, meno geloso del visconte.

Gérard Nordmann, nato nel 1930, fu presidente del consorzio dei grandi magazzini Maus frères solo per rispetto della tradizione familiare. Avrebbe voluto essere sociologo e divento’ collezionista di libri rari, principalmente erotici. Perché l’erotismo, assicura La Signora Nordmann, é una finestra sull’animo umano ed il sentimento dell’amore. "Mio marito era un uomo molto discreto, modesto, che non ha mai fatto rumore intorno a lui. Aveva la passione dei libri, ma una passione generosa." Nordmann accolse moltissime celebrità, da Valéry a Selma Lagerlöf e André Pieyre de Mardiargues, e permise a numerosi ricercatori, fra cui Annie Le Brun e Jean-Jacques Pauvert, di consultare l’uno o l’altro dei 2000 inestimabili pezzi che aveva raccolto. "E’ per questo che ho voluto far redigere un catalogo della biblioteca di mio marito e che ne presto adesso gli elementi più rari alla fondazione Bodmer dove regna lo stesso spirito di apertura."

Sarebbe difficile isolare la storia della Bibliotheca Bodmeriana da quella del suo principale artefice. Martin Bodmer (1899-1971), nato in una famiglia patrizia di setaioli zurighesi, colleziono’ libri rari dall’età di 16 anni e concepi’ l’illimitata ambizione di una biblioteca di letteratura universale che avrebbe riunito gli scritti più importanti dell’umanità, non solo in campo letterario ed artistico, ma anche religioso, scientifico e politico. Nominato presidente della CICR (Croce Rossa), lascio’ Zurigo per Ginevra e nel 1942 trasferi’ la sua collezione sulle rive del Lemano. In cinquantacinque anni accumulo’ opere capitali, estese il suo progetto alle tavolette cuneiformi, ai papiri, alle monete antiche. Un insieme prodigioso non enumerabile qui, dal più antico esemplare conosciuto del Vangelo secondo San Giovanni fino alle bozze di Proust, attraverso le edizioni originali del Don Chisciotte, del Faust, etc.

Prima della sua morte, rifiutando la proposta di un milionario americano che gli offriva 60 milioni di dollari (del 1971), Martin Bodmer, con l’accordo dei suoi figli, deposito’ la sua collezione nel cuore della Fondazione che porta il suo nome, un’istituzione culturale privata diventata di levatura internazionale. Certo, Martin Bodmer aveva i mezzi per tanta generosità - sebbene, nella psicologia complessa di altri collezionisti altrettanto ricchi, più che l’avarizia sia il gusto di un segreto solitario a trattenerli dallo svelare i loro gioielli ad altri - ma non era questo il suo carattere né quello di Gérard Nordmann e di sua moglie, eruditi che amavano abbastanza i loro libri per condividerne il loro nobile piacere.

Il visitatore, dopo uno sguardo al rotolo di Sade, constaterà che ben altri scritti hanno vissuto un’esistenza avventurosa quanto quella degli eroi che contengono. Il romanzo di certi romanzi prende spesso a prestito da questi ultimi molti casi fortuiti. Cosi’ I quadri dei costumi del tempo nelle differenti età della vita fu (probabilmente) scritto dal fattore generale La Popelinière nel 1750, a suo uso esclusivo. Lo fece stampare nel più gran segreto, a Passy, sotto i suoi occhi, in un solo esemplare. Ma il suo stampatore divulgo’ la cosa presso il tenente-generale di polizia Berryer... Alla morte del fattore generale, esistevano tre copie di questa "fantasia orientale", che furono salvate da Luigi XV. Da allora la favola fece non pochi viaggi: in Inghilterra dopo la Rivoluzione, riappare in Russia nel gabinetto privato del principe Galitzin, non cessa di passare di mano, prima di arrivare all’hôtel Drouot. Solo l’esemplare di Gérard Nordmann é adorno di miniature galanti e di stile allegro, leggero, dove si puo’ indovinare il pennello di Marolles, pittore ufficiale del re, il quale, meno fortunato di Nordmann, non poté divertirsi che con il testo...

Avventura tumultuosa ma tutto sommato abbastanza saggia. Non cosi’ il più antico fra i libri erotici di Gérard Nordmann, i Sonetti lussuriosi dell’Aretino, illustrati da Giuliano Romano. Pietro l’Aretino, nato ad Arezzo nel 1492, é già una brillante canaglia quando arriva a Roma a 25 anni. Intrigante, scandaloso, conduce apertamente vita dissoluta con le donne e gli uomini. Meglio, si permette il lusso di denunciare la corruzione dell’ambiente pontificio. Si vuole sbarazzarsene, egli scappa al Nord e non torna a Roma che nel 1523, quando il suo protettore Giuliano de Medici é eletto papa con il nome di Clemente VII. In quell’anno il pittore Giuliano Romano (che i Francesi hanno l’abitudine di chiamare Jules Romain), nato come lui nel 1492, ha appena terminato in Vaticano una serie di sedici disegni licenziosi che raffigurano diverse posizioni dell’amore. I disegni sono spariti e sarebbero dimenticati se il maestro incisore dell’epoca, Marcantonio Raimondi, non li avesse riprodotti in sedici bulini e stampati nel 1524. Un disegno é fragile, facile da nascondere, ma delle tavole incise sono incontrollabili. Il Vaticano si muove. Il datario Giberti, incaricato della politica pontificia, fa gettare in prigione l’incisore Raimondi.

L’Aretino fa valere allora il suo credito ed ottiene da Clemente VII la liberazione di Raimondi. E, da quel fiero libertino che é, non si limita a questo. Vuole vedere le posizioni condannate: Avendole viste, mi trovai in preda allo stesso spirito che aveva spinto prima Giuliano Romano a disegnarle. Scrissi su queste posizioni i sonetti di lussuriosa memoria che si vedono sotto le figure." La provocazione é patente, la sfida lanciata ai censori del tutto manifesta. L’Aretino non é di quelli che si intimidiscono e che, nelle avversità, preferiscono aggravare ostinatamente il loro caso. Caduto in disgrazia, mezzo assassinato dagli sbirri di Giberti, lascia Roma per Venezia dove spira un’aria più libera. Continua per trent’anni a far tremare i potenti con le sue commedie e le sue lettere. Nel 1558, due anni dopo la sua morte, la Santa Sede mette all’Indice tutta la sua opera.

A lungo si credettero perduti per sempre le sedici posizioni ed i loro sonetti, fino al 1928, quando Walter Toscanini, figlio del direttore d’orchestra, compro’ (non si sa da chi) un piccolo libro in octavo, stampato a Venezia verso il 1931, contenente diverse poesie, fra le quali erano inserite alla chetichella la maggior parte delle incisioni di Giulio Romano ed i sonetti dell’Aretino. Scoperta strepitosa, che Gérard Nordmann acquisisce a New York nel 1980. Il paragone del manoscritto Nordmann con i frammenti (casti) conservati al British Museum prova nondimeno che questi rudimentali legni restituiscono fedelmente cio’ che furono le incisioni originali. Quanto al testo, nulla puo’ impedire di coglierne il senso esplicito.

Le incisioni rappresentano diverse forme di accoppiamento ed i sonetti danno la parola ai partners in azione, come in un fumetto, o precisano senza ambagi tal dettaglio che si vede male sull’immagine. L’Aretino tratta i suoi personaggi con la stessa sfrontatezza e da persino un certo vantaggio alle signore. Gli uomini fanno quel che fanno di solito, ma le donne, più ardite, prendono spesso l’iniziativa delle pose, esigono senza pudore che il cazzo (in francese nel testo, NdT) virile del loro amante le visiti per la porta secondaria che il biancore delle loro chiappe difende, peccato mortale. L’Aretino non si accontenta più di dileggiare i costumi del Vaticano, egli legittima la frenesia dei corpi ispirati dalla Natura e sviluppa una teoria edonista del piacere libero da ogni morale, con una gaiezza che garantirà alla sua filosofia liberatoria un’invidiabile posterità.

A rischio di scioccare qualche spirito malinconico, i responsabili della Bodmer non hanno giudicato questa esposizione contraria alle aspirazioni del fondatore: l’amore, la dissolutezza non sono estranei alla letteratura, alla religione, alle scienze, alla politica. In effetti Eros, sempre imbattuto, é di casa dappertutto. La censura gli fornisce le sue ali più lunghe. E più liberamente si parla di lui, meglio egli di parla di noi.

Tradotto dal francese da Karl & Rosa

http://bellaciao.org/fr/article.php3?id_article=11248