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I pacifisti accusano i media e qualcuno anche il leader dei Ds.
Publie le mercoledì 24 marzo 2004 par Open-Publishing«Un caso usato per oscurarci»
I disobbedienti: no alla criminalizzazione
Su una cosa gli organizzatori della manifestazione di sabato
sono tutti d’accordo: che il «caso Fassino» abbia
monopolizzato i mezzi di informazione facendo passare in
secondo piano una partecipazione popolare che è andata al di
là di ogni più rosea aspettativa. Cifre che avrebbero dovuto
risaltare ancor più se confrontate con lo zero assoluto della
manifestazione di due giorni prima in Campidoglio.
Un’attenzione mediatica che anche a chi solidarizza con il
segretario dei Ds appare strumentale. Addirittura «la più
grande opera di depistaggio mediatico della storia
repubblicana» per Alfio Nicotra del Prc. Lunedì ci sarà invece
il «chiarimento politico» chiesto al comitato Fermiamo la
guerra dal segretario della Cgil Guglielmo Epifani, che ha
parlato di «atti intollerabili» in relazione alla cacciata di
Fassino dal corteo. Mentre i disobbedienti respingono al
mittente la «criminalizzazione gratuita», parlano di
«contestazione civile» e ribaltano le accuse sul servizio
d’ordine dei Ds. «Abbiamo marciato anche al fianco di uomini
politici del centrosinistra senza tensioni di sorta», dice
Nunzio D’Erme.
La contestazione di sabato scorso ha un
precedente neppure tanto lontano: nell’ottobre 2001, appena
otto giorni dopo l’attacco Usa all’Afghanistan, era toccato a
D’Alema e Rutelli andare incontro ai fischi e a qualche
improperio della platea affatto estremista della marcia della
pace Perugia-Assisi. Ma i due leader politici del
centrosinistra abbozzarono e continuarono a sfilare. Stavolta
no. Al primo accenno di contestazione, l’intervento deciso del
servizio d’ordine Ds, che otteneva l’effetto di alimentare la
contestazione e un passaparola nel corteo che in breve portava
altri manifestanti a risalire via Cavour in direzione dello
spezzone diessino. Episodi questi che fanno malignare qualcuno
degli organizzatori della manifestazione. Come Luciano
Muhlbauer dei Sincobas, che rivolge alcune domande ai vertici
Ds: «Perché Castagnetti e Rutelli hanno potuto essere presenti
al corteo senza che succedesse assolutamente niente? Perché il
segretario dei Ds ha scelto di entrare nel corteo circondato
da un folto servizio d’ordine dalle maniere a dir poco spicce?
Perché non ha voluto accettare, come invece era successo altre
volte, la proposta di collocazione del comitato organizzatore,
di cui i Ds non erano parte perché in disaccordo con la
piattaforma?» Domande che fanno chiedere se i vertici Ds non
«stiano tentando un regolamento di conti con quanti sono
colpevoli di aver votato no alle truppe d’occupazione
nell’Iraq.
Un’operazione politica che non potrebbe che trovare
una comprensione tutta bipartisan nel centrodestra». Anche
Piero Bernocchi dei Cobas accusa il segretario Ds: «Dopo aver
cercato di imporre provocatoriamente la sua presenza al
corteo, appare evidente che sta cercando di cogliere tre
piccioni con una fava sola: oscurare la grande manifestazione
di sabato; dividere il movimento in buoni e cattivi; riportare
gli alleati riottosi sotto il dominio Ds». Ma anche tra chi,
come il presidente dell’Arci Tom Benetollo, si dichiara
«amareggiato» per «un episodio incompatibile con
l’impostazione ideale e progettuale della manifestazione, c’è
comunque la sensazione che si cerchi di «gettare nebbia sul
movimento per la pace», che ha sfatato «le previsioni dei
soliti falsi profeti che parlavano di flop». Sulla stessa
linea Flavio Lotti della Tavola della pace, che parla di un
«caso strumentalizzato» e che quindi «va ridimensionato»,
anche se «episodi del genere non dovranno più accadere nelle
prossime manifestazioni pacifiste».
Il «caso Fassino» fa discutere anche i girotondi. In un
articolo intitolato «un milione di persone e pochi fischi»
Paolo Flores D’Arcais sostiene che «dare alle due notizie lo
stesso peso vuol dire scambiare il giornalismo con la
manipolazione propagandistica», specie se è avvenuta una
semplice contestazione sonora e non «un’aggressione».
Attirandosi così le critiche di altri girotondini come Marina
Astrologo, Edoardo Ferrario e Silvia Bonucci. Toni molto duri
di condanna della contestazione di sabato sono invece
contenuti in un telegramma che il presidente dell’associazione
delle ong Sergio Marelli e il portavoce del Forum del terzo
settore Sergio Rasimelli hanno inviato a Fassino. In esso si
condanna l’«aggressione subita da parte di un gruppo di
inqualificabili imbecilli che nulla hanno a che vedere con lo
spirito e il lavoro unitario di movimento che ha portato in
piazza centinaia di migliaia di persone».
Il Manifesto