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Iraq: 33 morti, un miliardo. Adesso dice che si è sbagliato

Publie le lunedì 31 ottobre 2005 par Open-Publishing
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Dazibao Guerre-Conflitti Governi

di Luana Benini

"Ero contro la guerra in Iraq. Ho tentato invano di convincere Bush e Blair a non attaccare". La rivelazione di Berlusconi- che oggi sarà a Washington per incontrare "Dabliù" Bush azzoppato dall’uragano Libby- è una "balla spaziale" (titolo del Manifesto) oppure una non notizia ( Berlusconi, si affannano a dire nella Cdl, è sempre stato refrattario alla guerra)?

A sostegno della seconda opzione arriva l’omnicomprensivo libro di Bruno Vespa "Il Cavaliere e il professore" che riporta alcune affermazioni di Berlusconi datate 2003: "Ho sempre temuto l’impresa militare in Iraq. In due successivi colloqui con il presidente Bush ho espresso queste riserve, cercando di convincerlo a non intraprendere l’azione militare. Gli avevo anche suggerito di subordinarla a una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
A un certo punto, però, ho dovuto prendere atto che la decisione sulla guerra era già stata assunta e non era modificabile".

Salvo che da quel momento in poi Berlusconi ha concordato in tutto e per tutto con l’amico americano, ne ha difeso le ragioni, esaltata la «missione», la guerra preventiva per esportare la democrazia, e ha partecipato alla costruzione e alla diffusione di bugie mediatiche sulla presenza in Iraq di armi di distruzioni di massa per avvalorare l’intervento armato. E allora la piroetta del premier nel momento del crollo di consensi a Bush e alla guerra in Iraq appare davvero pesante: finora hanno perso la vita in Iraq 26 militari italiani, 6 civili e il funzionario del Sismi Calipari. Ma leggiamo in sequenza le dichiarazioni di Berlusconi.

 23 gennaio 2003: «Il presidente degli Stati Uniti Bush ha la certezza che ci saranno anche delle prove sulle armi di distruzione di massa. Sappiamo che ci sono ulteriori prove certe su cui siamo tenuti alla riservatezza».
 3 febbraio 2003. «L’azione militare è l’ultima delle misure... Ma la comunità internazionale non si può sottrarre alla ricerca di risposte sull’esistenza di armi di distruzione di massa in Iraq. Non si può nascondere la testa sotto la sabbia».
 9 febbraio 2003. «Dove sono andate le 6500 bombe chimiche, le 100mila tonnellate di agenti chimici, gli 8500 litri di antrace, i 146 missili a lungo raggio?». Adombra il fatto che le «armi biologiche o chimiche possano essere già state consegnate alle organizzazioni terroristiche».
 27 febbraio 2003. In conferenza congiunta con Aznar ribadisce: «Non si può accettare che ci siano degli Stati con dei regimi non democratici che possono detenere, contro il parere delle Nazioni Unite, delle armi di distruzioni di massa».
 17 marzo 2003. Bush ringrazia per lettera Berlusconi: «Dear Silvio mentre stiamo affrontando una minaccia senza pari, desidero esprimere la gratitudine del popolo americano per lo straordinario sostegno che tu e il tuo governo avete dato alla guerra globale contro il terrorismo. Ti sei schierato con noi e non lo dimenticheremo».
 19 marzo 2003. Il premier spiega in Parlamento che «le condizioni per l’autorizzazione all’uso della forza si sono, oggi, legittimamente determinate»: «Il combinato delle varie risoluzioni autorizza il disarmo forzoso dell’Iraq...Il governo non metterà in discussione l’Alleanza atlantica come vorrebbe la sinistra cui manca il senso della realtà e della democrazia... È in gioco la chiara collocazione del nostro paese nei confronti degli alleati che hanno lanciato la sfida a un sanguinoso tiranno come Saddam Hussein...L’Italia non parteciperà direttamente alle azioni militari: non manderà in Iraq né uomini né mezzi ma concederà agli Usa...l’uso delle basi e dello spazio aereo».
 21 luglio 2003. Dopo il colloquio fra Bush e Berlusconi in Texas, la conferenza stampa congiunta. Bush dice: «Sappiamo che difendere la libertà implica costi e sacrifici e gli Usa sono grati all’Italia per aver deciso di farsene carico insieme a noi...Dall’11 settembre 2001 l’Italia e gli Stati Uniti hanno fatto fronte comune contro la tirannia e il terrorismo globale... Le reti terroristiche mondiali rappresentano una minaccia per l’America, l’Italia e tutte le nazioni pacifiche. Noi le spezzeremo e le distruggeremo. Anche la proliferazione delle armi di distruzione di massa è una minaccia...non avremo tregua fino a quando questa minaccia non sarà cancellata».
 20 aprile 2004. Dopo il ritiro delle truppe da parte di Zapatero: «Possiamo approfittare del fatto di essere considerati ora come l’alleato più vicino nell’Europa continentale agli Usa che sono la prima superpotenza del mondo».
 11 maggio 2004. Dopo la rivelazione delle torture ad Abu Ghraib. Si dice «addolorato per le umiliazioni e sofferenze inflitte da alcuni soldati americani ad alcuni prigionieri iracheni». Guai però «se quanto avvenuto» oscurasse «la missione di pace e di libertà dei nostri soldati in Iraq» che lì devono restare.
 19 maggio 2004. Colloquio alla Casa Bianca. «Dobbiamo seguire una strategia comune contro il terrorismo - afferma Berlusconi - se abbandonassimo l’Iraq prima che si affermasse una democrazia sarebbe la guerra civile con migliaia di morti in un Paese fondamentalista ed esportatore di terrorismo». Bush a sua volta: «È facile trattare con il mio amico Silvio...».
 20 maggio 2004. In Senato Berlusconi promette «guerra duratura»: «Resteremo fino al ristabilimento della democrazia».

http://www.unita.it/index.asp?SEZIO...

Messaggi

  • Conforta che cominci a prevalere il concetto pervasivo di "inganno". C’era bisogno delle balle di Bush, del Nigergate, delle torsioni declamatorie del presidente del consiglio italiano? Non era forse già insito, il concetto di inganno (comunicativo, mediatico, universale...), nell’ascesa al trono fraudolenta del bellimbusto texano così come del manipolatore televisivo nostrano? Sull’altare del potere, la verità funge ormai da vittima sacrificale, nel senso che la si sacrifica con gusto per ottenere il controllo della pubblica opinione; al punto che non solo essa non è più un valore, bensì assurge al ruolo di fattore produttivo o, meno nobilmente, di ingrediente: la si sminuzza, la si frulla in un composto informe, si mescola a un impasto di mezze/verità altrettanto mendaci e ne risulta il timballo di consensi elettorali (e non solo) che vale la leadership, il premierato, la privatizzazione del parlamento e degli interessi perseguiti dalle istituzioni e dalla politica. E’ un inganno, a ben vedere, con la i minuscola. Figlio naturale di un Grande Inganno molto meno recente e percepibile, riassumibile (per via di ampia approssimazione) nella formula "sostituzione dell’ormai desueta (e, per le imprese, ormai vinta) lotta di classe con la più attuale e proficua lotta ai diritti dei consumatori. Fermandoci al solo settore alimentare, ricordate una categoria di prodotti che non siano marchianamente oggetto di sofisticazione possibile, sospetta, probabile, quando non accertata? Dal vino alla carne agli ortofrutticoli al pesce ai caseari a tutto il resto: cosa suggeriscono i termini diossina, mercurio, metanolo, o.g.m, pesticidi, atrazina (e non proseguiamo per lasciare ad ognuno il gusto di una sua personale lista di ricordi e di esperienze)? I produttori hanno sovrapposto a un blando ed univoco (grazie alla globalizzazione) sfruttamento dei lavoratori un più sottile ed occulto sfruttamento dei consumatori, ingannati grazie alla connivenza (quanto gratuita?) delle autorità pubbliche, dei mezzi di informazione e del ceto politico tutto intero. E che dire dei prodotti finanziari, degli oligopoli mascherati, dei farmaci, dei servizi in genere? E che dire, ahinoi, dei servizi televisivi? Perché è da lì che parte quasi tutto, da quei famigerati fine 70/inizio 80 che videro la moltiplicazione endemica dei devastanti effetti della c.d. "televisione commerciale", la quale fagocitò in cinque minuti le istanze libertarie, la cultura alternativa, il sessantotto, la rivoluzione femminile, la contestazione studentesca e la speranza in un mondo migliore. Da lì all’oggi non c’è più che una manciata d’anni e qualche semplificata considerazione: oggi ci si scanna in famiglia per noia, piuttosto che tra belligeranti per idee. Si dirà che non c’è molta differenza, Berlusconi aggiungerà (con aqgghiacciante profondità di pensiero) che lui già da allora era contrario a ogni male e favorevole a ogni bene. Che non sia credibile, o addirittura che sia palesemente falso non ha importanza: il Grande Inganno si alimenta di falsità a beneficio del popolo bue e delle sue decervellate ruminazioni. Resta una perplessità ineludibile: siamo diventati così (così perduti, ad esempio, da fare di Celentano il paladino della libertà di pensiero...) o lo eravamo già allora? Ma è, a ben vedere, un paradosso logico: ingannevole come le bombe di Saddam o il campionato di calcio...

  • Segue al testo di un minuto fa. Preciso il titolo ("Il grande inganno") e la firma (Tenebrio Molitor)