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La «fortissima indipendenza» di "Liberazione"...
Publie le giovedì 31 luglio 2008 par Open-PublishingLa «fortissima indipendenza» di "Liberazione"
di Leo Di Paolo Bologna
Cari compagni di "Liberazione", comprendo il vostro dolore per l’inopinata sconfitta di Nichi Vendola a Chianciano, ma ora, terminata finalmente la tempestosa fase congressuale, sarebbe il caso di ragionare tutti in modo un po’ serio sul rapporto tra "Liberazione" e le vicende del nostro Partito.
In una intervista apparsa oggi su "Repubblica", il compagno Sansonetti rivendica per "Liberazione" l’aver avuto un ruolo di «fortissima indipendenza» nei confronti del Partito. Confesso che questa affermazione mi ha lasciato molto perplesso: durante la fase congressuale "Liberazione", più che giornale "indipendente" mi è apparso organo di una sola corrente, quella che fa riferimento al compagno Vendola.
A sostegno di questa mia affermazione potrei portare molti esempi: forse il più eclatante riguarda l’articolo senza firma in cui si giustificava l’"allegro" metodo di tesseramento adottato da esponenti dell’area "vendoliana" in molte federazioni e la conseguente delegittimazione dei nostri organismi di controllo (e fra l’altro, non eravamo fino a ieri tutti d’accordo almeno nella critica al leaderismo,al plebiscitarismo e alla personalizzazione della politica che avevano caratterizzato le primarie volute da Veltroni?
Quello che non va bene per il Pd va forse bene per il nostro Partito?). E certo non è stato un segnale di grande "indipendenza" da parte del giornale l’aver voluto dare una immagine spesso caricaturale dei compagni che si opponevano a Nichi Vendola, per cui il Congresso sembrava dover essere una sfida di "innovatori" contro "conservatori", "sinistra moderna" contro "minoritari nostalgici" (che poi fa anche un po’ di tenerezza essere accusati di minoritarismo da chi sosteneva la continuazione di una linea politica che ha portato per la prima volta alla nostra esclusione dal parlamento e ci ha ridotto ai minimi termini nella società...).
Risultano poi incomprensibili alcuni piccoli episodi: il compagno Sansonetti,che fino al giorno prima aveva fatto sul congresso una «informazione formidabile» (parole sue nell’intervista a "Repubblica") il giorno dopo il congresso ha preferito fare un editoriale sulla vicenda di due soldati obiettori in Afghanistan: argomento sicuramente importante,ma forse molti compagni avrebbero preferito un suo autorevole parere su quanto successo a Chianciano.
E oggi,sulla prima pagina del nostro giornale, l’unico riferimento al congresso è una intervista a D’Alema, il quale definisce simpaticamente la nuova maggioranza del Prc come "massimalista","gruppettara" e di "matrice un po’ stalinista" (usando stranamente argomentazioni molto simili a quelle di Vendola durante il congresso).
No, cari compagni,così non va. Se avete deciso di essere il giornale di una corrente di partito, basta dirlo, ma senza giustificare questa scelta dietro improbabili dichiarazioni di "indipendenza".
Se invece il compagno Sansonetti prendesse atto che il congresso è finito e che linea politica da lui sostenuta è uscita sconfitta,forse troverebbe anche la forza di ammettere che in un giornale comunista non esistono direttori buoni per tutte le stagioni.
Sarebbe un segnale di buon senso che aiuterebbe a superare le divisioni della nostra comunità "ferita".