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Olimpia, Mameli e storia patria: la distorsione al potere

Publie le martedì 28 febbraio 2006 par Open-Publishing
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Dazibao tenebrio molitor

de tenebrio molitor

Meraviglie dello spirito nazionale, miracoli olimpici, l’Italia tutta si ricompatta periodicamente in nome di vaghe unità popolari, di aleatorie istintualità patriottarde. Che siano pallonisti o pattinatori sul ghiaccio, questo tipo di richiami aggrega generalizzati ideali alla portata di tutti: W L’ITALIA!, che è un pò come invocare "Madonnina proteggimi" sul cruscotto della propria volta cranica.

Che il tutto sia poi palesemente allestito in chiave Fiat, con gran scialo di propaganda efficientista ad uso della crescita mibtel, evidentemente non disturba nessuno, neanche al cospetto di rinnovati programmi ristrutturativi. Men che meno possono consolare, allora, le olimpiche bordate rivolte, nella medesima sede, all’indirizzo del leader del Governo: sono bordate ingenue, risibili, tutto sommato innocue a fronte del compatto unanimismo con cui s’intona l’inno di Mameli, col cuore che vibra, con l’anima accesa del sacro fuoco di non si sa quale coinvolgimento interiore...

E’ una retorica stucchevole, da tre soldi, e sconcerta constatare come non vi si sottragga nessuno, non i politici c.d. progressisti, non i commentatori illuminati né i più avanzati analisti del costume. Ma di quale patria e di quale fraterna comunità dovremmo percepire il richiamo? Di quella che impoverisce la vita materiale dei suoi cittadini a vantaggio di pochi nababbi extra-ordinem?

Di quella che pariteticamente calpesta prima il diritto al lavoro e poi il lavoro in sé? Di quella che ammannisce brodaglia danzereccio/canzonettistica come paradigma di emancipazione culturale? Di quella che tutela le cellule staminali più e meglio che non l’infanzia povera? Di quella che ha posto l’aggressività aziendalistica al centro di un barbaro modello di sviluppo? Di quella che reagisce ai pestaggi ai marocchini con manifestazioni a sostegno dei pestatori in divisa?

Di quella che si dice fondata su una presunta "famiglia" ma si accorge in ritardo degli orrori familiari (a Novi Ligure, a Cogne e via elencando), ed anzi nega diritti alle famiglie fondate soltanto (!!) sull’amore? O di quella che del solo patrimonio unificante di cui disponeva (la storia) e del documento che ne compendiava collettivamente il passato e le prospettive a venire (la Costituzione) ha fatto sconnessi e opinabili brandelli?

Purtroppo o per fortuna, il sentimento di comunità non può risiedere nel tifo calcistico, come nelle sue semplificazioni asinine propugna il capo dell’esecutivo e di Mediaset, né può la fratellanza alimentarsi al karaoke dell’arricchimento a oltranza. Eppure a Ferrando hanno dato addosso tutti, senza attenuanti, senza approfondimenti, con la cecità di un odio assurto a denominatore universale! Viceversa altre, meno superficiali, sono le colpe che accomunano (queste sì!) gli inopinati revisionismi dei tempi bui che viviamo.

Aver mortificato il protagonismo di un popolo a difesa di se stesso, nullificato le peculiarità esclusive delle nostre vicende nazionali, aver vanificato il sangue di chi lo ha versato per la libertà in una perversa quanto infedele omologazione degli orrori: di questi crimini storiografici (che sono alla base della deformità antropologica portatrice di tanta devastazione socio-culturale) dovranno rispondere in pari misura il berlusconismo di matrice vil-thatcheriana e il violantismo che apre ai ragazzi di Salò. E’ più opportuno, più dignitoso condividere i valori dell’antifascismo, coagulare aggregazione profonda intorno alla lotta per la democrazia, o piuttosto all’epopea Blasi/Totti?

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