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Prc: è terremoto elettorale

Publie le martedì 15 aprile 2008 par Open-Publishing

Prc: è terremoto elettorale

di Marzia Bonacci

Politica Sempre più possibile la cancellazione della sinistra dall’arco parlamentare. Una sconfitta che spinge Bertinotti a dimettersi dalla direzione e spinge le minoranze interne al suo partito sul piede di guerra. Congresso subito e dimissioni dei vertici sono le richieste

Una ipotesi come questa non l’aveva presa in considerazione proprio nessuno. Nemmeno i più scettici, i più pessimisti. I rumors raccontano infatti che chi si aggirava nel partito, il Prc, ipotizzando preoccupato un 5% come risultato elettorale, veniva quasi sbeffeggiato e deriso come una cattiva Cassandra eccessivamente nichilista. Ed invece la possibilità più remota sembra diventata amara certezza, che si impone ora come un macigno insormontabile non solo sul percorso unitario, ma sul destino dell’intera sinistra italiana, che stando alle prime proiezioni risulta privata di rappresentanza istituzionale. Così nel paese che ospitò il più grande partito comunista d’occidente, patria di Antonio Gramsci e Enrico Berlinguer, la Sinistra scompare dall’arco parlamentare e diventa, la parola è cruda e quasi assurda, forza extra-parlamentare. Le prime scosse di questo terremoto drammatico vedono il candidato premier Fausto Bertinotti dimessosi dalla carica politica rivestita fino a qualche ora fa: "Il mio ruolo di direzione termina qui, questa sera, mi dispiace con una sconfitta. La mia attività continua, continuerò a dare una mano ma la mia stagione si conclude qui", ha affermato l’ormai ex leader della Sinistra Arcobaleno incontrando i giornalisti nel quartier generale, allestito presso l’Hard Rock Cafè di via Veneto a Roma. Il dato è infatti inoppugnabile, chiarissimo: "una sconfitta netta di proporzioni impreviste", l’ha definita Bertinotti, aggiungendo che "ora si deve produrre una discussione in tutte le parti che costituiscono la sinistra italiana".

Proprio una discussione è quella che chiedono le minoranze interne al suo partito e le voci da sempre critiche verso la linea governista sancita dal Congresso di Venezia. Più che una discussione, forse sarebbe meglio definirla come una resa dei conti politici che inchiodi la dirigenza alle sue responsabilità: in primis, quella di essersi appiattita sul governare a tutti i costi e a qualsiasi prezzo; poi, quella di aver abbandonato il comunismo, recentemente ridotto dall’ex candidato premier ad una istanza culturale.

La partecipazione fallimentare al governo, l’opera di sistematica liquidazione del Prc e del comunismo: sono queste le cause che hanno provocato "la delusione profonda nel popolo della sinistra", ha dichiarato il segretario regionale dell’Emilia Romagna Leonardo Masella. Per il quale l’unica soluzione è che "il gruppo dirigente rassegni immediatamente le dimissioni" per avviare un congresso, dove "dovrà cambiare radicalmente la linea governista" e che "dovrà pronunciarsi sulla salvezza di Rifondazione Comunista". Ci spiega Ramon Mantovani che "il fatto che quattro partiti, che prendono un milione di voti e diventano extra parlamentari, oltre che essere una tragedia è anche un dato che inchioda le dirigenze stesse di quei partiti alle loro responsabilità". Adesso l’unica via di uscita è che "i vertici di queste stesse formazioni si dimettano". Ripartire dal Prc e praticare una unità sui contenuti, invece, è l’altro aspetto su cui lavorare. "Perché -continua Mantovani- questa buffonesca lista elettoralista dal nome ridicolo non ha prodotto risultati". Anche per lui, il prezzo pagato è stato altissimo e dovuto al ruolo giocato nel governo, un ruolo che non stenta a definire "disastroso" e che "si è tradotto in astensione e voto utile per il Pd". Dissociarsi prima, dissociarsi quando si era in tempo: è questo il rimpianto che deve pesare sulle spalle del Prc secondo Mantovani. Anche il partito unico della sinistra, su cui si è insistito tanto, si è rivelato fatale come aggravante: "ha spaventato gli elettori, li ha allontanati", dice l’ex deputato comunista.

Claudio Grassi dell’area Essere Comunisti non si distacca molto da questa diagnosi e dalla sua conseguente prognosi. "Chi ha parlato in queste settimane di una lista unica come primo passo verso la costruzione di un partito unico della sinistra e ha agito nella direzione di accelerare questo processo, non ascoltando la perplessità diffusa nel corpo del partito, deve trarne le dovute conseguenze". A cosa portino è chiaro: "vanno convocati immediatamente gli organismi dirigenti e va dato il via al congresso nazionale".

Appare certo che a queste voci critiche le spiegazioni fornite oggi dal segretario non bastano. Franco Giordano ha infatti parlato "di un voto di protesta che insieme al cambio di sistema ha avvantaggiato la destra". Il tutto condito da "processo di americanizzazione della politica fondato su due forze politiche" che ha fatto il resto in negativo. La risposta per lui è "costruire meglio il soggetto unitario e farlo vedere con grande forza come alternativa". L’esatto contrario di quanto chiedono all’interno le cosiddette minoranze: fattore, questo, che lascia presagire che il prossimo, per Rifondazione, non sarà un congresso semplice.

Grande soddisfazione invece per gli ex compagni di partito che hanno lasciato la casa del Prc per navigare su una barca solitaria. Sinistra Critica, che ha schierato Flavia D’angeli come candidata premier, ha incassato al Senato l’1,2%. "Siamo noi la vera sorpresa", ha commentato il deputato uscente Salvatore Cannavò, mentre per Franco Turigliatto, senatore di Sc, la sconfitta della sinistra ha un solo responsabile: "si chiama Fausto Bertinotti". Colpa imperdonabile, secondo lui, la partecipazione al governo per cui "la Sinistra Arcobaleno si è dissanguata per Prodi a tutto vantaggio di Veltroni". La D’Angeli ha scelto invece la strada della battuta caustica a sfondo storico per commentare il quadro elettorale. "Per dirla con una battuta, dove non era riuscito Occhetto è riuscito Bertinotti e quindici anni di storia di Rifondazione e della sinistra antagonista sono stati buttati al macero", ha detto, sottolineando anche come "l’idea che Berlusconi si potesse battere con politiche moderate non premia infatti Veltroni che resta molto distante dal Popolo delle Libertà".

"Ora - ha proseguito la leader di Sc - non resta che ricostruire. Il piccolo ma prezioso risultato di Sinistra Critica ci dà la spinta per cimentarci con questo compito considerevole". Prima tappa di questo cammino di riedificazione, la rinascita di "un movimento di opposizione sociale alle politiche liberiste imperniato sulla lotta alla precarietà, alla guerra, alla devastazione ambientale, alle ingerenze vaticane". Per sconfiggere attraverso "una costituente anticapitalista", le forze reazionarie del libero mercato.

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