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Resistenza

Publie le mercoledì 9 maggio 2007 par Open-Publishing

di Roberto Ferrario

Quando un Paese é sul punto di cambiare governo e questo nuovo governo puo’ essere un governo brutale o che tradisce gli interessi della maggioranza dei cittadini, contrario al pubblico interesse del singolo e della società, il Paese abdica, si adatta o resiste.

E’ molto probabile che, domani, le libertà fondamentali come la libertà d’espressione, la libertà di stampa, il diritto di sciopero ma anche le conquiste sociali e politiche saranno ancora più minacciate di quanto già avvenga oggi.

Le speranze di unire la sinistra anticapitalista risentiranno della debolezza degli ultimi risultati elettorali, chiunque sia il vincitore dell’elezione presidenziale.

In ogni caso, é molto probabile che avremo un governo che non terrà in alcun conto le aspirazioni ed i bisogni dei più deboli ma anzi favorirà gli interessi di quanti hanno già saldamente in mano le redini del potere economico, culturale e politico.

Le cause della miseria e dell’esclusione sociale non saranno rimosse.

Ci si adopererà, invece, per lo smantellamento delle organizzazioni sindacali ed in favore del rinonoscimento di sindacati padronali.

Ci si adopererà anche (ed in realtà ci si adopera già) a smantellare la sinistra realmente anticapitalista, in particolare mediante un « ridimensionamento » del partito che in passato é stato il primo partito della sinistra in Francia, il che dovrebbe condurci direttamente ad una situazione identica a quella del bipartitismo americano.

Taluni pensano che non ci si possa far nulla : abdicano.

Altri, i più, non accettano la situazione ma, avendo percepito, giustamente, l’ampiezza del disastro, preferiscono concentrarsi sulla preservazione dei loro interessi personali o dei loro interessi di classe (spesso classe politica) e cercano di confonderci con dubbie teorie che giustificherebbero, legittimerebbero, una sorta di « necessità storica » di arrivare ad unire la sinistra ed il centro.

Avranno in questo il ruolo di un’infermiera che vi ha appena addormentato con un sorriso rassicurante prima che vi venga amputata la gamba.

Si vedono già i primi elementi di questo ragionamento in José Bové ad esempio, ma anche presso altri « antiliberali ».

Ve ne sono infine che scelgono di resistere, perché considerano che la democrazia non é in vendita, gli ideali e le utopie devono e possono avere ancora lunga vita, partecipare attivamente alla ricostituzione di una forza anticapitalista possibile é un imperativo categorico e l’amore della libertà sono tutti valori primari che é opportuno proteggere con tutte le forze.

Senza fare di questa dichiarazione di principio un motivo di autosoddisfazione patologica, non posso nascondere che vi é in me una forte tendenza a sentirmi parte di quest’ultimo gruppo di persone.

Mercoledi’ 2 maggio 2007